Approfondimento del 22 ottobre 1997
L'uomo bionico
La possibilità di costruire un essere
metà uomo metà macchina ha sempre solleticato la fantasia di scienziati e scrittori. Dal
golem, una creatura fatta di terra che prende vita a comando, a Frankenstein, al più
recente e tecnologico Terminator.
Ovviamente nessuno è riuscito ancora ad assemblare un uomo artificiale. Tuttavia
alcuni traguardi sono già stati raggiunti. Si pensi agli arti e ai cuori artificiali,
oppure agli apparecchi acustici. E persino gli occhiali o le lenti a contatto sono
strumenti artificiali integrati nel corpo umano. Finora, però, si sono sempre applicate
protesi per curare o per sopperire a carenze fisiche di varia natura.
I progressi dell'elettronica e dell'informatica invece stanno per aprire una nuova era.
Presto sarà possibile disporre di congegni che potenzieranno i cinque sensi e addirittura
le nostre facoltà mentali. Prima tra tutte la memoria.
Un
primo esempio di integrazione tra elettronica e corpo già esiste e viene dai laboratori
dell'IBM. Si chiama Personal Area Network
e
permetterà di scambiare dati digitali tra individui con una semplice stretta di mano.
Il dispositivo sfrutta la naturale salinità del corpo umano per generare una corrente
elettrica mille volte più piccola di quella generata dal passaggio di un pettine tra i
capelli. E proprio questa piccola corrente permette ai bit immagazzinati in un
microprocessore di spostarsi lungo il corpo e raggiungere il microprocessore
"indossato" da un altra persona.
Per ora la quantità di dati che si può trasmettere con questo sistema è molto
piccola, l'equivalente di un biglietto da visita. Ma l'invenzione potrebbe comunque essere
rivoluzionaria. Per esempio non sarà più necessario comporre codici di identificazione
quando si usa un telefonino o uno sportello bancomat. Basterà sfiorare con la mano l'uno
o l'altro per essere riconosciuti.
Non solo, i ricercatori dell'IBM sostengono che presto, grazie alla Personal Area
Network, molti dei nostri ricordi saranno registrati su minuscoli supporti magnetici,
piuttosto che nei neuroni, le cellule cerebrali. Uno scenario che ricorda da vicino la
trama di Johnny Mnemonic. Nel film il protagonista, un trafficante di informazioni,
immagazzina miliardi di byte in un microprocessore che qualcuno gli ha installato nel
cranio.
In realtà, almeno per ora, nessuno
immagina di piazzare microprocessori o hard disk nel cervello. Si cerca piuttosto di
miniaturizzare i dispositivi elettronici per renderli indossabili. Anzi c'è chi ritiene
che sia questa la sola strada da seguire. Sono i giovani ricercatori del MIT che si
occupano di weareable computer
. Secondo
loro , i cyborg, gli uomini-macchina del futuro, non saranno un intreccio di
materia organica e silicio. Saranno invece individui normali che indosseranno piccole
videocamere e microcomputer potentissimi.
Già ora Thad
Starner ,
uno degli scienziati del MIT, si aggira per le aule con alla cintura un microcomputer e
con sugli occhiali un monitor. Sperimenta quella che ritiene la vera carta vincente dei wearable
computer: l'estensione di memoria. Il computer riconosce gli interlocutori di
Starner, registra l'ora e, grazie al sistema satellitare GPS, il luogo della
conversazione. Partendo da queste informazioni ripesca nella memoria tutti i documenti che
potrebbero servire a Starner e li presenta sul minischermo.
Eppure non tutti hanno rinunciato a un rapporto più profondo tra macchina
e cervello. Tra gli obiettivi c'è quello di riuscire a comunicare con i computer solo
attraverso il pensiero, mandando in soffitta tastiere, mouse e sistemi per il
riconoscimento vocale. Condizione necessaria per riuscirci è imparare a decifrare le
correnti elettriche che attraversano il cervello durante la sua attività.
Per esempio, nella base Wright-Patterson dell'aviazione militare americana, nello stato
dell'Ohio, si stanno sperimentando le cosiddette "tecnologie di controllo
alternativo". Lo scopo è far guidare i simulatori di volo direttamente dal cervello
dei piloti. I militari fissano alternativamente piccole luci lampeggianti. A seconda delle
luci scelte, gli elettrodi collegati al cuoio capelluto dei piloti registrano segnali
diversi e li trasmettono al computer di bordo che regola così l'inclinazione del
simulatore. |