Approfondimento del 16 dicembre 1997
Affective computing
I computer sono macchine potenti. Aiutano l'uomo a fare calcoli complessi, a elaborare
simulazioni, immagini e suoni. Ma la loro potenza di calcolo è una cosa ben diversa
dall'intelligenza umana. Un computer può analizzare una situazione e prevedere le
conseguenze di una scelta, ma non può prendere decisioni, perché gli manca la spinta
emotiva. Le macchine non hanno emozioni e sono proprio le emozioni, secondo alcuni
esperti, che rendono l'uomo capace di decidere.
Per questo, i ricercatori che si occupano di intelligenza artificiale al
MIT, il Massachusets Institute of Technology di Boston, stanno studiando la possibilità
di realizzare dei computer emotivi. Vediamo di cosa si tratta.
Quello che avete appena visto era Hal, il famoso computer del film 2001 Odissea nello
Spazio. Hal è qualcosa di più di un semplice calcolatore: è un vero e proprio
personaggio, come gli altri membri dell'equipaggio. È capace di ragionare in modo
autonomo sulle informazioni che ricava dall'esterno, ha una sua personalità e, a quanto
pare, è dotato di emozioni. Lo avete sentito: quando sta per essere disattivato, ha paura
di morire. Ma perché, nel futuro immaginario del film, i programmatori di Hal lo hanno
reso capace di provare emozioni? A cosa può servire l'emotività per un computer?
Le emozioni fanno parte integrante del modo di
ragionare di un essere umano, fanno parte dell'intelligenza come noi la intendiamo e se
vogliamo rendere un computer intelligente, dobbiamo dargli anche le emozioni". Lo
dice Rosalind Picard, una ricercatrice del Media Lab, uno dei laboratori del Massachusets
Institute of Technology. Alle mie spalle vedete la sua homepage.
Qualche anno fa, la Picard ha pubblicato un saggio dal titolo "Affective
Computing", che si può tradurre con "calcolo emotivo". In questo saggio
sostiene che la componente emotiva della personalità umana non è affatto un accessorio
secondario. Anzi, ha un ruolo fondamentale nei processi decisionali. La ragione permette
di analizzare una situazione con molta lucidità, ma senza la spinta emotiva è
impossibile per un uomo scegliere tra due strade. La tesi di Rosalind Picard è sostenuta
anche da un neurologo della University of Iowa. Un neurologo di origini portoghesi,
Antonio Damasio.
Ecco, è lui Antonio Damasio. In un suo libro,
Damasio racconta la storia di un uomo di nome Elliott, operato per un tumore al cervello.
L'operazione era andata bene, ma l'uomo non era più lo stesso. Non riusciva a lavorare e
il suo matrimonio andava a rotoli. Aveva perso la capacità di prendere qualunque
decisione. Che cos'era successo? Durante l'operazione era stata danneggiata una parte
della sua corteccia cerebrale. Elliott non era più capace di provare emozioni e
sentimenti e quindi non riusciva a prendere decisioni: era come bloccato. Questo prova che
le emozioni sono necessarie per il ragionamento.
Il saggio di Rosalind Picard ha aperto la strada ad
un nuovo settore di ricerca al MIT, che si chiama, appunto, "affective
computing". Come prima cosa, gli esperti dell'Istituto di Boston stanno studiando la
possibilità di creare computer che riconoscano lo stato d'animo dell'utente. Per esempio,
hanno realizzato il prototipo che vedete alle mie spalle. Sono quattro sensori, collegati
a un computer, che si portano a contatto con il corpo.
Un sensore misura quanto sono sudate le mani e quindi l'ansia e la paura. Un altro
misura il battito del cuore, il terzo la respirazione e il quarto misura quanto sono
contratti i muscoli. Il computer analizza i dati raccolti dai sensori e capisce se la
persona che gli sta davanti è stressata e nervosa, oppure calma e rilassata. Una volta
che il computer ha riconosciuto lo stato d'animo dell'utente, può reagire di conseguenza.
Facciamo un esempio: un videogioco si accorge che il giocatore si sta annoiando e passa
al livello successivo di difficoltà o diventa più veloce. Oppure, un lettore di compact
disc capisce se il proprietario è allegro o malinconico e sceglie i brani musicali più
adatti da una biblioteca di dischi. Al MIT stanno proprio realizzando un dispositivo di
questo tipo, si chiama "Orfeo, il lettore di CD emotivo".
Il passo successivo, dopo il computer che riconosce
le emozioni dell'uomo, è il computer che simula un comportamento emotivo, cioè che si
comporta come se provasse anche lui emozioni. Allora, al MIT stanno sviluppando un
programma che visualizza un volto umano tridimensionale.
Attraverso le espressioni del viso e il tono della voce, comunica all'utente diversi
stati d'animo. L'uomo è abituato a comunicare non solo con le parole, ma anche con la
gestualità, l'espressione e il tono di voce. Un'interfaccia grafica che simula queste
capacità avvicina il computer all'uomo. Per esempio, per indicare che un'operazione è
riuscita, è molto più efficace un pupazzetto sorridente che compare sullo schermo
pittosto che una scritta.
Tomoko Koda, un collaboratore di Rosalind Picard, sta
lavorando alla realizzazione di un videopoker espressivo. Il giocatore umano gioca una
partita di quindici mani con sei diversi avversari virtuali. Sono le foto digitalizzate di
un uomo e di una donna, due caricature umane, il disegno di un cagnolino e un viso molto
schematico.
Durante il gioco, i personaggi esprimono varie emozioni: sorpresa, trionfo, delusione e
così via. Se volete giocare è facile: basta collegarsi al sito del MIT. Se il vostro
browser legge le applicazioni in Java, potete giocare in rete. La partita dura circa un
quarto d'ora e alla fine vi verrà chiesto di rispondere a un breve questionario e dare un
giudizio sulle capacità espressive dei sei personaggi.
Un esempio di computer che comunica con l'uomo simulando emozioni e stati d'animo è il
famoso Tamagochi. Molti di voi sapranno come è fatto: è un giochetto con un display su
cui appare l'immagine di un pulcino. La bestiolina si muove e manda segnali sonori e in
questo modo esprime soddisfazione oppure fame o malessere. Il padrone deve accudire
continuamente il pulcino virtuale usando i pulsanti accanto al display. Il Tamagochi è
così bravo a simulare emozioni che provoca spaventosi sensi di colpa se il padrone si
distrae e lo lascia morire. |