Approfondimento del 11 marzo 1998
Visioni
Oggi vogliamo volare un po' con la fantasia. Vogliamo provare a immaginare come
potrebbe essere la nostra vita tra 20 o 30 anni, come potremmo interagire con gli oggetti
che ci circonderanno e soprattutto come loro potrebbero interagire con noi.
Siamo dunque nel 2020 o 2030 e
cominciamo, per esempio, da quando il signor Bianchi entra in ufficio la mattina. Appena
varca la soglia la moquette del pavimento riconosce le sue scarpe. Così, sull'agenda
elettronica della sua scrivania, compare una lista degli appuntamenti per la giornata e
dei messaggi di chi l'ha cercato.
Ma non solo, sul visore accanto appare anche il suo giornale personale, impaginato
apposta per lui, con gli articoli che lo interessano, le immagini che gli piacciono di
più e i commenti sulla partita della sua squadra del cuore.
Il tempo di togliersi il cappotto, e la teiera, dall'altra parte dell'ufficio, ha già
riempito la sua tazza di un caldo e fragrante the, con mezzo cucchiaino di zucchero e una
punta di latte. Proprio quello che serve a Bianchi prima di iniziare a lavorare. Bello no?
Ma accompagniamo ancora un po' il nostro amico.
Il primo appuntamento della giornata va per le lunghe. Come congedarsi da questa
persona senza essere scortesi? Niente paura: un'occhiata al telefono, che diciamo così
capisce al volo meglio di una segretaria, ed ecco che squilla annunciando un altro
improrogabile impegno. Finto ma provvidenziale.
Nel frattempo il the si è raffreddato. Ma la tazza ha già comunicato l'inconveniente
alla teiera, che rapida e perspicace come un vero maggiordomo ha già pronta un'altra
porzione di bevanda profumata. Con una puntina di latte.
Un volo di fantasia, dicevamo. Ma la fantasia di oggi potrebbe essere la realtà di
domani. Soprattutto in un mondo come quello delle nuove tecnologie che evolve a una
rapidità mai vista in tutta la storia dell'uomo. E infatti, vi sono luoghi dove queste
cose sono tutt'altro che fantasia. Ma programmi di ricerca, finanziati con milioni e
milioni di dollari.
Uno
di questi posti è il Media Lab, uno dei laboratori di punta del Massachusetts Institute
of Technology di Boston. Molte delle fantasie dei suoi ricercatori 10, 20 o 30 anni fa,
sono oggi oggetti che noi usiamo quotidianamente. Ma sentiamo come ricorda la nascita del
Media Lab uno dei suoi fondatori, Nicholas Negroponte, che ne è tuttora l'anima e il
direttore.
Ho fondato il Media Lab come una contro-cultura all'informatica, con due principi
particolari: prima di tutto, sono interessato al modo in cui le persone comunicano con le
macchine. Se lei fosse una macchina ed io una persona, come potrei interagire con lei, e
come potrei rendere la macchina più simile a me? Questo è il primo principio.
Il secondo riguardava il modo in cui il contenuto dell'informazione, che si trattasse
di notizie o di musica, di una produzione video animata o di un racconto, può influenzare
la tecnologia e il canale di comunicazione. Questi erano i due spunti nell'agosto del
1978, quando ho avuto l'idea di fondare il Media Lab.
Questi principi hanno sempre guidato l'attività del Media Lab. Anche quelle di uno dei
suoi gruppi di ricerca, impegnato nel progetto Things That Think, che si potrebbe tradurre
con Cose Che Cogitano. Il futuro del computer? Essere fatto a pezzi, liberando le
informazioni e i bit dalle scatole in cui oggi sono imprigionate.
Al Media Lab, il mondo delle cose pensanti è popolato di oggetti
intelligenti, che conoscono e riconoscono i loro proprietari, che comunicano tra loro e
offrono i loro servizi senza che gli umani se ne accorgano o lo debbano chiedere. Come la
teiera del signor Bianchi. Visioni? Sentiamo ancora cosa ne pensa Nergroponte.
Visione non è una parola che usiamo volentieri, perché non siamo teorici. Non
scriviamo relazioni. L'aver scritto un libro, infatti, mi crea un certo imbarazzo, perché
un libro è un mezzo di comunicazione fuori moda e non proprio il mezzo di espressione
più abituale del futuro.
Ma noi costruiamo le cose, e al Media Lab ci piace dire che il modo migliore per
prevedere il futuro è inventarlo. E così ci sono oggi circa 300 persone che stanno
costruendo e provando cose, senza scrivere relazioni o teoria, ma soltanto costruendo. |