Dalla TV alla rete RAI Educational

Approfondimento del 13 aprile 1998

L'era dei nanotubi

a cura della redazione di www.galileonet.it esci da MediaMente


Quella che ho in mano è una matita. Di quelle a cui ogni tanto bisogna temperare la punta, che tutti noi abbiamo usato a scuola. Un oggetto semplice, che costa poche centinaia di lire.

Eppure questa semplice e umile matita racchiude qualcosa che, dopo aver rivoluzionato il mondo dei nuovi materiali, ora potrebbe essere protagonista di una rivoluzione anche nel mondo della microelettronica e dei computer: il carbonio.

FullerenesL'anima di una matita, la parte scura che lascia il suo segno sul foglio, è fatta di grafite, cioè di carbonio puro. E il carbonio è un elemento molto interessante. Per esempio è il protagonista assoluto di tutti i processi chimici organici e biologici: la chimica della vita è la chimica del carbonio.

Ma perché questo elemento è così particolare? Il fatto è che ogni atomo di carbonio è una spiccata propensione a reagire con un altro atomo identico. Così il carbonio può combinarsi e presentarsi in modi molto diversi. La grafite è solo un esempio, una delle possibili facce del carbonio.

Quello che vedete alle mie spalle è invece un diamante. E non potete certamente comprarlo a poche lire come una matita. Cosa c'entra con la grafite? Beh, il preziosissimo diamante è fatto di carbonio puro, esattamente come l'umile grafite. L'unica differenza è nel modo in cui gli atomi di carbonio si dispongono a livello microscopico.

La grafite è costituita da tanti fogli sovrapposti, un po' come un wafer. Ogni foglio è fatto da un singolo strato di atomi e la forza che tiene insieme il wafer non è molto intensa. Per questo la grafite è così fragile e le punte delle matite si spezzano con tanta facilità.

FullerenesNel diamante invece gli atomi formano un reticolo tridimensionale molto solido, che fa del diamante il materiale più duro che esista.

Vi starete cominciando a chiedere cosa abbia a che fare tutto questo con la microelettronica e i computer. Ancora un attimo di pazienza.

Perché quando si lascia agire madre Natura liberamente si formano di solito la grafite o, più raramente, il diamante. Ma quando gli scienziati cominciano a giocare con gli atomi di carbonio nei loro laboratori, si possono ottenere strutture ancora più strane e interessanti.

Come questa, per esempio, che si chiama fullerene. Assomiglia a un pallone da calcio, no? E infatti, proprio come un pallone da calcio, è fatta di esagoni e pentagoni, solo che sono di carbonio e non di cuoio.

The Research of Prof. Vincent H. Crespi E se invece si prende un singolo foglio di grafite e lo si arrotola su se stesso si ottiene qualcosa del genere. Si chiama nanotubo ed è lui, finalmente, il probabile protagonista della rivoluzione elettronica prossima ventura.

Il primo a fabbricare un nanotubo nel 1991 è stato Sumio Iijima, un ricercatore della Nec, uno dei colossi giapponesi dell'elettronica. E cosa ha di speciale un nanotubo?

Per cominciare è la fibra più resistente che si conosca sebbene sia circa cinquantamila volte più sottile di un capello umano.

Ma è nelle sue proprietà di condurre l'elettricità che un nanotubo di carbonio mostra le carte migliori. Infatti, a seconda del suo diametro può essere o un conduttore di corrente, come un metallo, o un semiconduttore, come il silicio degli attuali microchip.

Così si potrebbe costruire una nuova generazione di chip elettronici al carbonio sfruttando le proprietà dei nanotubi di diametro diverso. E rispetto ai circuiti di silicio attuali, quelli al carbonio sarebbero incredibilmente più piccoli.

The Research of Prof. Vincent H. Crespi I primi esperimenti sono già in corso e qualche mese fa, all'Università di Berkeley, Alex Zettl ha dimostrato che un singolo nanotubo può contenere diversi diodi e transistor, cioè i mattoni fondamentali di ogni circuito elettronico.

Ma non è finita. Questi tubicini di carbonio sono così sottili che una singola fibra lunga ben quattrocento mila chilometri si potrebbe, diciamo così, impacchettare in un cubetto di poco meno di due centimetri di lato.

Un cubetto di carbonio poco più grande di questo dado da gioco potrebbe contenere un numero immenso di contatti, di allacciamenti e di interconnessioni elettroniche.

Qualcosa che ricorda da vicino ciò che avviene tra i neuroni del cervello. E che non è nemmeno immaginabile di poter costruire con i vecchi, si fa per dire, e ingombranti componenti di silicio.

Insomma, il silicio, che finora è stato il re incontrastato del mondo della microelettronica, potrebbe essere sul punto di cedere il suo scettro al carbonio. Che conoscevamo già come prezioso diamante, o come umile grafite o come materiale da costruzione leggero ma resistentissimo e che forse impareremo a conoscere come nanochip.

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