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Rai Educational
16/03/99 

Interfaccia

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Pensiamo ad alcuni oggetti che utilizziamo quotidianamente, come una maniglia, un telecomando, il manico di una caffettiera, il volante di un'automobile o il mouse di un computer. Tutti questi oggetti sono accomunati da una cosa: il tipo di utilizzo. Sono cioè tutti quanti strumenti che stanno fra noi e un altro oggetto e ci permettono di servircene. E così la maniglia ci fa aprire la porta. Col telecomando usiamo il televisore. Il manico della caffettiera ci permette di versare il caffè e grazie al volante guidiamo un automobile. Col mouse infine lavoriamo al computer. Tecnicamente questi oggetti si chiamano interfacce.

Uno dei principali teorici delle interfacce è lo studioso statunitenseDonald Norman Donald Norman, capo del dipartimento di psicologia alla università di California, San Diego. Secondo Norman gli oggetti della tecnologia che quotidianamente utilizziamo sono molto difficili da utilizzare, sono complicati. E questo soprattutto perché chi li ha progettati non ha pensato a realizzare interfacce facili per gli utenti:

"Il problema principale della tecnologia odierna è rappresentato dal fatto che è complicata. E' complicata per tanti motivi, uno dei principali è che viene realizzata da tecnici e programmatori che non capiscono la gente, quindi fanno le cose che piacciono a loro e inseriscono comandi misteriosi. Bisogna premere dei tasti sulla tastiera, due, tre, quattro tasti insieme, combinazioni impossibili da ricordare. Ci troviamo in un nuovo mondo: il mondo dell'informazione, e l'informazione è invisibile. Un tempo, bastava guardare un dispositivo meccanico per capire come funzionava: se nell'automobile giravi lo sterzo, vedevi girare le ruote. Con i dispositivi informatici, elettronici, non è così: non si vede nulla, quindi il modo in cui si utilizzano è completamente arbitrario: viene stabilito dalla persona che li ha inventati. Nessuno pensa a renderli semplici da usare e nessuno pensa alle persone normali, per le quali è impossibile utilizzarli. Per questo ho dedicato la mia vita al senso comune, al tentativo di progettare cose che tutti possano usare. Per farlo bisogna insegnare ai tecnici e ai programmatori che loro non sono adatti a progettare cose destinate alle persone, ma che devono occuparsene persone che capiscono le persone".

Norman parlava di "persone normali". Ma in realtà anche chi utilizza il computer professionalmente ne lamenta quotidianamente i limiti, la pesantezza di utilizzo.
Alessandro Polistina insegna al Politecnico di Milano. Vediamo come utilizza il computer nel suo lavoro di progettazione.

Alessandro Polistina"Il rapporto tra computer e progettazione è complesso. Noi non possiamo dire che l'architettura moderna deriva dal fatto che gli architetti moderni usavano il tecnigrafo e avevano perso l'idea di saper usare bene il compasso, come facevano gli architetti barocchi. Sarebbe troppo semplice, significherebbe ridurre le persone a delle piccole forme, a dei piccoli robot. Certo, io, in passato, con quattro strumenti - tecnigrafo, compasso, curvilinea, gomma, matita - facevo tutto. Adesso mi arriva il programma nuovo con milleduecento modi di fare il cerchio; poi c'è anche questa obesità dell'interfaccia. Infatti, molti di questi programmi, a cominciare da "Word", erano semplici programmi per scrivere. Adesso è necessario essere un impaginatore, un redattore, un grafico, per scrivere la notizia ed inserirla in Rete. E si ha a disposizione un programma che compie tutte queste operazioni insieme. D'altra parte, però, si deve usare il programma, e si avrà a disposizione almeno duecentocinquanta pulsanti che bisogna imparare ad utilizzare per compiere, in fondo, un'operazione molto semplice. Finché questo imparare non è diventato automatismo, ci si muove come uno che sta imparando ad usare l'automobile".




 

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