Approfondimento del 16 gennaio 1998
Da Contact a SETI
Il film
Contact si basa su un progetto scientifico reale: S.E.T.I.. L'idea è che se gli alieni
non siamo in grado di andarli a trovare direttamente (e ancora per parecchio tempo non lo
saremo), possiamo però sperare di scambiare messaggi con loro. Potere della
comunicazione...
Chissà se un messaggio proveniente da civiltà aliene assomiglierebbe veramente a
quello che state udendo... Nel film Contact comunque sì. E' proprio questo suono a fare
sobbalzare la protagonista del film Ellie Arroway (interpretata da Jodie Foster) e a
convincerla che dopo anni di ricerche e di attesa è finalmente entrata in contatto con
gli extraterrestri.
Fantascienza? Sì, ma solo fino a un certo punto. Infatti la Ellie
cinematografica è una scienziata del progetto SETI, che significa Search for
Extraterrestrial Intelligence, ed è tutt'altro che un programma fantascientifico. Vi
partecipano parecchi osservatori in tutto il mondo e fino a non molti anni fa riceveva
anche i finanziamenti della Nasa.
Oggi vogliamo parlare del volto reale di SETI. Perché se è vero che nella realtà il
"contatto" non c'è ancora stato, sono molti gli scienziati che continuano a
dedicare la loro vita e la loro carriera a cercarlo.
E' ormai praticamente certo che nel nostro Sistema Solare non esistono altre forme di
vita intelligente. Ma l'Universo è grande: ci sono miliardi di galassie e ciascuna
contiene milioni e milioni di stelle simili al nostro Sole. Insomma, è abbastanza
probabile che da qualche parte si siano verificate le condizioni adatte allo sviluppo di
forme di vita superiori e intelligenti.
Ma bisogna
superare il problema della distanza. Anche le stelle più vicine a noi sono a diversi anni
luce di distanza. E costruire un veicolo spaziale che solo si avvicini alla velocità
della luce è, questo sì, fantascienza. Ma se gli alieni non possiamo andarli a trovare
direttamente, possiamo però tentare di comunicare con loro. Per esempio con le onde
radio, che viaggiano per natura alla velocità della luce.
Da quando è stata inventata la radio, l'uomo ha invaso l'etere con segnali sempre più
potenti, che hanno iniziato un lungo viaggio attraverso lo spazio. I più lontani sono
oggi a un'ottantina di anni luce da noi. Forse sono stati intercettati da qualcuno e la
risposta è in arrivo. O forse potremmo ricevere i segnali di qualche remota civiltà più
avanzata della nostra, che ha iniziato le trasmissioni migliaia di anni fa. Chissà...
In ogni caso l'idea di SETI è che bisogna restare in ascolto, usando i radiotelescopi,
cioè le antenne più potenti a nostra disposizione, che di solito gli astronomi usano per
scrutare il cielo.
Gli oggetti celesti producono un flusso
continuo di onde radio, per così dire, naturali. Gli scienziati le studiano proprio con i
radiotelescopi. Ma mescolati a questi segnali naturali potrebbero viaggiare anche quelli,
diciamo così, artificiali: pensati e trasmessi da esseri intelligenti per portare un
messaggio. Con molta, molta fortuna dovrebbe essere possibile distinguerli dal rumore di
fondo dei segnali naturali.
Per questo nell'ormai lontano 1959 Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, due fisici della
Cornell University, proposero di utilizzare le antenne paraboliche dei radiotelescopi e
nel 1960 Francis Drake iniziò le prime ricerche e contribuì a dare vita a SETI.
Un altro famoso cacciatore di alieni e pioniere di SETI fu Carl Sagan, autore tra
l'altro del romanzo Contact da cui è stato tratto il film, che all'inizio degli anni
Settanta fu uno dei fondatori dell'esobiologia. Una disciplina che indaga la possibile
origine ed evoluzione della vita nel cosmo. Sagan credeva molto nell'importanza della
comunicazione. Fu proprio lui, per esempio, a ideare e realizzare la placca montata a
bordo del Pioneer lanciata per un viaggio senza ritorno nelle profondità del cosmo. Il
disegno di una donna e di un uomo, la rotta della navicella, e alcune nozioni scientifiche
di base vennero incisi sulla placca, destinati a chiunque incontrasse la navicella.
Ma
torniamo a SETI e ai messaggi radio. Forse è più facile trovare un ago in un pagliaio!
Per cominciare: dove puntare le antenne? E a quale frequenza sintonizzarle? All'inizio si
esplorarono le stelle della nostra galassia simili al Sole ascoltando alla frequenza di
1,42 megaHertz, cioè la frequenza tipica dell'idrogeno che è l'elemento più diffuso
nell'Universo.
Oggi gli strumenti più moderni permettono di analizzare fino a 168 milioni di canali
al secondo. Questi strumenti setacciano tutti i segnali raccolti dai radiotelescopi
durante le osservazioni di routine e cercano di riconoscere quelli, diciamo così, alieni.
Chissà se un giorno queste super-radio riusciranno a stabilire il contatto... |