Approfondimento del 5 febbraio 1998
L'età del rame
Nel
1998 saranno prodotti i primi microchip con circuiti in rame piuttosto che in alluminio. I
nuovi chip saranno più veloci, più piccoli e consumeranno meno di quelli attuali. Gli
esperti la considerano una rivoluzione tecnologica.
Nel 1965 Gordon Moore, uno dei fondatori della Intel Corporation, ha fatto una
previsione. Ha scritto che, secondo i suoi calcoli, il numero dei transistor contenuti in
un singolo microchip sarebbe raddoppiato ogni diciotto mesi. E quindi, anche la velocità
di calcolo di ogni chip sarebbe raddoppiata ogni diciotto mesi. Questa previsione è
diventata famosa come "la legge di Moore".
In effetti, dal 1965 la tecnologia dei microchip ha fatto passi da gigante e oggi, per
merito dei circuiti stampati, abbiamo computer portatili sempre più leggeri e
contemporaneamente sempre più veloci. Niente a che vedere con i vecchi calcolatori
lentissimi che occupavano interi edifici.
Purtroppo, gli esperti di microelettronica sanno che la legge di Moore non funzionerà
ancora a lungo. Tra qualche decina d'anni i microchip raggiungeranno il loro limite fisico
e sarà impossibile farli diventare ancora più piccoli e veloci. Da tempo, gruppi di
ricercatori in tutto il mondo stanno studiando possibili alternative ai calcolatori basati
sul silicio e sull'elettronica che sta alla base dei chip attuali.
Per esempio, progettano computer ottici, in cui le informazioni vengono trasportate dai
fotoni, invece che dagli elettroni. Oppure computer quantistici, che usano l'atomo di
idrogeno come unità di memoria. Ma queste sono soluzioni lontane: la ricerca è ancora
agli inizi.
Invece, è in arrivo
dagli Stati Uniti una novità che permetterà di costruire calcolatori molto più veloci,
leggeri ed economici senza accantonare la microelettronica, almeno per ora. Infatti, nei
primi mesi del 1998, l'IBM inizierà a produrre chip che contengono circuiti di rame al
posto di quelli tradizionali di alluminio.
Il rame è un ottimo materiale conduttore, migliore dell'alluminio, e permette alle
informazioni di viaggiare più velocemente da un transistor all'altro. Pensate che i nuovi
microchip sono più veloci del 40% rispetto a quelli tradizionali. Per di più, i
dispostivi con i circuiti di rame si surriscaldano meno e lavorano a un voltaggio più
basso di quelli con i circuiti di alluminio, quindi consumano di meno.
Da tempo si sapeva che le
proprietà del rame sono più adatte di quelle dell'alluminio per costruire i microchip,
ma finora nessuno era riuscito a far aderire perfettamente il sottile strato di rame dei
circuiti alla base di silicio. Lo scorso settembre, i ricercatori della IBM hanno messo a
punto un composto, una specie di colla, che risolve il problema. Gli esperti considerano
questo risultato una vera rivoluzione tecnologica.
Ma come vengono costruiti i microchip, questi mattoncini che formano il cervello e la
memoria dei computer moderni? Innanzi tutto le macchine tagliano delle piccole sfoglie di
silicio, dello spessore di una carta di credito. Poi, depositano sulla loro superficie uno
strato di materiale isolante e poi ancora uno strato di una sostanza che cambia la sua
struttura dove viene colpita dalla luce: è una sostanza fotosensibile, simile a quella
usata per le pellicole fotografiche.
I circuiti sono stampati sulla superficie del chip con una tecnica che si chiama
fotolitografia: un fascetto di luce colpisce la sfoglia di silicio passando attraverso un
vetro su cui è disegnato in negativo il circuito. La sostanza fotosensibile rimane
impressionata proprio come una pellicola fotografica. Poi il chip viene immerso in un gas
che corrode lo strato isolante della superficie solo lungo il tracciato del circuito.
Il passo successivo è inserire i transistor. Il microchip viene esposto a una doccia
di particelle cariche, che si depositano sul silicio nei punti scavati dal gas corrosivo e
creano delle zone con diverse proprietà elettriche. Quindi i transistor si formano
direttamente nel letto di silicio.
Per finire, vengono stesi dei sottili fili di alluminio che collegano tra di loro i
transistor. E qui sta la novità: nei nuovi microchip, come abbiamo visto, l'alluminio è
stato sostituito dal rame. Poi, il tutto viene ricoperto con uno strato di materiale
isolante.
A dicembre i ricercatori della Texas
Instruments, un'altra grossa compagnia che produce hardware, hanno messo a punto una
sostanza isolante particolarmente adatta per i circuiti di rame. Si chiama xerogel ed è
formato da microscopiche bolle di vetro piene d'aria. Serve a impedire che il passaggio di
corrente lungo un filo disturbi quello accanto. Infatti, nei nuovi chip i fili di rame
sono più vicini tra loro e questo provoca maggiori interferenze.
Secondo gli esperti di microelettronica, la grande novità dei circuiti di rame non è
tanto la velocità del passaggio dei dati, quanto la possibilità di inserire più
transistor in un singolo chip. Pensate che oggi un comune microchip contiene dai tre ai
cinque milioni di transistor, mentre con i nuovi circuiti sarà possibile installarne dai
150 ai 200 milioni su una base di silicio grande quanto un'unghia.
I fili di alluminio usati per fare i circuiti sono 250 volte più sottili di un capello
umano. Se fossero molto più sottili, rischierebbero di spezzarsi per il calore, perché
col passaggio della corrente l'alluminio si surriscalda. Invece il rame ha una resistenza
minore e quindi si surriscalda di meno. I fili usati nei nuovi circuiti sono 500 volte
più sottili di un capello e non si spezzano.
Oggi i chip sono bidimensionali. Sono delle sfoglie di silicio piatte e la parte
elettronica occupa solo una superficie. Ma, visto che i circuiti di rame si riscaldano di
meno, presto potranno costruire chip tridimensionali con diversi strati di transistor
sovrapposti e collegati tra di loro. Avranno una potenza di calcolo eccezionale.
I circuiti di rame, per ora, hanno salvato il mercato del silicio, che continuerà a
dominare l'industria dei computer. Nei prossimi cinque anni, l'IBM produrrà microchip di
rame da usare nei computer portatili, nei telefoni cellulari, nelle videocamere digitali e
nelle automobili. Tutto bene dunque? Quasi. L'aspetto negativo di questa rivoluzione è
che i nostri computer con chip di alluminio tra qualche anno saranno pezzi d'antiquariato. |