Puntata del 29 gennaio 1997
Futuro remoto
Il 2000 e oltre
Siamo a Los Angeles, nel 2019. E' il mondo disperato e ipermoderno di Blade Runner, il
film di Ridley Scott ispirato a un racconto di Philip Dick. Avrà questo volto, il nostro
futuro? Cosa ci aspetta al di là della soglia simbolica del 2000, in anni che siamo
abituati a considerare terreno per la fantascienza, ma che si stanno ormai avvicinando, in
un futuro remoto che - ci accorgiamo con qualche sgomento - non è poi troppo lontano.
Introduzione
Buonasera e benvenuti a MediaMente.
Due settimane fa, ricorderete, eravamo a New York, all'Internet World, per parlarvi del
futuro di Internet.
L'evoluzione della rete si misura in settimane, a volte addirittura in giorni. Proprio
per questa incredibile rapidità di sviluppo, che riguarda non solo Internet ma un po'
tutte le nuove tecnologie delle comunicazioni, dire cosa succederà fra un anno o due è
estremamente difficile.
Un anno, nel mondo delle reti e dei microchip sempre più veloci, è un tempo
lunghissimo, in cui idee e prodotti nuovi fanno a tempo a nascere e morire, superati da
qualcosa di ancor più nuovo, di ancor più rivoluzionario. Impegnati a seguire questa
corsa continua, rischiamo però di perdere di vista le prospettive di più lungo periodo.
Rischiamo di dimenticare quella che è, ed è sempre stata, una delle domande
fondamentali: "dove stiamo andando?".
Anche stasera vogliamo parlare del futuro, di Internet e non solo di Internet. Ma
vogliamo farlo provando a spingerci oltre le prossime settimane, oltre i prossimi mesi,
verso un futuro un po' più lontano. Il futuro che ci aspetta oltre il 2000, quando
qualcuno dei nostri sogni - e probabilmente anche qualcuno dei nostri incubi - sarà
diventato realtà. Questa sera, insomma, vogliamo parlarvi del futuro remoto.
Cominciamo proprio dalla rete, da questa maglia di comunicazioni continue, intrecciate
e senza frontiere che oggi chiamiamo Internet, che domani magari chiameremo in un modo
diverso - Internet 2, Internet New Generation, o forse Uninet, universal network, come in
Nirvana di Salvadores, o matrice, come in Gibson. Più probabilmente, sarà semplicemente
the Net, la rete. Che volto avrà Internet non fra un mese o fra un anno, ma fra dieci
anni? Abbiamo chiesto di dircelo a un editorialista un po' fuori dal comune.
Editoriale
- Intervista ad un Robot (John McCrea)
Come avete visto, il nostro piccolo robot ha le idee piuttosto chiare - e questo non ci
stupisce, perché le idee, vogliamo svelare il gioco, sono quelle di John McCrea, una
delle persone che stanno costruendo l'Internet del futuro: McCrea, che si è prestato con
grande disponibilità al nostro gioco, si occupa infatti per
la Silicon Graphics della elaborazione di interfacce grafiche tridimensionali per la rete.
Ma per questa puntata abbiamo chiesto un editoriale, un po' meno giocoso ma non meno
visionario, anche a John Patrick, della IBM, un altro dei profeti riconosciuti del mondo
di Internet.
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in inglese
Nella visione di John Patrick, dunque, la metafora degli Avatar, che abbiamo incontrato
più volte nelle nostre navigazioni in rete, acquisterà una importanza ancor maggiore.
Avatar e Agenti
Qui stiamo vedendo alcuni
degli avatar previsti n World chat, uno dei più famosi chat 3D. E forse ricorderete il
nostro Aladino, un agente software capace di interpretare ed eseguire alcuni nostri
comandi. Ebbene, Patrick prevede una situazione in cui l'idea di avatar e l'idea di agente
si integreranno: i nostri avatar, le nostre rappresentazioni in rete, saranno capaci di
agire da soli, senza dover essere guidati passo passo. E noi ci affideremo alle loro
scelte, e al loro giudizio. "Blade Runner" prevedeva un mondo in cui gli
androidi sono capaci di sentimenti ed emozioni umane, sono capaci, come dice il titolo del
racconto di Dick al quale il film è ispirato - un racconto scritto nel 1968 - di sognare
pecore elettriche.
Ma forse ad avere autonomia di giudizio e di comportamento non saranno, nel 2019, dei
nostri simulacri fisici, ma dei nostri simulacri virtuali. Gli esseri artificiali, i nuovi
golem ai quali daremo vita, saranno digitali.
Navigazione nei siti:
Torniamo allora a Internet, al volto che avrà la rete - e il nuovo mondo delle
comunicazioni interpersonali - fra una decina di anni. L'abbiamo chiesto anche ad alcuni
altri fra i protagonisti di Internet World. Iniziamo da Gina Centoni, che come dice il
nome viene da una famiglia di origine italiana, ma che è ormai saldamente trapiantata in
America, ed è fra i responsabili della Javasoft (http://java.sun.com
),
la divisione Java della Sun Microsystems (http://www.sun.com
).
