25/03/99
Nuovi linguaggi
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Molti di quelli che usano il computer per spedire messaggi con la posta elettronica
conoscono questo simboletto: :-)
Vedendolo in orizzontale, da destra verso sinistra, sono tre segni di interpunzione:
due punti, lineetta, parentesi. Ma se la capovolgiamo di 90° diventa una faccina che
sorride. In gergo questo simbolo si chiama emoticon. In italiano li chiamiamo
"faccine". Gli (o le) emoticon fanno parte della conversazione quotidiana in
posta elettronica. Esprimono diversi sentimenti. Invertendo la parentesi abbiamo
"delusione" :-( ,mettendo il punto e virgola abbiamo
un occhio strizzato ;-) e cambiando i due punti abbiamo gli
occhi "cattivi" >-).
Nella posta elettronica quindi si tende
a esprimere sentimenti, emozioni che normalmente vengono espressi in una comunicazione
viso a viso. Ma non solo: si scrive anche in una maniera più simile al parlato che alla
scrittura tradizionale. Molti ritengono che questo sia un'enorme novità. Ritengono che si
possa parlare addirittura della nascita di nuovi linguaggi legata alle tecnologie
informatiche. E' proprio così? Oggi sentiremo il parere di due "esperti" uno
scrittore e un filosofo del linguaggio. Cominciamo con quest'ultimo. E' Tullio De Mauro. Gli abbiamo chiesto
se questa inedita commistione tra parlato e scrittura ci possa far parlare, a proposito
delle nuove tecnologie, di un nuovo linguaggio.
"Le nuove tecnologie aiutano a manipolare, a fissare, a trasmettere, a manipolare
messaggi, affidati al parlato, per larga parte oramai, e anche alla scrittura, cioè ai
due modi più tradizionali, alle due tecniche elementari, quasi naturali - la prima
assolutamente naturale - di fissazione del nostro linguaggio verbale. Le nuove tecnologie
lavorano all'interno di questa realtà, che alla nostra specie è stata consegnata circa
150.000-200.000 anni fa. Da allora, oltre che comunicare in altro modo, sappiamo
comunicare con le parole. Non mi sembra di vedere nessuna novità di base, biologica per
dir così, nelle nuove tecnologie di raccolta e fissazione e trasmissione della
informazione, affidata al nostro linguaggio".
Insomma. Per De Mauro non ci sono novità. Sentiamo adesso cosa ne pensa uno scrittore.
Alessandro Baricco. Che variazione
c'è tra il testo scritto a macchina o a mano e il libro scritto al computer?
"C'è un primo aspetto che è
elementare: lo stesso tipo di testo, la stessa idea di testo che una volta si scriveva a
mano, viene scritta con il computer. Ma l'idea rimane la stessa. Il computer modifica la
per cezione ed effettivamente altera un poco i ritmi e le modalità della creazione, non
so se in meglio o in peggio; certamente, la generazione che è nata scrivendo già con il
computer è abituata a vivere il testo in maniera differente. Se vogliamo fare
l'osservazione più banale, correggere in un computer è più veloce che non correggere
quando si scrive a penna. In questo aspetto la tecnologia ha portato qualche cosa di
nuovo, di diverso, non penso che abbia spostato il cuore, l'asse portante di quello che è
la scrittura, ma ha reso un poco differente le modalità attraverso cui noi scriviamo. Non
credo di poter dire che ci sia un'era del computer nella rosa letteraria".
Se anche il computer non modifica il vecchio modo di scrivere, certamente offre una
novità con gli ipertesti, o meglio gli "ipermedia", (come i cd-rom o la rete
Internet). Sono quei testi nei quali il lettore può "saltare" da una parte
all'altra, e magari queste parti non sono solo un testo scritto, ma anche un brano video o
audio o un'immagine. Sentiamo cosa pensa Baricco degli ipertesti. "A me non affascina
particolarmente l'ipertesto. Mi affascina la logica interna dei testi, ad esempio la
logica del gioco che trovi nel computer, o di certi cd-Rom musicali. Perché è una logica
che effettivamente mescola nessi che appartengono a aree diverse e quindi è un'esperienza
che è nuova, e come tale è affascinante. Adesso, collegare queste due cose, cioè il
vecchio e sempre attuale universo letterario, le logiche dell'universo letterario, e
queste altre logiche, può divertire, può anche produrre qualcosa di veramente
interessante. Però bisogna avere una fascinazione istintiva rispetto a tale mescolamento.
La filosofia del link mi affascina, lo amo di per sé, come la filosofia del viaggio e
dello scarto. Lo scrittore, però, viaggia fra i limiti della sua testa, e per la lettura
la cosa affascinante è ancora sempre seguire il viaggio di uno. Credo che, di fatto, poi
Conrad facesse questo: apriva delle finestre, entrava, si spostava. Flaubert faceva
questo. Ma è egli stesso che ti detta il viaggio e tu segui. Quella libertà di vedere un
testo e viaggiarci come tu vuoi mi sembra una libertà che non trovo così affascinante.
Trovo più affascinante seguire un uomo che non ho mai conosciuto nel viaggio che ha
intrapreso notando aspetti che lui stesso avrà notato o meno. Ripercorrere le sue orme,
questa credo che sia la cosa affascinante della lettura". |
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