Jaron
Lanier, uno dei maggiori teorici della realtà virtuale, sostiene che le comunità di
scienziati che si occupano di realtà virtuale svolgono un lavoro molto simile a quello
degli ingegneri che si interessano ai problemi dei disabili. In effetti i due settori
sono, per molti versi, vicini proprio perché entrambi lavorano su situazioni nelle quali
si cerca di "andare oltre" i limiti imposti al corpo dalla fisicità, sia essa
di un handicappato o di un normodotato.
In un certo senso la realtà virtuale rappresenta rispetto alla disabilità il limite
estremo di quello che possono offrire le tecnologie informatiche. Prima ancora che con il
virtuale le tecnologie si avvicinano ai disabili anche attraverso altre strade. La prima
è quella della creazione di ausili, cioè strumenti in grado di ridurre gli handicap.
Una delle realtà nazionali più
aggiornate sugli ausili per disabili è l'Ausilioteca di Bologna, un servizio
pubblico gestito attraverso una convenzione con l'AUSL e l'AIAS del capoluogo Emilano.
Un'équipe multidisciplinare (composta da un fisiatra, uno psicopedagogista, un ingegnere
elettronico, due educatori informatici, un tecnico informatico) svolge attività
soprattutto di consulenza e informazione, anche attraverso un sito Internet in cui è
anche disponibile il catalogo di tutti gli ausili e banche dati riguardanti l'handicap.
Vengono svolte inoltre collaborazioni con altri soggetti istituzionali e attività di
formazione ed aggiornamento. Da circa due anni l'Ausilioteca sta promuovendo un progetto
(g.l.i.c), insieme ad una ventina di altri centri simili a livello nazionale, per la
realizzazione di una rete che consenta un servizio che copra tutto il territorio italiano.
Purtroppo le diverse realtà organizzative non hanno consentito finora di realizzare
questi intenti per la mancanza di strutture adeguate soprattutto nel meridione. Il compito
principale che si è prefissa l'Ausilioteca è quello di creare un collegamento fra i
reali bisogni dei disabili, le loro abilità residue e le possibili soluzioni che si
possono adottare e che sono disponibili sul mercato. Per questo si cerca di adattare
l'ausilio alla realtà sia fisica sia relazionale dello stesso handicappato.
Oltre la mostra permanente, dove è possibile
visionare sia hardware che software utilizzabili nell'ambito riabilitativo, comunicativo,
scolastico, occupazionale e relativo alla gestione della casa e del tempo libero, una
delle attività preminenti dell'Ausilioteca è la consulenza. In questa attività vengono
coinvolte tutte le persone direttamente interessate al problema da risolvere. Oltre allo
stesso portatore di handicap vengono chiamati a partecipare anche familiari, insegnanti,
operatori per poter tracciare una proposta di progetto d'uso che verrà poi sviluppato.
Parlare di progetto significa parlare di adattabilità. Uno stesso ausilio non è di per
se risolutivo ma deve essere integrato al contesto di vita del disabile In questo senso
anche le scelte del hardware e del software non vengono mai compiute separatamente, ma
sempre coordinate in vista della realizzazione di un progetto concreto. A tal fine la
persona viene seguita in fase di addestramento e, per quanto riguarda l'hardware, viene ad
esempio svolto un attento lavoro di analisi su aspetti relativi alla postura ed alla
posizione dell'ausilio nell'ambiente fisico. Tuttavia parlare di "adattabilità"
significa sia che uno stesso ausilio può assolvere funzioni differenti a secondo del tipo
di "disabilità" con cui deve interagire, sia che lo strumento può assumere
fisionomie differenti. Ad esempio una comune tastiera del computer può avere forme
diverse per rispondere meglio ai bisogni della persona. Questo processo di adattamento è
sempre finalizzato al raggiungimento di un'autonomia all'interno di un contesto fisico o
sociale in cui il portatore di handicap si trova ad operare. Sono stati creati strumenti
di comando per disabili che possono contenere le funzioni di 10 telecomandi di casa e che
possono essere azionati anche attraverso sensori, cioè ausili in grado di trasformare in
segnale digitale il più piccolo movimento al fine di sfruttare al massimo ogni capacità
residua del disabile. Questo è un valido esempio di come l'era dei bit possa favorire in
modo semplice l'autonomia di una persona con deficit all'interno di un ambiente fisico
come la propria abitazione. L'iniziativa dell'Ausilioteca di Bologna dimostra che non è
sufficiente mettere un elaboratore elettronico "nelle mani" di un disabile per
risolvere i suoi problemi. E' necessario che l'uso delle nuove tecnologie rientri
all'interno di un progetto. L'uso delle macchine deve essere guidato dall'intelligenza
umana, evitando il puro tecnicismo, cioè un uso delle tecnologie fine a se stesso.
