Approfondimento del 2 febbraio 1998
Dissidenti on line
di Enrico Ferrari
Internet è
sicuramente il più importante mass media di questa fine secolo, e da gadget tecnologico
utilizzato solo dagli appassionati di computer, sta diventando una importante forma di
comunicazione ed espressione tra i popoli. Per la sua caratteristica di diffusione
immediata e globale delle notizie Internet è anche il mezzo prediletto per le campagne di
dissidenza politica.
Per la prima volta chiunque voglia protestare contro qualcosa ha a disposizione uno
spazio che chiunque nel mondo può leggere. Abbiamo cercato di capire in quale maniera,
pubblica o segreta, le voci di protesta utilizzano la rete per diffondere il loro
messaggio.
Durante i giorni del massacro di Piazza Tienanmen gli studenti cinesi hanno cercato
ogni mezzo per far giungere le notizie fuori dalla Cina: mentre il regime comunista
imbavagliava la stampa estera, uccideva od imprigionava i dissidenti interni, gli studenti
che erano riusciti ad arrivare all'Università di Pechino cominciarono una disperato tam
tam telematico.
I messaggi erano indirizzati tanto all'interno del paese quanto all'esterno,
utilizzando per la prima volta una rete, che ancora non aveva la robustezza della moderna
Internet, come un'ancora di salvezza e come l'unico veicolo utilizzabile per far uscire
notizie sul massacro. Nei giorni seguenti il tam tam è proseguito, sia per continuare a
dare una cronaca dei fatti e sia per tentare di riannodare le file della dissidenza
interna decimata dalla repressione.
Il
rapporto del Dipartimento di Stato Americano per il 1996 si concludeva con un laconico
"nessun dissidente è attivo" nel capitolo dedicato alla Cina, ma è un rapporto
scritto prima della nascita di Tunnel, la nuova rivista elettronica cinese dedicata al
dissenso politico.
Ma, soprattutto, prima della decisione di fine 1997 da parte delle autorità di
Pubblica Sicurezza di mettere sotto il controllo i provider e obbligarli, per legge, a
denunciare gli utenti che inviano messaggi "ambigui". Per ogni infrazione sono
previste ammende e castighi.
La Cina ha avviato da tempo una politica di modernizzazione basata sul computer, in
quanto è essenziale allo sviluppo del suo sistema economico cristallizzato da decenni di
pianificazioni statali fallite.
Ma proprio la tecnologia si sta rivelando un'arma a doppio taglio per il regime,
l'introduzione di Internet è stata infatti osteggiata sin dalle prime installazioni di
posta elettronica, apparse solo nel 1993: l'ordinanza numero 195 del Consiglio di Stato
Cinese garantisce in pratica allo Stato totale controllo sulla rete, facilitando di fatto
la censura su di essa.
E sulla rete
arrivano anche gli appelli in favore del Tibet, una regione fortemente minacciata dalla
repressione del regime comunista cinese: lo stesso Dalai Lama lancia l'allarme dalle
pagine Internet di un sito appositamente allestito all'estero per raccogliere le
testimonianze degli esuli tibetani, lontani dalla loro terra.
A Bloomington, nello stato dell'Indiana, il Centro Culturale Tibetano conserva e
divulga sulla rete lo spirito di un popolo attualmente in condizione di apartheid. Il sito
raccoglie messaggi di protesta, appuntamenti del Dalai Lama e testimonianze diretta dai
protagonisti che hanno subito le violenze dei soldati di Pechino: dall'invasione del 1959
ai templi distrutti alla deportazione dei dissidenti.
La frenesia del governo cinese nel censurare Internet sembra stia arrivando anche ad
Hong Kong, l'ex colonia cinese recentemente restituita a Pechino: controlli sui siti,
cancellazioni arbitrarie. La rivista elettronica Wired pubblica un dettagliato resoconto
di come stiano aumentando ad Hong Kong i fenomeni di interferenza nelle attività dei
provider Internet, quando gli stessi utenti non vengono direttamente invitati a cambiare
il contenuto delle proprie pagine, ritenute lesive della sicurezza nazionale, cioè
contrarie al regime.
Naturalmente la Cina è solo l'esempio più lampante dello scontro tra
dissidenti politici ed il regime che cerca di censurare la protesta che viaggia su
Internet.
Purtroppo i paesi dove la dissidenza viene fortemente osteggiata sono ancora molti e
per tentare di avere una mappa globale del fenomeno è utile ricorrere ad Amnesty
International, che sulle sue pagine ha allestito un osservatorio per i dissidenti politici
con appelli e campagne in favore dei diritti dell'uomo, fra cui naturalmente figura la
libertà d'opinione.
Cuba, alcuni paesi arabi, asiatici e mediorientali sono in cima alle liste di Amnesty,
ma non mancano denunce di censure anche in paesi a noi più vicini, come quelle operate in
Turchia a danno delle minoranze etniche. La Rete è oramai divenuta l'organo di propaganda
ufficiale pro e contro i regimi e spesso è anche l'unico modo per ottenere informazioni
di prima mano da tutte e due i lati delle barricate ideologiche.
Nel
recente caso dell'ambasciata giapponese occupata in Peru dai Tupac Amaru, un ruolo
rilevante per l'informazione è stato quello giocato dal sito di Voz Rebelde, voce
ufficiale dei combattenti Tupac. Eccolo. Dopo l'assalto delle forze governativo era
possibile leggere qui una versione della battaglia nettamente divergente da quella
ufficiale.
I guerriglieri avevano sin dall'inizio affidato ad Internet foto e notizie provenienti
dall'interno dell'ambasciata occupata, e anche l'epilogo della vicenda ha trovato spazio
sul sito con prove a sostegno della tesi di un massacro premeditato da parte delle teste
di cuoio intervenute.
I movimenti separatisti come l'ETA e l'Ira hanno appoggi più o meno ufficiali anche
sulla Rete: quando non gestiscono un sito collegato con il braccio politico
dell'organizzazione, i movimenti si appoggiano ad altri siti ufficiali per propagandare la
propria ideologia. Persino gli Hezbollah, i guerriglieri islamici filo-iraniani che
operano nel sud oltre ad impugnare i kalashnikov adesso utilizzano la Rete, per
"colpire" attraverso un loro sito Internet gli israeliani.
Come abbiamo visto Internet può essere un formidabile strumento per
lanciare un grido in difesa delle libertà, oppure un mezzo per propagandare idee che
dichiaratamente la libertà vogliono sopprimerla. Come tutti i mass media, Internet deve
affrontare il tema della verifica delle idee da essa veicolata.
Siamo persuasi che non ci sia una ricetta pronta da utilizzare, ma che comunque si
debba trovare un metodo di controllo, un controllo che a nostro parere non deve mai ledere
i fondamentali diritti di libertà d'espressione e d'informazione, ma che non deve però
essere confusa con l'apologia di reato o con qualsiasi manifestazione d'idea che non tenga
conto del rispetto per la vita umana. |