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Rai Educational
12/05/99 

La nuova prospettiva

 

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Se sfogliamo un vocabolario alla voce “prospettiva” notiamo che la parola ha almeno un paio di definizioni di uso comune. La prima si riferisce alle arti figurative. Un classico esempio di rappresentazione artistica nella quale è evidenziato l’elemento della prospettiva è la città ideale di Piero della Francesca. Ma il termine prospettiva ha anche un altro significato, più astratto. Si è soliti dire “ci sono buone - o cattive - prospettive” a seconda di cosa ci si aspetta dal futuro. Nel primo caso, quello delle arti figurative o dell’architettura, la prospettiva è una caratteristica della disposizione delle cose nello spazio. In quest’ultimo ci si riferisce al tempo e si mette in gioco - in senso lato - una sorta di “visione del mondo”.
Ad ogni esaltante novità tecnologica, e soprattutto nel caso di quelle legate alla comunicazione, ne è seguita un’altra ancora più sorprendente.
E questo ha convinto molti del fatto che è la tecnologia stessa a spingere in avanti il progresso umano; così come sempre la tecnologia, o meglio il suo continuo sviluppo, costituisce l’obiettivo principale di questo progresso.

Paul VirlioQuindi la prospettiva non è solo un elemento esteriore di disposizione architettonica. Per capire come questo termine indichi due concetti e situazioni differenti sentiamo una storia che ci ha raccontato il filosofo e urbanista francese Paul Virilio.

"C’è a Parigi una grande libreria che venne aperta negli anni Cinquanta o Sessanta da un uomo che di professione faceva l’etnologo. Ora, per inaugurare la sua libreria, accanto alla chiesa di Saint-Germain des Pres, - era il periodo degli esistenzialisti - questo signore portò dall’Amazzonia due Indios appena usciti dalla foresta profonda, cioè dallo stadio neolitico della civiltà. Così, per celebrare l’inaugurazione e la pubblicazione dei suoi libri di etnologia, fece venire questi capi-tribù, due ragazzotti muscolosi. Quando li mise dinanzi alla prospettiva del boulevard Saint-Germain, con i suoi palazzi verticali, quelli vomitarono, proprio in senso fisico, e quando li fece salire su per quegli alti edifici i due furono presi da una vertigine spaventosa. Ciò accadde perché si trattava di un reale che non conoscevano: per loro la realtà era il sottobosco, l’ombra attraversata dai raggi di luce, i rumori, gli odori. Con il reale essi avevano un rapporto che non aveva niente a che vedere con quello costruito dal Rinascimento e dai "prospettivisti". A Parigi i due Indios ebbero reazioni fisiche di vomito, apertamente, e fu necessario bendare loro gli occhi. Il senso della realtà è dunque qualcosa che si apprende, che si eredita, e che poi si modifica, e così via. Oggi siamo in una fase di modificazione della realtà, che viene accelerata per mezzo delle tecnologie e al contempo incrementata".

L’esempio dei due Indios è molto forte e per certi versi paradossale. Messi di fronte ad una costruzione fortemente prospettica, quella di un viale, i due collassano.

La prospettiva - come dicevamo - quindi non è solo una semplice questione dello spazio. E’ una visione del mondo nel suo insieme e soprattutto è una maniera complessiva di intendere la nostra collocazione sia corporea che mentale nel mondo.

Virilio concludeva parlando di una modificazione della realtà che attualmente è accelerata e incrementata dalle nuove tecnologie. Una modificazione che oggi ci mette in una situazione in parte simile proprio all’introduzione della prospettiva nel Rinascimento.

"I pittori e gli architetti del Rinascimento non hanno creato opere, bensì un rapporto con la nuova realtà. La prospettiva è una nuova relazione con il reale: in altri termini, personaggi come Alberti, e altri artisti italiani a Roma, prima di costruire edifici e prima che Brunelleschi realizzasse i suoi capolavori, hanno tentato con la prospettiva di ricostruire la realtà matematicamente, attraverso la geometria. Oggi occorre accingersi alla medesima impresa, ma al livello di prospettiva stereoscopica, vale a dire di una prospettiva che sia al contempo quella dello spazio reale, come nel Quattrocento, e d’altro canto quella del tempo reale, del "live". Bisogna fare in modo che le due cose convergano per dar vita a una prospettiva stereoscopica, e in quel momento potremo ritrovarci nella mondializzazione, così come nella realtà.

Le società antiche vivevano in un tempo locale, il tempo passato, presente e futuro, il futuro della cronologia. Era il tempo locale della geografia, delle città, e così via. Oggi cominciamo a vivere nel tempo mondiale, nel tempo globale, e questo non è altro che il tempo "live", è l’istantaneità del feedback fra la trasmissione e la ricezione che favorisce l’interattività e l’interazione. In questo ambito resta da compiere un’opera che può essere paragonata a quella del Brunelleschi, dell’ Alberti, di Piero della Francesca, al fine di costruire una prospettiva stereoscopica che non è più quella del Quattrocento, in quanto si fonda sul tempo reale, sullo spazio-tempo reale nel quale l’azione comincia ad avere luogo".




 

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