Le nuove tecnologie possono quindi offrire molte soluzioni ai disabili. Ma questo di
per sé non può bastare. Chiunque conosca persone disabili sa benissimo come non basti
semplicemente un gesto sporadico di aiuto. E allo stesso modo un oggetto, per quanto
utilissimo di per sé, non risolve niente se resta un oggetto isolato. Ci vuole qualcosa
di più, ovvero un "progetto". Un progetto significa pensare a qualcosa che non
solo colmi il deficit di abilità di una persona ma inserisca attivamente il disabile in
un tessuto sociale vivo di azioni e di relazioni. Un progetto è quello che sta alle
spalle del corso di formazione professionale realizzato a Budrio in provincia di Bologna.
Il corso, che rientra nell'ambito, progetto comunitario Horizon è rivolto a disabili
fisici e sensoriali e mira a formare sia information broker che network engineer. Luigi
Rossi, uno dei cordinatori del progetto, denomiato TOP, ci ha spiegato il profilo delle
figure professionali che il corso vuole formare: "Il progetto prevede di fornire
delle conoscenze rispetto alla gestione delle reti. Oggi tutti parlano di Internet e lo si
usa sempre più come strumento di lavoro. L'Information Broker è quella figura
professionale che sa trovare le informazioni. Internet sovrabbonda di informazioni, ma
molto spesso non si è in grado di individuarle. L'impresa oggi di che cosa ha bisogno? Di
sapere raggiungere questa informazione.
Questo è il servizio che noi vorremmo fornire nell'ambito di questo corso che
organizziamo insieme ad altri partner come l'INAIL e
come il LAPER. A fianco a competenze di
carattere tecnologico vogliamo fornire delle competenze alle persone disabili che
frequenteranno questo corso, delle informazioni riguardo all'imprenditorialità. La
scommessa che abbiamo fatto è vedere se delle persone disabili possono intraprendere una
attività imprenditoriale in proprio. La solidità delle professionalità che saranno
formate è garantita da una struttura oraria delle giornate, che sarà divisa in lezioni
teoriche, svolte al mattino, ed in una parte più pratica a cui sono dedicate le ore
pomeridiane." Unire questi due aspetti dimostra da parte degli organizzatori la
volontà di fornire agli handicappati un'identità professionale solida, flessibile e
complessa, che non li releghi più ai tipi di lavori di livello più basso. Crediamo che
questo sia la dimostrazione che la tecnologia e le reti telematiche possano essere validi
supporti all'integrazione dei disabili nella società e nel mondo del lavoro".
Il corso vuole incentivare attitudini imprenditoriali nei dodici partecipanti e nella
fase finale del corso verrà portata avanti e
particolarmente incentivata l'idea di un corsista rivolta ad una determinata impresa.
Dall'idea si passerà poi alla fase di realizzazione del progetto. Accanto a questa
opportunità fornita a un allievo del corso, gli altri studenti potranno usufruire di un
servizio di collocamento assistito e mirato, cioè coordinato con l'azienda che sta per
accogliere una determinata persona. Se il corso è pensato per incentivare lo spirito
imprenditoriale nei disabili, allo stesso tempo apre anche altre prospettive all'interno
del mercato del lavoro come ci ha spiegato ancora Rossi: "Per quello che riguarda la
formazione alle nuove tecnologie, la proposta che noi facciamo segue in parte le
indicazioni dell'Unione Europea. La CEE insiste da
anni sul fatto che lo sviluppo dell'Europa sarà possibile attraverso quella che viene
chiamata la società delle informazioni. Direi dunque che raggiungere questo sviluppo
comporti necessariamente anche delle possibilità occupazionali, perché ci vuole qualcuno
che poi sappia gestire queste informazioni".