Cosa ne sarà della rete una volta superato il duemila?
- Intervista a Gina Centoni
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Secondo Gina Centoni, dunque, un elemento centrale sarà quella che possiamo chiamare
'rete diffusa': a essere collegati, su scala globale, non saranno più solo i computer
tradizionali, ma anche le nostre macchine, i nostri televisori... in sostanza, saremo noi
ad essere in ogni momento 'in rete'. In queste immagini, vedete come gli ingegneri della
Philips hanno immaginato una situazione in cui i nostri vestiti, un paio di occhiali, un
orecchino diventano veicoli di collegamento infromativo.
Body communication
Ma questa prospettiva è da intendersi forse in senso molto più letterale di quanto
non potremmo immaginare. Fra una decina d'anni, infatti, saranno forse realtà i
dispositivi, piuttosto fantascientifici, allo studio al MIT di Boston. Dispositivi che
sfruttano la naturale conduttività elettrica del corpo umano - a chi di noi non è
capitato, talvolta, di scambiarsi una piccola scossa elettrica, assieme a una stretta di
mano? - bene, sfruttano questa conduttività elettrica usandola come veicolo per la
trasmissione di informazioni. Un microcomputer, che i tecnici del MIT immaginano nascosto
nel tacco di una scarpa, si occuperà di emettere una sequenza continua di segnali
elettronici che scorre, letteralmente, per tutto il corpo, in modo per noi completamente
inavvertibile. Con una stretta di mano, potremmo 'trasmettere' questi segnali all'analogo
dispositivo indossato da un'altra persona, e scambiarci informazioni - ad esempio
l'equivalente elettronico di un biglietto da visita, o un pagamento.
Una prospettiva avveniristica, ma indubbiamente anche un po' inquietante. E in effetti
questo sogno dell'interconnessione globale è proprio uno di quelli che possono più
facilmente rischiare di trasformarsi in un incubo. Per questo tra una decina d'anni
saranno probabilmente ancor più importanti di oggi una serie di tematiche sulle quali ci
siamo soffermati più volte: la difesa della privacy, la sicurezza dei dati, e soprattutto
la capacità di potersi, volendo, anche 'scollegare', almeno ogni tanto, per sfuggire a
questo vero e proprio assedio informativo.
Ma torniamo a Internet World, e a quello che pensano i protagonisti dell'Internet di
oggi, su come sarà la rete di domani. Yusef Mehdi, uno dei responsabili della
programmazione Internet della Microsoft, è talmente giovane che per lui, probabilmente,
la dimensione del futuro è del tutto naturale.
Cosa ne sarà, allora, di Internet fra una decina di anni?
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Mahdi introduce un altro degli aspetti di base dell'evoluzione di Internet, sul quale
ci siamo già soffermati due settimane fa: la tendenza a un uso della rete - e più in
generale delle nuove tecnologie - sempre più immediato e naturale. Indubbiamente, la
possibilità di 'parlare' al computer, e di parlargli usando il nostro linguaggio di tutti
i giorni, non comandi e istruzioni complicate e difficili da memorizzare, è un'altra
delle evoluzioni future più attese, e attorno alle quali si lavora di più.
Proseguiamo in questa nostra raccolta di visioni e di profezie, con Irvin
Bladawski-Berger, responsabile della Internet division dell'IBM; quali sono i suoi sogni
sul futuro della rete?
- Intervista a Irvin Bladawski-Berger
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in inglese
Bladaski Berger sottolinea un altro punto centrale: nel cercare di delineare il volto
del futuro non dobbiamo pensare solo alle tecnologie, alle macchine meravigliose che
avremo a disposizione, ma anche - e soprattutto - a come usarle, ai modelli di
organizzazione sociale che potranno meglio sfruttare questa immensa offerta informativa, e
le possibilità offerte da tecnologie sempre più avanzate e sempre più globalmente
interconnesse. E' una questione, questa della ricaduta sociale e culturale delle nuove
tecnologie della comunicazione, che come sapete a noi qui a MediaMente sta particolarmente
a cuore.
New York Times - i prossimi cento anni
Una questione, naturalmente, della quale non siamo i soli a occuparci. Con una
prospettiva ancor più lunga - addirittura i prossimi cento anni - se ne è ad esempio
occupato il New York Times in un numero speciale edito per festeggiare, in modo un po'
originale, i primi cento anni di vita del giornale. Alcuni di questi articoli sono stati
tradotti in italiano in un recente fascicolo di Internazionale, questo. Proviamo a
sfogliarlo velocemente: troviamo un articolo di Paul Krugman, fra i maggiori economisti
statunitensi, che fingendo di scrivere nel 2096 si diverte a prendere in giro i suoi
colleghi di oggi, sostenendo, fra l'altro, due tesi piuttosto provocatorie: non è vero
che nel secolo che ci aspetta l'informazione sarà il bene più prezioso: ce ne sarà
talmente tanta che l'informazione, come accade per i beni sovrabbondanti, avrà
scarsissimo valore di mercato. E non è vero che l'istruzione superiore aiuterà nella
vita: i computer sostituiranno molto più facilmente i colletti bianchi - gli impieghi nei
quali appunto si gestisce informazione - delle tute blu, i lavori che richiedono la
capacità di interagire efficacemente con il mondo reale. Krugman predice così un futuro
radioso, anche fra un secolo, per gli idraulici. Tesi, abbiamo detto, provocatorie e certo
discutibili.
