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Navigazione del 24 aprile 1998

I linguaggi della visione V: Il mimo

di Tommaso Russo


Marcel MarceauTra i più antichi linguaggi legati alla visione c'è, indubbiamente, il mimo. Performance mimiche sono attestate, già, in antica grecia, ma probabilmente esistevano anche precedentemente, in oriente.

Il mimo più che come una forma di comunicazione alternativa a quella parlata è stato, in primo luogo, una forma di drammatizzazione teatrale. In questa pagina, troviamo una grande quantità di risorse sulle origini del mimo e sulle diverse scuole di mimo europee.

Tra i più celebri interpreti della tradizione del mimo c'è l'attore francese, Marcel Marceau . La sua attività, come testimonia questo sito, continua, ininterrottamente da 50 anni e Marceau riesce ancora a rinnovare le sue scene e le sue creazioni puramente visive e gestuali.

Il mimo è un'altra di quelle arti visive la cui comprensione è interessante per capire in che modo l'informazione visuale può essere comunicata in forme diverse da quella testuale.

Il celebre gruppo di ballerini e mimi americani che si chiamano Momix sfruttano, ad esempio, per le loro coreogafie e per le loro performance, tutte le possibilità offerte dal computer e dalla tecnologia. Siamo adesso, proprio in un sito dedicato a questo gruppo teatrale.

Al contrario di quello che succede nell'arte elettronica, nel caso dei Momix, il computer è uno strumento che amplifica e potenzia il messaggio visivo, legato al movimento dei corpi dei ballerini.

MomixCome si vede, anche in questi filmati, messi a disposizione a quest'indirizzo da Italia on line, l'arte dei Momix consiste soprattutto nel giocare sulla capacità del corpo di assumere aspetti diversi.

I momix partono, quindi, dal più elementare dei materiali umani, quello corporeo, per mascherarlo e smascherarlo in mille modi.

L'uso delle nuove tecnologie, si integra molto bene, quindi, anche con tecniche antiche come quella del mimo e dei linguaggi corporei.

La riflessione sul rapporto tra l'uomo e le macchine non è più, ormai, un tema centrale solo per le sperimentazioni dell'arte elettronica contemporanea. Anche nelle forme artistiche più tradizionali il rapporto uomo macchina trova equilibri diversi, forse più semplici, ma in grado di risolvere in modi nuovi la sua conflittualità.

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