Esperti del 5 dicembre 1997
Il Cyborg: 2. Il cyborg fra realtà e mito
di Antonio Caronia
Nella nostra era tecnologica il corpo umano assimila
entro di sé una quantità sempre maggiore di "artificiale", e quindi non può
più essere considerato un organismo puramente "naturale", diventa qualcosa di
diverso. Abbiamo un nome per indicare questa nuova condizione umana, a metà fra naturale
e artificiale? Forse sì, forse potremmo usare il termine "cyborg", un
neologismo che nella fantascienza indica un essere ibrido fra uomo e macchina, ma che ha
invece salde origini scientifiche, o tecnologiche. Di cyborg, cioè di cybernetic
organism, parlarono infatti per la prima volta addirittura nel 1960, quasi quarant'anni
fa, due medici di New York, Manfred Clynes e Nathan Kline, che all'epoca lavoravano per la
NASA, l'ente spaziale americano. In quegli anni la NASA voleva sondare le possibilità di
modificare l'organismo umano in modo da rendere possibile la vita in ambienti diversi da
quello terrestre.
Gli studi non ebbero poi sbocchi operativi, ma il termine cyborg
ebbe fortuna, e venne adottato in primo luogo dalla fantascienza, che parlava da più di
trent'anni di esseri umani intimamente mescolati alle macchine, in genere del tipo
"cervelli in una scatola di metallo", sostanzialmente quindi robot che di umano
avevano solo il cervello. Ma la parola piacque anche ad alcuni studiosi (per esempio alla
femminista americana Donna Haraway, che nel 1985 scrisse un fondamentale Manifesto per
cyborg), e venne usata allora in senso metaforico, per indicare la nuova condizione di
simbiosi con le macchine caratteristica dell'età industriale avanzata. In questo senso il
cyborg non è che la nuova versione di una figura di cui sono pieni i miti di tutti i
popoli, cioè l'ibrido.
Ma se l'ibrido del mito è una figura mista fra uomo e
animale (come il centauro o il fauno), il cyborg fa entrare in gioco un nuovo partner, la
macchina. Da un lato ciò conferma in qualche modo che la tecnologia è davvero diventata
una "seconda natura" dell'uomo, e che l'ibrido corrisponde sempre a una
condizione ideale di integrazione fra l'uomo e il suo ambiente. |
|
Ma d'altro lato c'è una differenza fondamentale fra gli ibridi del mito e il cyborg,
perché mentre l'unità fra uomo e natura di cui ci parlano centauri, fauni, arpie e
chimere è collocata in un lontano passato, in una una mitica età delle origini,
l'integrazione a cui alludono i nuovi ibridi uomo-macchina è invece ancora tutta da
costruire: "il cyborg non è innocente", dice Donna Haraway; non ha nostalgia
del passato, ma del futuro, potremmo aggiungere noi. |
|