Approfondimento del 25 febbraio 1998
Pathfinder
Ricordate
il protagonista dell'immagine alle mie spalle? Probabilmente sì. Probabilmente molti di
voi hanno riconosciuto il robottino Sojourner che, assieme alla sua sonda-madre Mars
Pathfinder, nei mesi scorsi è stato una vera star su Tv, giornali e anche su Internet.
Il 4 luglio dell'anno scorso, dopo un viaggio di centinaia di milioni di chilometri
attraverso il Sistema Solare, la sonda Pathfinder toccò il suolo marziano. Si aprì e
lasciò che il Sojourner iniziasse a scorrazzare sulla superficie del Pianeta Rosso con le
sue telecamere, le sue macchine fotografiche e i suoi sensori.
Così, al ritmo di poco più di 2000 bit al secondo, una vera e propria valanga di
dati, di immagini spettacolari e persino di filmati iniziò a percorrere il viaggio del
Pathfinder al contrario, questa volta verso la Terra.
E i siti Internet dove quelle immagini si potevano trovare divennero roventi: milioni e
milioni di contatti ogni giorno. Per la prima volta lo spazio entrava nelle nostre case
attraverso il cyberspazio. Ma il Pathfinder non è stato il primo veicolo terrestre ad
arrivare su Marte. Già nel 1976 la Nasa aveva inviato i Viking I e II a caccia di
possibili forme di vita aliene. Dunque non si può negare che l'operazione Mars Pathfinder
sia stata non solo un successo scientifico e tecnologico. Ma anche, forse soprattutto, un
successo mediatico.
Con il
Pathfinder, fiumi di inchiostro e ore di trasmissioni televisive in tutto il mondo hanno
riportato l'esplorazione del cosmo in prima linea nell'immaginario del pubblico.
Ma c'è di più. Questo, diciamo così, matrimonio tra spazio e cyberspazio dimostra
che forse non c'è bisogno che l'uomo lasci la Terra per esplorare il cosmo. Forse basta
una presenza per così dire virtuale. E questo modo di essere esploratori virtuali
restando seduti davanti a un computer potrebbe essere anche più efficace che mandare in
orbita degli astronauti.
"Faster, better, cheaper": più veloce, migliore, più economico. In un'epoca
di drastici tagli ai bilanci, sono queste le nuove parole d'ordine alla Nasa. E i suoi
dirigenti si sono accorti che a costare di più sono proprio gli uomini. Con una buona
dose di sarcasmo il giornalista e scrittore Piers Bizony, esperto di questioni dello
spazio, ha scritto:
"Gli uomini hanno bisogno delle scrivanie, dell'aria condizionata,
dei parcheggi per le loro macchine. Sono dannatamente costosi, soprattutto quando li
chiami "astronauti" e il loro ufficio è uno Space Shuttle da 2 miliardi di
dollari".
Dunque
la carriera degli esploratori spaziali in carne e ossa potrebbe essere alla fine?
Probabilmente no. Anzi, il progetto della Stazione Spaziale Internazionale, la più grande
sfida scientifica e tecnologica mai intrapresa, va avanti a grandi passi con il suo budget
da più di 26 miliardi di dollari. Ma sull'altro fronte procede anche il progetto Deep
Space 1. Anzi a luglio sarà letteralmente sulla rampa di lancio.
Ricordate Hal 9000, il computer di "2001 odissea nello spazio" che finisce
per prendere il controllo della nave spaziale tagliando fuori gli uomini? Bene, Deep Space
1 è quanto di più simile sia mai stato costruito.
Infatti sarà il primo satellite dotato di un sistema di navigazione e di controllo
autonomo. Comunicherà con la Terra solo in caso di problemi imprevisti, altrimenti i suoi
messaggi si limiteranno a un laconico: "Va tutto bene". Da Terra basterà
inviare a Deep Space comandi semplici, per esempio: "Scatta una foto all'asteroide
che si avvicina". Tutti i dettagli dell'operazione verranno programmati ed eseguiti
automaticamente dal computer di bordo. Ma non è tutto.
Deep Space è addirittura programmato
per rifiutare gli ordini che gli sembrano sbagliati. E se a un certo punto la sonda
smettesse di eseguire qualunque ordine? Gli umani si sono riservati un rimedio estremo:
una sorta di lobotomia che permetterà, in caso di necessità, di sostituire il software
ribelle.
Ma Deep Space assomiglia ancora molto da vicino a un satellite convenzionale. Nei
laboratori del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, dove sono nati il Pathfinder,
Sojourner e anche Deep Space, stanno studiando le sonde della prossima generazione.
Saranno poco più grandi di una scatola da scarpe, peseranno pochi chili e dunque
saranno molto economici da lanciare. Con i loro sensori ultraminiaturizzati, i loro
sistemi di navigazione autonomi, i prossimi esploratori del cosmo potrebbero essere sciami
di questi microsatelliti. Chissà se i primi contatti e le prime comunicazioni con i
nostri possibili vicini arriveranno proprio attraverso questi moscerini dello spazio? |