13/05/99
Velocità e inerzia assoluta
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Nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblicava sul quotidiano parigino Figarò il
"Manifesto del futurismo". Con questo testo venivano tracciate le linee di forza
del futurismo, una corrente artistica che per la prima volta nel '900 basava la propria
riflessione sugli aspetti più dirompenti della civiltà delle macchine. La quarta tesi
del manifesto futurista, riferendosi appunto all'automobile, recitava: "Noi
affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la
bellezza della velocità, un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è
più bello della Vittoria di Samotracia" [IL MASCHILE "BELLO" E' CORRETTO].
La velocità forse per la prima volta col futurismo diventava una categoria estetica. Da
allora sicuramente il "valore" - in termini qualitativamente positivi - della
velocità si è sempre più affermato e associato all'idea di comunicazione materiale:
l'aereo infatti è "supersonico", il treno è, appunto, "ad alta
velocità". Ma non solo le comunicazioni materiali hanno fatto della velocità un
mito, anche la comunicazione immateriale, lo scambio di informazioni. La comunicazione fra
persone distanti infatti - si dice - è "in tempo reale", e si considera
chiaramente questo un valore, un valore ovviamente raggiunto grazie alla velocità delle
comunicazioni. Ma è proprio così? La velocità è così bella? Ci farà tutti più
felici? C'è chi pare dubitarne. Il primo a farlo è un filosofo francese, un urbanista:
si chiama Paul Virilio. Virilio ha parlato addirittura di "velocità assoluta".
Una velocità tale da associarsi all'esatto contrario: l' "inerzia assoluta".
"E' evidente che la realizzazione della velocità assoluta significhi l'inerzia
assoluta, perché non abbiamo più bisogno di andare incontro alle cose. Tutto arriva fino
a noi. E' ciò che ho chiamato l'arrivo "generalizzato". In passato l'arrivo era
"relativizzato" - dalla durata dello spostamento o dai mezzi di trasporto. Da
una parte c'era Marco Polo e dall'altra le due ore di volo del Concorde per raggiungere
New York. Oggi, invece, noi mettiamo in opera la velocità assoluta, la velocità limite,
e così non abbiamo più bisogno di spostarci. Tutto ci arriva. L'arrivo è generalizzato,
non è più circoscritto dalla durata di un trasporto. E' generalizzato dal
"live", dalla cosiddetta "diretta"".
Come dice Virilio quindi è la
"diretta", il "tempo reale" che nel mondo della comunicazione si lega
al mito della velocità assoluta. Con la diretta televisiva viene annullata la distanza.
Tutti siamo egualmente vicini al luogo in cui si svolgono gli avvenimenti anche stando in
posti diversi. Ci torniamo allora a chiedere: tutto questo ci arricchisce? Sentiamo ancora
la paradossale tesi di Virilio, che addirittura associa la velocità assoluta ad una sorta
di minaccia di tipo "ecologico". "Com'è noto, ci sono due tipi di
ecologie: l'una si occupa delle sostanze, e l'altra delle distanze. L'ecologia delle
sostanze tratta l'inquinamento della fauna, della flora, eccetera; l'ecologia delle
distanze affronta il problema dell'inquinamento delle distanze ad opera di questa
velocità assoluta che ci risparmia lo spostamento, ma che ci paralizza e ci mette in una
situazione di inerzia, un'inerzia definitiva. Temo per l'avvenire il diffondersi di un
sentimento di reclusione nel mondo. Non più in una prigione, come intendeva Michel
Foucault quando parlava di campi di reclusione, ma nel mondo stesso, ossia di un mondo
talmente accessibile, talmente déjà-vu, talmente già alla portata di tutti che i viaggi
non formeranno più la gioventù, e si avvertirà una sorta di claustrofobia dentro a
questo mondo. A cominciare da un'accelerazione, che potrebbe essere quella degli aerei
supersonici o quella delle telecomunicazioni interconnesse "in diretta", temo
l'avvento di un senso di claustrofobia globale, e come ho detto questa è una delle grandi
questioni ecologiche che riguardano le future generazioni. La terra è troppo piccola per
la velocità assoluta". |
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