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Rai Educational
10/06/99

La comunicazione nella religione cristiana

 

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Una delle caratteristiche più evidenti del pontificato di Giovanni Paolo II è stata la sua attenzione ai mezzi di comunicazione. Un'attenzione testimoniata sia dai frequenti interventi teorici che - nella pratica - dalle tante "uscite pubbliche" dell'attuale Papa: Giovanni Paolo II infatti è sicuramente il Papa che ha viaggiato in tutto il mondo più di qualsiasi altro pontefice nella storia. E non è solo questo. La Chiesa italiana ha da tempo un suo canale satellitare (Sat 2000) e da alcuni anni il vaticano ha aperto un sito Internet. Tutta questa attenzione ai mezzi di comunicazione non è nuova da parte del cristianesimo. Per secoli la Chiesa è stata soprattutto un grande apparato di comunicazione. E questo a partire dal primo dei suoi comunicatori: Gesù.

Ugo Moretto"Gesù è stato un grande comunicatore ed è stato anche un grande teorico della comunicazione" - afferma don Ugo Moretto, Direttore Generale del Centro Televisivo Vaticano-. In genere noi incontriamo o dei teorici che spiegano in astratto come si fa a comunicare o dei pratici che sanno comunicare, senza saper dare delle regole. Gesù nel Vangelo fa l'una e l'altra cosa: dice come si fa e mostra come si fa, credo che quasi nessuno, nella storia, abbia saputo teorizzare e mostrare. Se si parla della comunicazione di massa Gesù dice che la comunicazione di massa si fa attraverso le parabole. Gesù sa che ci sono altri tipi di comunicazione: la comunicazione interpersonale, la comunicazione di gruppo. Se si parla della comunicazione di massa Gesù dice: "la comunicazione di massa si fa solo attraverso le parabole", e i discepoli gli chiedono: "ma come mai, le parabole sono aperte e dicono tante cose, vanno interpretate, non si può fare un discorso più preciso, più dottrinale, più logico?" E Gesù risponde: "no, non si può fare, le parabole sono offerte a tutti, sono offerte a chi sa vedere e a chi sa udire, e se uno non ha orecchie per intendere è inutile, sta fuori". Allora noi dobbiamo creare parabole. La Chiesa attraverso tutti i secoli, nei suoi momenti migliori, si è impegnata a far parabole inventando storie o ingaggiando i migliori artisti per fare gli affreschi. In ogni epoca della storia della Chiesa abbiamo un tentativo di esprimersi delle folle soprattutto attraverso dei gesti, dei disegni, dei dipinti, delle storie, delle parabole che vengono offerte alla comunicazione di massa. Nei momenti migliori della storia della Chiesa, vediamo che la Chiesa riesce ad entrare in dialogo con i maggiori artisti, e qui in Vaticano ne abbiamo, evidentemente, degli esempi straordinari. Questi maggiori artisti, i Michelangelo, i Raffaello, i Donatello, vengono ingaggiati e riescono a fare la stessa cosa che fa Gesù. Gesù racconta parabole e attraversa duemila anni, questi artisti raccontano parabole attraversano i secoli. Non sempre nella storia della Chiesa si è attuato questo, non sempre, specialmente negli ultimi secoli la Chiesa è riuscita ad entrare in dialogo con i maggiori artisti del tempo, e con i maggiori mass media del tempo, con i maggiori strumenti di comunicazione del tempo".

In effetti, la Chiesa contemporanea ha da poco conquistato un'attenzione consapevole verso i mezzi di comunicazione del proprio tempo. Il discorso non si limita ai mezzi. Da sempre fuori e dentro la Chiesa esiste una messa in discussione non solo del contenuto del messaggio ma anche delle forme con le quali il messaggio viene in qualche modo "contaminato". Basti pensare alle discussioni che ci sono state quando uscirono i primi spot per la richiesta dell'attribuzione della firma dell'8 per mille della dichiarazione dei redditi. Il problema ovviamente vale ancora di più a proposito di un evento di comunicazione forte come il prossimo Giubileo. Ecco, ancora, in proposito una riflessione di Don Ugo Moretto. "A livello di comunicazione la Chiesa vuole comunicare l'invito alla conversione, un invito antico. Come si fa a comunicarlo a livello mediatico? Evidentemente, quando noi parliamo di mezzi di comunicazione pensiamo subito ad una strumentalizzazione, pensiamo subito a una vendita di prodotti che possono essere messi sul mercato. Questo evidentemente è un pericolo, è un dramma a cui il Giubileo potrebbe andare incontro se tutto quanto venisse ridotto a video, cd-rom, programmi televisivi immessi sul mercato. La sfida si vince se questi strumenti invitano alla conversione, di nuovo, non tanto con delle prediche televisive. La sfida si vincerà se noi riusciamo ad usare gli strumenti secondo natura, cioè secondo la loro natura di parabole da proporre agli uomini del nostro tempo, parabole capaci di incidere nell'immaginario collettivo del nostro tempo e portarlo a conversione".




 

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