05/04/99
Nuovi media e democrazia allargata
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Sempre più di frequente sentiamo persone chiamate ad esprimere pareri sugli argomenti
più disparati mediante una telefonata in diretta ad un programma televisivo o
radiofonico. Per accordare la preferenza ad un presentatore televisivo piuttosto che un
altro, per votare il politico più affidabile o per dichiararsi favorevoli ad un
referendum, basta una telefonata a casa. Se poi proviamo a considerare la possibilità di
esprimere le stesse opinioni, e, anzi, soprattutto le opinioni politiche, tramite un mezzo
come Internet, che permette di effettuare le consultazioni in qualunque momento e in
qualunque luogo, con estrema rapidità, possiamo renderci conto di cosa si intenda quando
diciamo che le nuove tecnologie possono portare ad una democrazia rinnovata ed
allargata. Il punto è che, se i cittadini possono essere consultati con estrema
facilità e velocità, forse il loro potere di intervento nelle scelte politiche di un
paese può crescere. Le risposte che si possono dare a questa ipotesi sono molte. Vediamo
quelle dei filosofi Paolo Flores D'Arcais e Salvatore Veca e di Stefano Rodotà. Iniziamo
proprio da Paolo Flores D'Arcais.
Io ho molti dubbi, perché questi
strumenti sono, come tutti avranno già detto mille volte, ambivalenti, nel senso che
possono essere utilizzati, per aumentare il tasso di partecipazione, e quindi di peso dei
cittadini nelle decisioni, ma possono essere anche utilizzati in senso assolutamente
opposto, e quindi di tipo plebiscitario: mettere i cittadini di fronte a scelte : sì/no,
che sono state elaborate altrove. E' il tema - credo che sarà stato qui ripetuto varie
volte - del chi decide le domande, perché dare le risposte non è tutta la democrazia,
anzi è un frammento molto piccolo.[...] Quindi da questo punto di vista, se la situazione
rimane questa, ci potrà essere Internet, ci potranno essere tutte le forme di
comunicazione a rete, di cui si parla, ma il monopolio delle questioni, delle domande e
quindi delle decisioni che contano rimarrà in gruppi ristrettissimi di dirigenti della
partitocrazia, di destra o di sinistra, ed è inevitabile che la frustrazione e la
disaffezione dei cittadini, nei confronti del sistema politico di questi partiti,
aumenterà, perché i mezzi tecnici offrirebbero nuove opportunità per dire la loro ai
cittadini, il quadro istituzionale li frustra di queste opportunità e al massimo gli dà
la possibilità di dire un "sì" o un "no" su contrapposizioni, su
formulazioni di domande, che hanno scelto altri, che possono essere diversissime da quelle
che un cittadino vorrebbe formulare ai suoi concittadini".
E sull'importanza che rappresenta per i cittadini la possibilità di avere voce in
capitolo nella formulazione delle questioni politiche concorda anche Stefano Rodotà.
"I cittadini devono poter usare
queste tecnologie su tutto il processo democratico. L'informazione, la valutazione
critica, le loro proposte, l'invio delle loro proposte a chi deve decidere, e solo alle
fine, eventualmente, essere poi chiamati anche a dire sì o no su tutte le questioni o su
alcune questioni, e soprattutto devono essere anche loro a contribuire a formare, da una
parte quella che si chiama l'agenda politica e quali sono le questioni prioritarie. Può
darsi poi che sia giusto, e io ritengo che lo sia, riservare tutta una serie di decisioni
ancora alla decisione parlamentare, al voto dei rappresentanti eletti su scala nazionale,
sovranazionale o locale. Però, quando ci si arriva, dopo aver fatto partecipare il più
largamente possibile i cittadini alla discussione, allora la stessa decisione degli organi
rappresentativi diventa più ricca. La democrazia si distende su tutto il processo di
decisione e non è soltanto democrazia diretta, ma democrazia continua, nel senso che i
cittadini non sono tagliati mai dai momenti della conoscenza, del controllo, della
valutazione e della decisione. In questo senso, la democrazia dei pochi, la democrazia dei
rappresentanti può essere rinvigorita dalla presenza corale dei cittadini".
Una democrazia continua, auspica Rodotà, cioè una democrazia che, anche tramite il
computer e le reti, sappia soprattutto amplificare la possibilità di partecipazione
politica dei cittadini. A patto che oltre a poter formulare risposte, ci sia anche la
possibilità di proporre domande e questioni sulle quali confrontarsi. Altrimenti si
rischia addirittura di ingenerare, come osservava Flores D'Arcais, un sentimento di
frustrazione e di conseguente disaffezione dalla politica nei cittadini. Ma, oltre a
questo, il filosofo Salvatore Veca, ci
illustra un ulteriore elemento da non sottovalutare per poter davvero parlare di
democrazia "allargata".
"Se andiamo verso una democrazia di
questo tipo non dipende dalle tecnologie, ma dipende, diciamo, dai comportamenti e dalle
scelte delle persone, dalle scelte politiche. Quello che comunque si pone come problema
nuovo, se si estendono casi o esperimenti o prove di democrazia, come si usa dire,
digitale o elettronica, è il problema, come al solito, dell'informazione o dell'accesso
all'informazione, cioè, diciamo, messo di fronte alle scelte il problema è che l'accesso
può essere più largo o più stretto, e devono disporre dell'informazione per poter
valutare. Quindi questo tipo di sviluppi porrà dei nuovi problemi, io credo, come sempre
accade, a una delle condizioni base di regimi democratici rappresentativi, e cioè quello
della possibilità di accesso all'informazione sulle questioni collettive". |
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