Approfondimento settimanale del 22 maggio 1998
Globalizzazione e media.
I marginali e gli esclusi dai sistemi di telecomunicazione e quindi dalla globalizzazione
dei media
a cura della redazione di MediaMente
Carlo Massarini
Siamo
arrivati all'ultimo appuntamento con la nostra inchiesta su globalizzazione e media.
Abbiamo parlato nei giorni scorsi degli attori della globalizzazione, dei prodotti e dei
consumatori.
Ma la globalizzazione è veramente globale? Cioè tutti partecipano nello stesso modo a
questo fenomeno o ci sono paesi che ne restano esclusi?
Oggi, per chiudere, ci interrogheremo proprio sulla portata del fenomeno
"globalizzazione" e cioè se si tratta di un processo che si realizza
effettivamente su scala mondiale.
Giuseppe Richeri
Il termine globalizzazione non rappresenta in modo preciso la situazione attuale delle
comunicazioni e dei media. In realtà, se noi osserviamo con maggiore attenzione, notiamo
che alcuni paesi, alcuni territori, alcune popolazioni e culture partecipano alla
globalizzazione delle comunicazioni. Altri popoli, altre culture, sono ai
margini della globalizzazione, e altre ancora sono per ora totalmente esclusi per ragioni
economiche, culturali ecc. Ora, questo dato è esemplificato molto bene da alcune
considerazioni: innanzitutto, basta vedere il tipo di diffusione delle reti telefoniche in
Africa, rispetto all'Europa. In Africa, mediamente, una famiglia su cento ha una linea
telefonica a casa contro circa l'80, 90 % delle famiglie in Europa. Così come soltanto il
10-15% delle famiglie hanno la televisione in Africa contro il 95% delle famiglie in
Europa. Quindi già questi dati mettono in evidenza che i prodotti globali che possono
arrivare in tutta Europa attraverso le reti, non arrivano neanche nel 20-25% delle
famiglie dell'Africa, ma questa è la situazione anche di altri continenti.
Carlo Massarini
Ma alla globalizzazione vogliono partecipare, sia come consumatori che come attori,
anche i paesi economicamente meno forti e ci sono diversi esempi di come ci si può
organizzare per non esserne esclusi.
La nostra inviata Tiziana Alterio è andata nella sede di "Misna", un'agenzia
di stampa gestita da missionari comboniani che da dicembre scorso raccoglie notizie dai
paesi del sud del mondo per poi metterle in rete.
SERVIZIO MISNA - Tiziana Alterio
Ci sono notizie che difficilmente
arrivano ai media, ci sono morti che non fanno scalpore perché come si dice in cattivo
gergo giornalistico sono poco "notiziabili" soprattutto poi quando si tratta di
informazioni che provengono dal sud del mondo. Eppure c'è chi lavora affinché queste
notizie arrivino anche a noi. Dallo scorso dicembre a Roma è operativa un'agenzia di
stampa che opera su Internet. Si chiama "Misna". Siamo andati in questa piccola
redazione e abbiamo incontrato il direttore, padre Giulio Albanese, un missionario
Comboniano che da anni svolge attività giornalistica in Africa. Le immagini che state
vedendo le ha girate lo stesso padre Giulio con una piccola telecamera video 8.
padre Giulio Albanese
"Questa è un'agenzia che è stata
fondata da varie congregazioni missionarie, i comboniani sono una parte di questa joint
venture dell'informazione. Noi siamo consapevoli di essere Pollicino perché siamo
consapevoli di essere una piccola testata nell'areopago dell'informazione. Quello che a
noi sta a cuore è di poter dare voce a chi voce non ne ha e soprattutto al sud del mondo
che spesso viene misconosciuto dalle grandi testate internazionali utilizzando il network
di missionari e missionarie volontarie sparsi nel sud del mondo. Noi raccogliamo queste
informazioni che arrivano o via Internet o via e-mail, o via telefonica, via fax e poi le
mettiamo in rete".
Tiziana Alterio
Misna si serve di
una rete di corrispondenti davvero immensa. I missionari sono centinaia e sono sparsi
ovunque. In ospedali, in conventi, nelle missioni ci sono poi computer, modem, linee
telefoniche a volte inaccessibili, a volte letteralmente rubate. Da qui i
missionari-giornalisti scrivono e la redazione di Misna pubblica in tre lingue: italiano,
francese e inglese.
