Inviati del 13 gennaio 1998
Nomi di dominio
di Michele Alberico
Sapete che domani potreste collegarvi al
sito della apple e trovarci invece che la celebre marca di computer un'azienda di mele
cotogne?
Se vi è capitato di soffermarvi ad osservare un indirizzo web avrete notato che (a
parte la convulsa presenza di consonanti e segni di interpunzione) tutte le principali
aziende presenti in rete hanno degli indirizzi molto semplici da memorizzare. La Microsoft
è al www.microsoft.com (dove il .com sta per commercial), la Ibm al www.ibm.com, la Apple
al .... www.apple.com, la Honda al....
In tutti questi casi il nome dell'azienda appare nell'indirizzo telematico
dell'azienda, diventa quella parte di un indirizzo web chiamata nome di dominio. Ma come
si registrano i nomi di dominio e che relazione c'è tra questi e i marchi delle aziende?
Questo
è il sito della Coalizione per i diritti sui nomi di dominio. Un istituto che rappresenta
gli interessi di imprenditori e privati cittadini che hanno investito sulla rete e che
lavora per un'equa e responsabile politica della registrazione dei nomi di dominio da
parte delle organizzazioni che la controllano.
Se vi state domandando se sia davvero necessario un simile istituto dovete sapere che
negli Stati Uniti la questione dei nomi di dominio è diventata un grande business. Ma se
fino a poco tempo fa tutti credevano che una volta che il loro identificativo fosse stato
registrato il nome diventasse una loro proprietà oggi le cose stanno diversamente. Da
quando una delle agenzie di registrazione ha cambiato politica, infatti, è scoppiato il
caos.
Data la rapida crescita di Internet non
è affatto sorprendente che le dispute sui nomi usati per indicare prodotti o servizi
tendano ad aumentare (come del resto accade in ogni altro settore del mondo degli affari).
La quasi totalità delle agenzie di registrazione rendendosi conto della delicatezza della
questione ha adottato in merito un approccio molto controllato.
Quasi tutte queste agenzie (questo è il garr che si occupa della registrazione in
Italia) si limitano cioè a registrare il nome seguendo la logica del primo arrivato primo
servito non intervenendo direttamente nelle controversie di assegnazione. La sola
eccezione è la Internic l'agenzia di registrazione più grande in assoluto (con una cifra
variabile tra le 2000 e le 3000 richieste al giorno di registrazione contro una media
mensile delle altre inferiore alle 1000).
La InterNIC (Internet
Network Information Center) controlla la registrazione nei domini più richiesti come il
popolarissimo .com, e i celebri .net, .gov, .edu e .org da quando nel '93 firmò un
contratto con la NSF che le garantisce l'esclusiva fino al marzo del 1998. Il codice di
regolamentazione che la Internic si è data per risolvere le dispute sui nomi di dominio
è decisamente curioso.
In particolare si stabilisce che se il possessore di un marchio
registrato contatta la InterNIC provando di aver registrato quel marchio, allora l'uso del
nome di dominio viene tolto al possessore a meno che questo non possa dimostrare di avere
anche lui un marchio registrato. Ma se anche il possessore ha un marchio registrato non è
ancora in salvo, viene obbligato a firmare un documento in cui si impegna a versare un
indennizzo all'altra società cioè a pagare una cifra stabilita dalla InterNIC per
conservare il proprio indirizzo.
Teoricamente ad una lettura stretta del
codice di regolamentazione un'azienda di mele cotogne potrebbe, quindi, registrare il
marchio Apple. Poi presentare il marchio alla Internic che a quel punto sarebbe obbligata
a richiedere alla Apple computer di firmare una lettera di indennizzo per mantenere il
possesso del proprio dominio.
Oppure, ipotizziamo un caso ancora più radicale, quello in cui ci sia una Apple
depositata prima della Apple computer che voglia per se' il nome apple.com immaginate il
danno di immagine che la società ne riceverebbe dopo tante risorse spese per far
conoscere il proprio nome ed indirizzo su web. Sembra comunque più probabile che la
Internic riscriva il codice di regolamentazione piuttosto che mettersi a pestare i calli
alla Apple o a un'altra grande compagnia con un dominio stabilito. Ma per le piccole
aziende?
Il danno più grande, infatti,
rischiano di subirlo i piccoli internet provider, i fornitori di servizio, che se
costretti a cambiare nome procurerebbero disagi a centinaia o forse migliaia di persone,
disagi da una parte agli utenti di quel provider che si ritroverebbero da un giorno
all'altro con un indirizzo di posta elettronica diverso e dall'altra a tutte le persone in
contatto con quegli utenti che probabilmente finirebbero per continuare a scrivere a degli
indirizzi inesistenti per settimane.
Ma la questione, a dirla tutta non sta neppure nel fatto che il sistema funzioni o
meno. La questione fondamentale, spiega Mikki Barry in un articolo che trovate in questa
pagina, è se la InterNIC, o anche la NSF da cui la InterNIC deriva la sua autorità possa
arbitrariamente ridefinire aspetti della legge della proprietà intellettuale senza alcun
intervento da parte delle autorità legislative e giudiziarie.
Per la giurisprudenza americana il governo non può istituire un'agenzia che faccia
delle cose che al governo stesso è proibito fare. Nel caso specifico il governo non può
annettersi la proprietà o l'uso di una proprietà di altri individui senza un processo
che comprovi la giusta causa e valuti un adeguato indennizzo per l'espropriato.
Quindi la InterNIC, che è sotto contratto con il governo degli Stati Uniti, non può
portare avanti nessuna azione che al governo stesso sarebbe proibita. Ma questo è solo
l'inizio di una battaglia più grande. Quella che si aprirà nell'immediato futuro quando
la InterNIC non avrà più l'esclusiva della registrazione dei nomi di dominio. |