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Rai Educational
11/05/99 

Determinismo tecnologico

 

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Negli ultimi trent’anni la specie umana è stata protagonista di uno sviluppo tecnologico rapidissimo e sempre più diffuso.
Ad ogni esaltante novità tecnologica, e soprattutto nel caso di quelle legate alla comunicazione, ne è seguita un’altra ancora più sorprendente.
E questo ha convinto molti del fatto che è la tecnologia stessa a spingere in avanti il progresso umano; così come sempre la tecnologia, o meglio il suo continuo sviluppo, costituisce l’obiettivo principale di questo progresso.

Questo è quello che si chiama ‘determinismo tecnologico’. E cioè asserire che la diffusione della tecnologia è arrivata a tal punto da essere la causa delle trasformazioni più evidenti ma anche più profonde della nostra società.
E se questa interpretazione della realtà contemporanea è esatta allora non è più l’uomo a scegliere la direzione del suo progresso, bensì è la tecnologia stessa a scegliere per lui.
Sembreremmo quasi ‘destinati’ – "determinati" appunto - a vivere in una società sempre più tecnologica.
Quello che ci chiediamo oggi è proprio se questa chiave di lettura del progresso umano nel XX secolo possa considerarsi valida o meno.
Vediamo il parere di Tomàs Maldonado.Tomàs Maldonado

"Personalmente io sono molto contrario a una visione orientata al determinismo tecnologico cioè nel senso di credere che è la tecnologia che cambia la società. Io credo che la tecnologia abbia un impatto sul mondo sociale, questo è evidente, viene riconosciuto da tutti, sarebbe assurdo negarlo ma, nel fondo, è la società che attraverso la tecnologia si cambia. L’innovazione sociale non viene semplicemente attraverso l’innovazione tecnologica; quest’ultima contribuisce, diciamo, all’innovazione sociale, e culturale. Non è vero che ogni innovazione tecnologica porta necessariamente a un cambiamento: la storia è piena di innovazioni tecnologiche che non hanno portato a conseguenze. Pertanto il fatto che oggi le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno un impatto forte sulla nostra società e sulla nostra cultura, almeno nei paesi altamente industrializzati, sta a significare che, effettivamente, le nuove tecnologie si presentano come interpreti operativi di fenomeni molto più profondi, di esigenze della vita sociale, culturale, economica.
Insomma, è la società che cambia la società, non la tecnologia".

William HalalWilliam Halal, invece, propone un parere diverso.

"Si tratta in effetti di una questione molto complessa, di portata filosofica. Per qualche verso ritengo che ci sia un margine di determinazione, nel senso che l'umanità a mio avviso non ha altra scelta che il lavorare al potenziale della Information Revolution e alla ricerca di tecnologie dell'informazione più sofisticate.
Alcuni paesi potranno non partecipare a questo genere di sviluppo, come i paesi del mondo islamico, ad esempio, che al momento danno segnali in tal senso. Pertanto, penso che la questione sia da impostare su due piani, generale e specifico. Sul piano specifico, conserveremo la libertà di affrontare l'emergere delle nuove tecnologie secondo nostra scelta, o addirittura di non affrontarlo affatto. Ma su scala storica, è quasi certo che il futuro si muoverà in questa direzione".




 

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