Approfondimento del 19 novembre 1997
Guerra dei nomi
Quando un'azienda, un'organizzazione o
un utente privato costruiscono un proprio sito Web viene loro assegnato un dominio. Cioè
un indirizzo, unico e diverso da tutti gli altri, che identifica il loro computer e che
permette agli altri utenti di collegarsi con esso.
Qualche cosa di molto simile a un numero di telefono. Ogni indirizzo, o dominio,
Internet termina con un codice che indica il tipo di organizzazione o la nazionalità del
sito. Per esempio il codice ".com" è riservato ai siti commerciali, quello
".gov" è invece per gli enti governativi. I siti italiani sono identificati da
un ".it", quelli francesi da ".fr"; e cos" via.
Dicevamo che un indirizzo Internet è come un numero telefonico. Ma il problema è: chi
gestisce l'elenco? Cioè chi governa la lista degli indirizzi già assegnati e decide con
che criterio assegnare quelli nuovi?
Se all'inizio della storia di Internet
questo era soprattutto un problema tecnico, oggi lo sviluppo commerciale della rete lo ha
trasformato in un problema economico. In futuro avere un buon indirizzo, facile da
memorizzare e da reperire nel mare del World Wide Web sarà importante quanto una buona
vetrina in via de' Condotti a Roma o in via della Spiga a Milano.
Già oggi, il diritto di sfruttare un indirizzo commerciale del tipo ".com"
può valere fino a 150 mila dollari. Insomma, l'affare e succoso e fa gola a molti. Finora
la registrazione dei domini più appetibili è stato monopolio quasi esclusivo della
Network Solutions Inc., l'unica che di fatto può attribuire un indirizzo
".com", ".edu", ".gov", ".net" o ".org".
La società ricevette l'incarico dalla National Science Fondation americana nel '93.
Allora i domini registrati erano poco più di 4000 in tutto il mondo. Oggi la Network
Solutions garantisce circa 3000 nuovi indirizzi ogni giorno. Ma il contratto della Network
Solutions scade nel marzo del '98. E sarà l'occasione per ridiscutere tutte le procedure
di assegnazione e gestione dei domini.
Per cominciare c'è chi propone di
aumentare il numero di domini possibili per fare fronte alle richieste sempre più
numerose. Così accanto a quelli classici potremmo avere indirizzi Internet che terminano
con ".store", ".arts", ".info" e cos" via.
Ma soprattutto ci si chiede se la posizione di monopolio della Network Solutions sia
compatibile con una struttura decentralizzata, delocalizzata e aperta come Internet. Anche
perché la rete si mostra fragile e vulnerabile proprio quando dipende da realtà troppo
centralizzate.
Un esempio? Nel luglio dell'estate scorsa uno dei siti che dipende dalla Network
Solutions, quello della Internic che vedete alle mie spalle, è stato "sabotato"
per alcune ore. Internic è una specie di enorme archivio. E' proprio l'elenco telefonico
dei moltissimi siti registrati dalla Network Solutions. Grazie ai data-base di Internic
l'indirizzo che voi digitate sulla tastiera viene trasformato nel suo corrispondente
indirizzo numerico, il cosiddetto IP, che permette effettivamente ai computer di
comunicare.
Eugene Kashpureff, fondatore di
Alternic, un'associazione che si batte contro il monopolio dei domini, ha scoperto un
"buco" nel programma che trasforma l'indirizzo Web nel suo corrispondente IP
numerico. Così è penetrato nel sistema e ha mescolato un po' le carte. Come se in un
elenco telefonico avesse scambiato a caso i numeri e i nomi degli abbonati.
L'effetto è stato devastante e si è ripercosso su tutta la rete. Per diverse ore
connettersi a molti dei siti di tipo ".com" o ".net" è stato
difficilissimo. Lo stesso indirizzo di Internic è stato "deviato": chi tentava
di collegarsi finiva in realtà su una pagina di protesta in cui Kashpureff spiegava la
sua azione e denunciava il monopolio della Network Solutions. |