MediaMente.agorà

 


Rai Educational
06/05/99 

Videogiochi

 

Video integrale in formato Real player Clicca qui per scaricare Real Player

Quando negli anni Settanta iniziarono a circolare i primi videogiochi molti rimasero sorpresi e incuriositi.
Si trattava di macchine giganti con schermi televivisivi accompagnati da pulsanti e manopole attraverso le quali era possibile giocare.
Quei primi rudimentali apparecchi offrivano per la prima volta la possibilità di interagire con l’immagine e il suono usciti da un monitor. Questa fu da subito la ragione del grande successo dei primi videogiochi.
E lo è tutt’ora.
La passione del pubblico, un pubblico fatto soprattutto di bambini e ragazzi, è stata, poi, progressivamente alimentata negli anni con la proposta di prodotti sempre più realistici, sempre più ricchi e sofisticati nella costruzione grafica, e sempre più diversificati nei contenuti.

Oggi si gioca in ambienti simulati che sono quelli di noti fumetti o cartoni animati, o quelli di grandi romanzi, o film o opere teatrali. Si gioca con sempre maggior realismo e interattività, alla guerra, oppure alla conquista dello spazio, o, ancora, alla formula1. Ma si ritrovano sullo schermo anche giochi tradizionali, come scacchi, poker, biliardo o il gioco delle freccette. E tanti sono pure i prodotti educativi: giochi per imparare la storia, la geografia, la matematica o l’astronomia.

 Philippe QueauInsomma oggi i videogiochi sono giochi interattivi, divertenti, spesso ricchi di notizie, ma soprattutto unici, nel catturare l’attenzione dei ragazzi e stimolarne la curiosità.
Proprio per questo, quindi, sono mezzi di comunicazione da non sottovalutare nel ruolo che hanno avuto finora e possono avere nel percorso formativo dei giovani.
Sentiamo su questo il parere di Philippe Queau.

"Penso che il fattore più importante per quanto riguarda le immagini digitali non sia nel settore dei film.
Non penso che Titanic sia un film importante, piuttosto è la fine di un modello. Mentre un settore importante è quello dei demo-party o dei giochi tipo Quake o Diablo. I giochi non sono interessanti di per sé ma è interessante vedere una generazione di giovani che ha un rapporto con dei mondi virtuali estremamente complessi, hanno una grande agilità nelle dita, volano sulla tastiera come se non ci fosse più. Il loro sguardo è capace di afferrare vari livelli di immagini contemporaneamente. Per esempio, per i piloti del MIG 32, bisogna afferrare il cockpit, il radar e il paesaggio che si attraversa; hanno una capacità mentale molto sviluppata che non ha niente a che vedere con la Tv. Infine, si divertono, ridono, hanno una rete e lavorano in una comunità virtuale come in BattleNet. Lì, i giochi collettivi possono mettersi in rete. Penso che, oggi, questo sia il punto interessante: queste situazioni non sono ancora abbastanza riconosciute dai principali media ma è lì che si crea la nuova cultura dell'immagine".

Roberto MaraglianoAnche il professor Maragliano condivide questo parere: i videogiochi possono essere strumenti utili nell’insegnamento.

"Il videogioco rappresenta una grande rivoluzione epistemologica, da molti punti di vista. Prima di tutto perché consente al soggetto di stare in un rapporto con le situazioni, di stare in un rapporto multi sensoriale. In secondo luogo perché crea rete di condivisione, di socialità, crea intelligenza collettiva. I bambini si scambiano le soluzioni dei videogiochi, leggono le riviste in cui queste soluzioni poi vengono pubblicate, fanno gruppo, fanno coscienza, fanno conoscenza. Io credo che il futuro della tele didattica sia di assumere il videogioco come matrice per l'insegnamento".

Seymour PapertSeymour Papert, invece, mettendoci in guardia dall’eccesso di violenza che spesso caratterizza molti prodotti in commercio sottolinea l’importanza per i bambini della fase precedente a quella del gioco: ovvero la fase di progettazione e costruzione in prima persona di un videogioco.

"Penso veramente che molto del contenuto dei videogiochi di successo sia molto cattivo. Non mi piace tutta questa violenza, ma quello che penso sia più grave è che il videogioco sia piuttosto simile alla scuola nel rendere il bambino passivo. Il gioco imposta l'agenda di quello che si deve fare. Penso, viceversa, che fare il proprio videogioco sia una cosa molto positiva, e capovolge la situazione, in modo che il bambino possa trarre vantaggi dal fare il gioco, in modo che il desiderio di giocare il gioco diventi una motivazione per qualcosa di realmente positivo, e un nuovo e più profondo modo di apprendere per i bambini".




 

Indice puntate

Indietro

Homepage

Torna a inizio pagina