Questo tipo di approccio nella formazione dei disabili può costituire una possibile
soluzione ma può creare a sua volta il rischio di isolare i disabili tra i disabili,
evitando così una vera integrazione. Quali sono le modalità didattiche che fanno leva
sulle nuove tecnologie e che sono state pensate per la formazione dei disabili? Sono
destinate solo ai disabili o sono utilizzabili anche in altri contesti di apprendimento? A
queste domande risponde in parte un prodotto multimediale dal titolo "Parto per un
viaggio. Incontrare, conoscere accompagnare. Percorso tra autonomia e competenze
sociali" che è destinato ad accompagnare ragazzi con lieve deficit mentale durante
corsi di formazione. Il software è stato realizzato dall'AECA
di Bologna e dalla Regione Emilia
Romagna sempre nell'ambito del progetto Horizon. Lo scopo del prodotto è quello di
accompagnare il ragazzo durante tutto il percorso formativo al fine di fargli prendere
coscienza della sua nuova identità di lavoratore. Il software è stato pensato tenendo
conto delle recenti ricerche in materia sia di handicap sia di processi cognitivi. Il suo
obiettivo è l'orientamento professionale. Da questa premessa si è costruita la metafora
del viaggio verso il lavoro e quindi quella della stazione che costituisce la mappa
principale dell'ipertesto. Gli strumenti di navigazione sono molto semplici. L'abitudine a
muoversi con chiarezza all'interno di un mondo virtuale può aiutare i disabili a
orientarsi nella vita e nelle scelte professionali. Così si parte dalla conoscenza di
sé, della propria famiglia, della propria storia attraverso, ad esempio, una carta
d'identità, per passare alla conoscenza del centro di formazione professionale, della sua
vita e delle sue regole, per arrivare infine alla conoscenza del mondo del lavoro
attraverso strumenti mirati ad organizzare nella mente del ragazzo il periodo di stage e
secondariamente alla conoscenza di alcuni ambienti lavorativi come quelli della
cooperazione sociale. Il progetto Horizon è dunque un progetto capace di servirsi delle
tecnologie digitali con una finalità di reinserimento lavorativo. Ma è un caso isolato?
Quanta formazione si fa in Italia? Per dare una risposta a queste domande può essere
utile verificare quali risorse sono disponibili in Rete su handicap e
formazione.
Per molte persone normali il mondo dei disabili in molti casi è ben distante dalla
vita quotidiana. Mentre è importante avere la consapevolezza che per un disabile le nuove
tecnologie possono invece essere lo strumento che fa la differenza nel gestire i tanti
momenti della vita quotidiana. E' il caso di un non vedente come Francesco
Levantini, dell'Unione Italiana Ciechi:
"Oggi l'accesso ai computer, da parte di un non vedente, non è più
un vero e proprio problema. Ci si può accedere attraverso la lettura mediante il codice
Braille o attraverso l'ausilio di sintesi vocali con strumenti che vanno da lettori dello
schermo a strumenti che permettono di accompagnare il non vedente nei tipici strumenti di
lavoro su Internet, senza creare enormi difficoltà. Ma il superamento vero della barriera
architettonica è costituito dall'avvicinamento delle altre persone che si può realizzare
nel cyberspazio. Voglio raccontare un aneddoto capitato proprio l'altra sera. Ero in casa
da solo e avevo due vasetti di yogurt nel frigo. Mi sono chiesto se fossero scaduti o
meno. Ho fatto un scanner dei vasetti di yogurt li ho spediti su Internet ad un medico di
guardia che stava lavorando a Genova il quale mi ha detto: 'Mangiali tranquillo, scadono
tra due settimane. Anzi, mangia prima il primo che è agli agrumi, e poi il secondo che è
al caffè'. Questa è Internet. Questo è il superamento delle barriere
architettoniche". |
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