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Rai Educational
26/05/99 

Tecnica come protesi

 

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"Corpi Xerox " è il titolo di un paragrafo di Data Tresh, un testo del 1996 di Arthur Kroker e Michael Weinstein in cui si analizzano alcune conseguenze della 'virtualità digitale'. I corpi Xerox sono quelli che escono dai laboratori di ricerca avanzata di grandi società del mondo dell'informatica come, appunto, la Xerox. Corpi ai quali, grazie ai risultati di questa ricerca avanzata, diventa possibile applicare dispositivi e sensori miniaturizzati di ogni tipo, capaci di potenziare il corpo e la sua sensibilità fino all'inverosimile.

Nel corpo Xerox la tecnologia diventa parte stessa del corpo, un suo prolungamento e un'estensione delle sue capacità d'azione. Una sorta di protesi. Una protesi è quella che l'artista di origini greche Stelarc decide di applicare al suo corpo. Il terzo braccio tecnologico amplifica la sua dimensione corporea e ne estende i limiti di 'movimento'. La tecnologia diventa, così, il mezzo di 'espansione' dei limiti del corpo organico. Mario Costa, professore di Estetica all'università di Salerno, spiega come si arriva a questa interpretazione della tecnica come protesi.

Mario Costa"La nozione di protesi va ovviamente al di là della nozione di mezzo. Possiamo distinguere tre momenti nell'ambito della tecnica: un momento nel quale la tecnica è mezzo, è strumento, cioè è effettivamente una specie di prolungamento, che incide sì, ma che non trasforma radicalmente l'essere umano, lasciandolo relativamente immutato: solo relativamente, perché tutte le tecniche agiscono e ricadono su un livello antropologico. Però bisogna distinguere tra tecnica, tecnologia e neotecnologie. La tecnica lascia ancora relativamente inalterata una nozione dell'uomo, così, di tipo umanistico. E non era questa la nozione di tecnica di McLuhan. McLuhan si rende conto che alla nozione di tecnica come mezzo bisogna sostituire la nozione di tecnica come protesi, cioè come prolungamento del corpo, quindi non come mezzo neutrale adoperato dall'uomo, ma come un prolungamento, una protesi del corpo, che dunque in qualche modo trasforma il corpo stesso".

Mcluhan, quindi, e prima di lui l'antropologo francese Teilhard de Chardin, iniziarono a riflettere proprio su questo: quanto e come la tecnologia possa modificare il corpo che con lei vive a stretto contatto. Il corpo che usa la tecnologia, in sostanza, si modifica proprio in questo utilizzo continuo della tecnologia. Se, però, questa interpretazione della protesi è stata fin qui centrale nel nostro percorso, il professor Costa apre un'altra prospettiva, quella di una tecnologia che, al contrario, si sviluppa autonomamente al di fuori del corpo e dice:

"credo che questa nozione di tecnica come protesi - la nozione di McLuhan, appunto - sia già notevolmente oltrepassata. La tecnologia attualmente non si atteggia più come una protesi dell'uomo ma si atteggia molto di più e molto meglio come qualche cosa che sta assolutamente al di fuori, al di là dell'uomo e che agisce indipendentemente dall'uomo e da cui l'uomo molto probabilmente sarà risucchiato e riplasmato, per usare il linguaggio mcluhaniano. Cioè esiste oggi che le tecnologie sempre di più si vanno richiudendo in sé e si vanno autosviluppando. Questo significa che sono sempre di meno protesi e sono sempre di più degli in sé, delle asseità, diremmo con linguaggio metafisico greco: sono delle asseità tecnologiche, che si autosviluppano e che, in qualche modo, sicuramente non agiranno né più solamente sulla dinamica e sulla meccanica del corpo, né più solamente sulla sensorialità nervosa, ma agiranno in una maniera molto più radicale, molto probabilmente anche in tempi non lunghissimi: che porranno in essere una specie di uomo del tutto diversa da quella con la quale abbiamo a che fare oggi.




 

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