25/05/99
Producibilità tecnologica
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E' il 1936 quando esce per la prima volta un breve saggio di Walter Benjamin dal titolo
'L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica'. Un saggio che da allora ha
continuato ad alimentare la riflessione sul rapporto tra arte e tecnica, intesa sia come
tecnica di produzione che di riproduzione dell'opera d'arte. Nelle prime pagine del saggio
leggiamo: "In linea di principio, l'opera d'arte è sempre stata riproducibile. Una
cosa fatta dagli uomini ha sempre potuto essere rifatta da uomini.[...]La riproduzione
tecnica dell'opera d'arte è invece qualcosa di nuovo, che si afferma nella storia a
intermittenza, a ondate spesso lontane l'una dall'altra, e tuttavia con una crescente
intensità".
Il passaggio, che poi
Benjamin descrive, dalle tecniche di fusione e conio dei greci, alla silografia, dalla
stampa alla fotografia presenta una caratteristica costante. Ogni nuova tecnica velocizza
ulteriormente il processo di riproduzione dell'opera d'arte, che si tratti di un'immagine
o di un testo scritto. Tutto questo, aggiunge ancora Benjamin, implica una progressiva
perdita dell'aura dell'opera d'arte, cioè di quella sua autenticità interamente
riconoscibile proprio nella sua unicità. Mario
Costa docente di Estetica, ideatore e direttore di "Artmedia",
seminario/laboratorio permanente di estetica, di media e di comunicazioni, sostiene che
ormai bisogna andare oltre il concetto di riproducibilità introdotto da Benjamin per
riflettere su quello di riproducibilità:
"Sono assolutamente d'accordo con Benjamin sul fatto che parlare di un'aura
dell'opera d'arte non ha più assolutamente senso. Non sono invece d'accordo quando
crediamo di poterci, oggi, muovere ancora nell'ambito della nozione di riproducibilità
tecnica, così come Benjamin la tratta e la esperisce. Questo saggio di Benjamin è
servito da matrice ad una infinità di libri e di ricerche e viene citato in molte sedi di
studio, ma oggi, a mio avviso, siamo molto più in là. Oggi la questione non è più
quella della riproducibilità, ma quella della producibilità; è quella della
producibilità elettronica in tempo reale, è quella del tempo che annulla se stesso.
Invece che riprodursi, il tempo si annulla, si autoannulla, si reitera, vive in atto come
tempo reale e come tempo tecnologico".
La tecnica, quindi, oggi opera la sua più significativa influenza non sul processo di
riproduzione ma su quello di produzione stessa. Il professor Costa parlava di
'producibilità elettronica in tempo reale' ovvero di una possibilità di realizzazione
dell'opera in tempo immediato. Tutto questo pone l'artista che di questa 'possibilità
digitale' fa ampio uso, in una posizione nuova nei confronti della sua arte. Il concetto
stesso di 'proprietà culturale' di fronte ad opere immateriali che si producono e
riproducono con estrema rapidità e facilità sembra venir meno. Si tratta di nuovi
scenari nei quali, come torna a spiegarci il professor Costa, l'artista ridefinisce
completamente il suo ruolo.
"Il ruolo dell'artista è profondamente mutato. Gli artisti tecnologici o i
ricercatori estetici devono oggi rinunciare - e lo fanno già - ad alcune componenti
fondamentali di quello che era l'artista della tradizione. Loro lavorano prevalentemente
sul piano del concetto, i progetti su cui lavorano erano concettuali. Il concetto è
condivisibile. Questo significa che la produzione può essere, deve essere, e in molti
casi lo è già, una produzione concertata, collettiva. Significa che la proprietà
esclusiva dell'opera è una nozione arcaica, così come lo stile che una volta
caratterizzava l'artista". |
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