Ma continuiamo a sfogliare: decisamente ottimista è ad esempio l'economista Julian
Simon, per il quale nel duemila il cittadino medio vivrà più a lungo, sarà più nutrito
e istruito, abiterà in una casa più grande, avrà più denaro e più tempo libero. Se
Simon ha ragione, vale senz'altro la pena prenotare un posto. Verlyn Klinkeborg, invece,
difende una tesi un po' meno rosea: il futuro per lui non ci riserverà molte sorprese:
siamo fatti della stessa pasta dei nostri antenati, e i nostri pronipoti saranno fatti
della stessa pasta nostra. In realtà, scrive Klinkenborg, questo è un mondo rozzo e
maleducato, in cui le cattive intenzioni spesso prevalgono, e niente riuscità a
cambiarlo, meno che mai il trascorrere di un secolo.
Queste tesi di Klinkeborg
ci hanno richiamato irresistibilmente alla memoria un bellissimo testo di Kurt Tucholsky,
uno dei più geniali e raffinati scrittori e giornalisti della Germania del periodo della
repubblica di Weimar. Sentiamo cosa scriveva Tucholsky nel 1926, pensando a un suo
immaginario lettore del futuro - che per lui era il 1975, ma che possiamo immaginare
tranquillamente spostato in avanti di una trentina di anni. E, come 'accompagnamento'
visivo al passo di Tucholsky, continuiamo a dare un'occhiata a Vision of the future, un
filmato in cui gli ingegneri della Philips hanno immaginato gli oggetti della vita
quotidiana del 2005.
Lettura del brano di Tucholsky
"Caro lettore del 1975, buon giorno! Sono molto confuso: la moda
del vestito che indossi è molto diversa dalla mia - e anche il cervello, lo porti in
tutt'altra maniera. In me tutto ti sembra passato di moda: il mio stile, la mia
grammatica, il mio modo di fare. Debbo raccontarti cosa tiene occupata la gente in questo
mio paesello temporale? Ginevra? La prima di Shaw? Thomas Mann? Tu ci soffi sopra, e la
polvere vola alta un metro, non puoi vedere niente dalla polvere che c'è. Devo farti i
complimenti? Non ne sono capace. Naturalmente non avete risolto il dilemma "lega dei
popoli, o paneuropa?"; l'umanità i dilemmi non li risolve, ma li pianta lì.
Naturalmente, nella vita quotidiana avrete trecento macchine insignificanti in più di
noi, e per il resto sarete altrettanto scemi e altrettanto intelligenti, esattamente come
noi. E neppure posso condurre con te una conversazione elevata che passi sopra le teste
dei miei contemporanei, del tipo: noi vedrai che ci capiamo, perché tu sei un
progressista come me. Ahimé, caro mio: anche tu sei un contemporaneo.. E ghigno già al
pensiero di quando dirò "Bismark" e tu dovrai ricordarti chi fosse: non hai
idea di quanto sia fiera della sua immortalità la gente che mi circonda... Ma sì,
lasciamo stare. Per di più, ora vorrai andare a fare colazione. Ma io ti richiamo: voi
non siete mica migliori di noi, e neppure di quelli prima di noi. Ma neanche un po',
neanche un po'".
(da Kurt Tucholsky, Prose e Poesie, ediz. Guanda, con alcuni tagli)
Se gli strani oggetti
quotidiani del filmato che accompagnava la lettura di Tucholsky vi hanno incuriosito, li
troverete descritti all'indirizzo Internet http://www.philips.com/design/vof
.
Le immagini che vedete alle mie spalle - in alcuni casi molto divertenti - sono invece
tratte da un volume nel quale Isaac Asimov aveva raccolto alcune delle 'visioni' del
futuro ad opera di disegnatori e illustratori di fine '800. Questo per dire che molte
delle nostre aspettative e delle nostre visioni sul futuro sono legate all'immaginario
visivo del nostro tempo. Un immaginario che, oggi, è soprattutto cinematografico.
Come il cinema ha immaginato il futuro
"Bifo, abbiamo riassunto poco fa qualcuno dei pareri sul futuro che ci aspetta -
sul futuro remoto - raccolti nel numero speciale del New York Times. Se tu avessi
partecipato a quella rassegna cosa avresti scritto, quali sono i tuoi sogni - o i tuoi
incubi - per i primi decenni del 2000?" |
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