Inviati del 6 febbraio 1998
Centro Wiesenthal
di Michele Alberico
"Noi dobbiamo avere scuole per bianchi, quartieri residenziali e
aree ricreative per bianchi. Posti di lavoro per bianchi. Fattorie e campi per bianchi.
Non ci devono essere non-bianchi nel nostro spazio vitale ed è necessario per noi avere
uno spazio attorno a noi per la nostra espansione. Faremo ciò che è necessario per
creare questo spazio per bianchi e mantenerlo tale perché sappiamo che è assolutamente
necessario per la nostra sopravvivenza razziale".
Questo
documento che definisce i criteri generali per l'istituzione di una "società
ariana" è il manifesto di un movimento nato nelle campagne di qualche staterello nel
cuore dell'America settentrionale e che grazie ad Internet si è aperto una finestra sul
mondo. Quale atteggiamento adottare quando la rete diventa veicolo di proclami all'odio
razziale, alla supremazia di una razza sulle altre, all'antisemitismo?
Dare una risposta non è certo un compito semplice. Dietro la questione si celano due
principi ugualmente inderogabili. Il principio della libertà di espressione e lo spettro
dell'Olocausto.
Il
Centro Simon Wiesenthal, una organizzazione di oltre 400.000 membri dedita al ricordo
dell'Olocausto e alla difesa dei diritti umani, ha pubblicato su CD Rom un rapporto in
5000 copie dal titolo: Razzismo, Mayhem e Terrorismo l'emergere di una subcultura
dell'odio in rete. Copie del CD sono state inviate a tutte le forze di polizia
internazionali e ai capi di governo.
Il rapporto è una sorta di tour guidato a siti incentrati sull'antisemitismo, sulla
supremazia bianca, sul patriottismo miliziano (di cui sarà bene occuparsi un'altra
volta). Ci sono organizzazioni come stormfront di cui abbiamo precedentemente visto la
home page, come la national alliance, come il zundelsite (negazione dell'olocausto), il
KuKluxKlan, le black panthers, Radio Islam, il Sinn Fein ma non c'è ad esempio la lega di
difesa ebraica nel sito della quale è possibile leggere affermazioni come
"un milione di arabi non vale l'unghia di un ebreo".
Per il centro Wiesenthal il nuovo campo di
battaglia è oggi la rete. Questi gruppi non mirano più a fare proselitismo direttamente,
nelle strade, ma usano la rete e il suo linguaggio. Il rabbino Abrahm Cooper il
coordinatore del lavoro sfociato nella pubblicazione del rapporto, sostiene che la rete ha
le stesse devastanti potenzialità della pubblicità televisiva. Può rendere anche il
più cruento dei messaggi accattivante e fascinoso per un utente disattento.
Per Cooper
sarebbe necessario adottare forme legislative in qualche modo simili a quelle istituite in
Germania per proibire l'iconografia nazista o studiare nuovi tipi di filtri software,
filtri che permettano all'utente di arrivare solo a un certo tipo di informazione, oppure
ancora incoraggiare direttamente i provider, i fornitori del servizio, a non permettere
che sui loro siti venga pubblicato un certo tipo di materiale. Tutte soluzioni queste che
destano molte perplessità e non solo di carattere attuativo.
La posizione di Cooper nasce dalla convinzione che marginalizzare queste voci (peraltro
già marginali dal momento che la totalità dei siti citati nel rapporto non coinvolge
direttamente che un numero di utenti assolutamente minoritario nel contesto globale della
rete; si parla di una cifra variabile tra le 25 e le 40.000 persone) marginalizzare queste
voci, parlare meno e agire di più sul piano legislativo sia la politica migliore da
adottare.
Di idea contraria sembra essere David
Goldman direttore di Hatewatch una organizzazione nata per la monitorizzazione in rete dei
siti inneggianti all'odio razziale, sessuale, religioso, per Goldman è necessario
mantenere vigile l'attenzione dell'opinione pubblica sulla questione, mettere i gestori di
questi siti sotto i riflettori, parlarne fino a creare uno spontaneo movimento di
protesta. Marginalizzazione ed esposizione pubblica sembrano i due estremi. |