Tiziana e Beatrice
Beatrice è una delle redattrici di Misna, mi spieghi come si svolge il tuo lavoro?
"Il materiale arriva in diversi modi per esempio una e-mail può
essere in italiano, in inglese, in portoghese, quindi chiaramente la prima parte è
l'esame della notizia, la traduzione e poi c'è la parte tecnica vera e propria che
consiste nel fare un lavoro giornalistico".
Tiziana e Francesca
Quante notizie arrivano mediamente a Misna?
"Dipende dai giorni..."
padre Giulio Albanese
"Non tutte le notizie che arrivano possono essere poi messe in rete perché esiste
un problema di sicurezza".
Tiziana Alterio
La possibilità di comunicare in tempo reale anche con i paesi meno sviluppati e di
conoscere in modo più diretto le diverse realtà del continente può rappresentare un
modo per entrare in quella rete globale in cui tutti riescono a scambiarsi informazioni e
notizie anche a distanza di chilometri. Ma si può parlare oggi di effettiva
globalizazione dei media anche per i paesi del sud del mondo?
Giuseppe Richeri
Credo che la globalizzazione sia una di quelle dottrine predicate dai detentori
del potere mass mediale, dai grandi editori. La verità è che la globalizzazione
soprattutto nel campo delle comunicazioni per certi versi è fiction, non è realtà
perché, sì, possiamo parlare in Italia, nel nord del mondo, negli Stati Uniti di
villaggio globale perché c'è la possibilità con una parabola di mettersi in contatto
diretto con i satelliti, con altre parti del mondo, ma non è assolutamente la stessa cosa
nel sud del mondo. Se pensiamo che in molte capitali come Nairobi o Kampala l'energia
elettrica viene razionata, molto spesso i telefoni non funzionano, capite bene che il
concetto di mondo o villaggio globale è distante anni luce. Allora direi che c'è una
globalizzazione sì del mondo dei ricchi ma non globalizzazione nel mondo dei
poveri".
Carlo Massarini
Le immagini che avete visto sono state girate dallo stesso padre Giulio Albanese
Ma come è vista la globalizzazione da chi non vive nei paesi più favoriti? Sentiamo
Jesus Martin Barbero, esperto di globalizzazione.
Jesus Martin Barbero
La globalizzazione si traduce in una competitività molto grande tra
quei paesi che stanno riuscendo ad inserirsi in gruppi molto legati, con gli Stati Uniti
o, come nel Trattato del Cono Sud, all'Europa o all'Asia. Cioè c'è un processo nel quale
prevale la competitività sulla solidarietà che si era venuta a instaurare negli anni
passati. Quindi sul piano nazionale questo ha conseguenze molto gravi: si ha uno Stato che
si ritira da molti ambiti, di tipo sociale, culturale e li lascia totalmente in balia del
mercato. E al livello macroeconomico c'è stata nella maggior parte dei nostri paesi una
apertura che non è stata corrisposta, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Gli Stati
Uniti sovvenzionano certi prodotti che non permettono vengano sovvenzionati nei paesi
dell'America Latina. Cioè c'è un doppio gioco, una doppia logica, invece di permettere
un interscambio da pari a pari. Di fatto, la globalizzazione in questo momento sta
aumentando la povertà in America Latina: si sta facendo più grande la divisione
all'interno del piccolo gruppo, diciamo, della borghesia; sta indebolendo le classi medie
e ingrandendo le masse più povere.
Carlo Massarini
Per i paesi più poveri esiste dunque il rischio di una prevaricazione delle culture
globali sulle culture locali. Ma che rapporto si instaura fra paesi di culture
diverse?
Giuseppe Richeri
Le differenze che ci sono nella globalizzazione tra paesi e culture diverse non
significa che queste differenze tendono ad eliminare alcune culture a vantaggio degli
altri. Ci sono molti esempi, e molti ce ne saranno ancora in cui nei paesi, chiamiamoli
più sfavoriti, i prodotti globali vengono mescolati, intrecciati, con i prodotti locali e
danno origine a nuove forme di comunicazione, a nuove forme di rappresentazione originale,
autonoma, con una propria identità molto diversa dalle culture d'origine di questi
prodotti.
Carlo Massarini
I prodotti culturali dei paesi marginali costituiscono certamente un fattore di
arricchimento dei prodotti globali. Ma questa commistione potrebbe essere sfruttata a
favore dell'industria dei media globali? |