Approfondimento settimanale del 21 maggio 1998
Globalizzazione e media.
Gli attori della globalizzazione
a cura della redazione di MediaMente
Carlo Massarini
Siamo arrivati al quarto appuntamento con la nostra inchiesta sulla globalizzazione.
Abbiamo iniziato lunedì col parlare della globalizzazione dei media in generale per
soffermarci poi sulle infrastrutture che permettono la globalizzazione. Ieri ci siamo
occupati dei prodotti mentre oggi parleremo degli attori, di chi cioè è parte attiva in
questo processo.
La globalizzazione delle comunicazioni e dei media è
dovuta infatti all'iniziativa di imprese (o consorzi di imprese) che col moltiplicarsi
delle reti di trasmissione intorno al mondo, allargano la loro copertura territoriale nei
singoli paesi per distribuire i prodotti sul mercato globale.
Ma accanto a loro ci sono i protagonisti della comunicazione mondiale: cantanti,
politici, uomini di cultura e di scienza, attori, artisti la cui personalità è
"spendibile" in tutto il mondo.
Iniziamo, come sempre, con il nostro autore Giuseppe Richeri, docente alla facoltà di
scienze della comunicazione di Lugano.
Giuseppe Richeri
Nel mercato globale delle comunicazioni dei media ci sono grandi
attori e sempre in numero più contenuto che hanno il potere di regolare un po' questo
mercato. Si tratta per esempio di grandi gruppi che sono nella maggior parte dei casi
negli Stati Uniti, in Europa o in Giappone e che, diciamo, controllano la produzione e la
distribuzione dei prodotti musicali registrati su disco o su cassetta, che controllano la
produzione di prodotti televisivi e che controllano anche la realizzazione e la produzione
di molti prodotti dell'editoria tecnica e scientifica e dell'editoria periodica
specializzata. Questi grandi attori della globalizzazione sono anche coloro che nei
mercati locali, nelle culture locali, sono in grado di selezionare quei creatori, quegli
artisti, esecutori che hanno caratteristiche tali da poter diventare dei produttori o
degli artisti a livello globale. Noi abbiamo molti esempi da questo punto di
vista. Abbiamo musicisti africani del Ghana, della Burkina Faso, di Dakar, di altri
luoghi, di altre città africane che attraverso le major discografiche sono
diventati dei protagonisti mondiali del mercato discografico. Abbiamo esempi di cantanti
italiani che attraverso le case discografiche sono diventati capi classifica in mercati
lontani dall'Italia, come quello per esempio sud americano. Il caso per esempio della
Pausini che grazie alla casa discografica ha cominciato a cantare in spagnolo per quei
mercati, oppure di Raffaella Carrà che ormai è una protagonista non solo della
televisione italiana ma anche di quella latino americana, spagnola e di altri paesi. E la
stessa cosa succede per altri tipi di prodotti come per esempio le riviste: noi abbiamo
casi di riviste che vengono concepite da grandi case editrici mondiali e che poi però
vengono, come si può dire, localizzate nel senso che su una matrice globale vengono
inseriti degli elementi che riescono a sintonizzare meglio il prodotto con le culture
locali.
Carlo Massarini
A
controllare il processo globale sono dunque grandi gruppi concentrati in Nord America, in
Europa e in Giappone. Pensiamo al cinema, alla televisione e alle grandi case
discografiche. E uno dei settori in cui è più evidente il peso di pochi grandi attori
globali è proprio l'industria musicale.
Ma il fatto che questi grandi gruppi operino su scala mondiale significa che c'è una
omogeneizzazione della cultura musicale, che gli artisti locali hanno sempre meno spazio
di espressione?
Lo chiediamo a Daniele Doglio, esperto del mercato internazionale di prodotti
discografici e audiovisivi.
Daniele Doglio
Un aspetto interessante del mercato
discografico, in generale dell'industria della musica registrata, è che c'è una presenza
di prodotto locale su mercati nazionali molto rilevante. Nonostante il mercato mondiale
sia un oligopolio condiviso da 6 grandi corazzate, sui mercati locali c'è un 50% del
fatturato del numero di pezzi che fa sempre riferimento al prodotto nazionale, questo vale
per l'Italia, vale per la Francia, vale per la Germania, vale per i mercati diciamo che
contano, tutto il resto naturalmente è mercato di lingua inglese e la lingua è la chiave
per capire come mai poi questo mercato ha queste caratteristiche di globalizzazione,
perché evidentemente, il valore, il peso internazionale della lingua inglese come veicolo
di trasferimento del software musicale, incide enormemente sulla costruzione, sulla
definizione dei mercati. Detto questo però non solo c'è una forte resistenza di prodotto
nazionale, ma c'è una ricerca da parte dell'industria discografica di sviluppare il
prodotto nazionale che garantisce sui mercati locali delle posizioni importanti dal punto
di vista economico.
Carlo Massarini
Il processo di globalizzazione sembra quindi accompagnato da
"spinte" verso la localizzazione che adeguano i prodotti globali alle diverse
culture. In questo modo la globalizzazione corrisponde alle differenti esigenze dei
mercati locali. |
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