Approfondimento del 30 marzo 1998
Economia digitale / 1
Rivoluzione
digitale. E' un nome che si sente ormai sempre più di frequente per descrivere ciò che
sta accadendo nel mondo. E, come abbiamo spesso detto qui a MediaMente, è una rivoluzione
che tocca e toccherà ogni aspetto della nostra vita. Con una forza inarrestabile.
Una forza in grado, per esempio, di sovvertire le vecchie regole su cui si è basata
l'economia e di imporne di nuove. Oggi vogliamo iniziare a parlare proprio di queste nuove
regole dell'economia digitale.
Già verso la fine degli
anni Sessanta, alcuni economisti si erano accorti che il valore delle cose si spostava
sempre di più dagli oggetti alle informazioni: insomma stava nascendo l'economia
dell'informazione.
Molto più recentemente Kevin Kelly, giornalista della rivista Wired e attento
osservatore del mondo digitale, fa un passo in più e afferma che sta nascendo, anzi è
già nata, la network economy: l'economia delle reti.
L'importante non è possedere gli oggetti, forse nemmeno le informazioni, ma essere in
una rete dove le informazioni e le idee circolano liberamente, vanno e vengono in un
flusso incessante e continuo.
Ecco un esempio. Quanto valeva il primo fax apparso attorno al 1965? Praticamente zero.
Nonostante i milioni di dollari spesi per il suo sviluppo. Solo con il secondo fax, e
soprattutto il collegamento tra i due, le macchinette hanno acquisito un certo valore.
Che è aumentato con l'ingresso in rete del terzo fax. Insomma, a rendere
il fax prezioso è solo l'esistenza di una rete che lo collega a centinaia di migliaia di
altri fax.
E il mondo delle reti è destinato a esplodere. Internet è solo un piccolo esempio.
Già oggi i chip elettronici montati negli oggetti, nelle vostre auto, negli Hi-Fi o nei
forni a microonde, sono circa 20 volte più numerosi di quelli che stanno dentro ai
computer.
In futuro anche i vestiti, le palline da tennis e i piatti avranno il loro chip. E
potrebbero formare un'unica super-rete scambiando messaggi con gli altri oggetti. Saranno
messaggi intelligenti? Non è detto. Il chip di un pneumatico potrebbe dover comunicare
solo "sono sgonfio", a un portachiavi basterebbe saper dire "sono
qui".
Però anche una singola cellula nervosa non è intelligente. Ma miliardi e miliardi di
cellule nervose che comunicano fanno un cervello? Possiamo solo cercare di immaginare cosa
succederà quando miliardi di oggetti, per così dire, stupidi comunicheranno.
Cosa
c'entra tutto ciò con l'economia? Ecco un altro piccolo esempio. E' difficile valutare
quanto costa il sistema di controllo del traffico aereo, ma di certo è una cifra a
parecchi zeri.
Bene, nel futuro un sistema di controllo del traffico aereo potrebbe non servire
proprio: saranno gli aerei stessi a scegliersi la rotta più adatta semplicemente
scambiandosi dati e informazioni fra loro, e potranno anche accordarsi su chi deve
atterrare prima e su quale pista.
Nell'economia delle reti anche l'espansione dei fenomeni o il successo delle imprese
seguono andamenti diversi dai precedenti. Sono le cosiddette curve esponenziali: per un
lungo periodo il crescono piuttosto lente, poi raggiunto un certo punto critico, esplodono
letteralmente.
E' capitato così, per esempio, ai profitti della Microsoft: trascurabili per lunghi
anni prima di esplodere attorno al 1985. Stessa crescita esponenziale per il numero di
fax, o di utenti Internet collegati. E qui sta la chiave per vincere con le nuove regole:
bisogna riuscire a cogliere l'occasione prima che arrivi il punto critico, dopo è troppo
tardi.
Queste
crescite esponenziali sono ben conosciute dai biologi perché sono le stesse curve seguite
dai sistemi biologici.
Nello strano mondo digitale, succede così per la prima volta che le leggi della
biologia descrivono lo sviluppo di un sistema tecnologico.
Con tutte le conseguenze del caso: i sistemi biologici crescono sì esponenzialmente.
Ma scompaiono con altrettanta rapidità? Chi vuole mettersi in affari nel futuro è
avvisato.
L'altra parola aurea per chi vorrà avere successo nell'economia delle reti è
innovazione. Bisognerà essere capaci non tanto di perfezionare e ottimizzare ciò che
già è conosciuto, quanto di riuscire a cogliere, anche in modo imperfetto, ciò che è
ancora da scoprire. |