Approfondimento del 12 giugno 1997
Mutazione e tecnologia
Un uomo normale, con una vita normale in una delle città simbolo dell'ultramoderno. Ma
improvvisamente avviene la mutazione. Prima degli strani fili di ferro che fuoriescono
dalla pelle, poi la trasformazione in un mostruoso groviglio di carne e acciaio, una
grottesca macchina umana folle e distruttrice, fuori controllo.
È questa la storia raccontata dal visionario cortometraggio underground Tetsuo,
realizzato dal giapponese Shinya Tsukamoto.
Potrebbe la mutazione tecnologica essere il destino dell'uomo? Quando si parla
di rivoluzione digitale il pensiero corre subito agli spazi immateriali della rete e della
realtà virtuale. Sembra insomma che l'immateriale sia la cifra, il centro e la meta
finale di questa grande trasformazione.
Ma a ben guardare le cose non stanno solo così.
La tecnologia infatti non modifica solo il nostro spazio mentale, dando forma ai mondi
interiori, alle visioni della mente. Essa modifica anche il nostro corpo.
Gli oggetti che usiamo quotidianamente sempre più assomigliano ad estensioni
inorganiche del nostro corpo biologico. Pensate al rapporto che ognuno di noi ha con il
telecomando del televisore.
Il corpo biologico insomma, che sembrava destinato a scomparire, a passare in secondo
ordine, a divenire secondario, ritorna prepotentemente sulla scena.
Ma se non dobbiamo temere una scomparsa del corpo, non è assolutamente detto che la
struttura organica che la rivoluzione tecnologica ci consegnerà sarà la medesima che
abbiamo avuto in eredità dalla evoluzione biologica.
Per milioni di anni l'evoluzione ha tenuto allineate la trasformazione dell'ambiente
con quella delle specie biologiche, uomo compreso. Oggi questa armonia è completamente
stravolta. La tecnologia sta modificando l'ambiente in cui viviamo ogni giorno più
radicalmente. La sfera del naturale scompare, per lasciare il posto ad un mondo
artificiale in continua trasformazione. Tutto questo sembra richiedere all'uomo, se vuole
adattarsi a vivere in questo nuove ambiente artificiale, una mutazione tecnobiologica.
Non è un caso che l'immaginario cyberpunk, oltre ad esaltare l'immateriale, il
ciberspazio, è popolato da esseri mutanti, a metà tra l'umano ed il robot: il cyborg.
L'immaginazione e la ricerca artistica hanno spesso avuto la funzione di percepire e
rappresentare gli aspetti più profondi sconvolgenti e inquietanti della realtà. Non è
un caso dunque che il tema della mutazione e del cyborg sia divenuto l'oggetto di alcune
importanti esperienze artistiche di avanguardia. Esperienze che ci mostrano cose strane e
perturbanti, come i visionari film di Tsukamoto.
In questo, oltre alla narrativa cyber o al cinema di autori come Cronenberg, a partire
dal visionario Videodrome fino al recente, sconcertante Crash, si distinguono un gruppo di
artisti e performer che potemmo definire artisti del postorganico.
Si incontrano in questo scenario esperienze artistiche che hanno inizio sin dagli anni
sessanta, la cosiddetta body art, e nuove suggestioni derivata dalla rivoluzione digitale.
Uno degli esponenti più interessanti di questa linea di ricerca artistica è Marce Lì
Antuñez Rocas: nelle sue performance il suo corpo diventa oggetto di sperimentazione,
materiale che può essere trasformato dalla macchina, a sua volta controllata dal
pubblico.
C'è forse in questa performance di Rocas una sorta di recupero ed estremizzazione
delle ancestrali origini sacrali dell'arte. In un certo senso l'artista ricostruisce una
cerimonia sacrificale offrendo se stesso come vittima.
Ma l'aspetto più interessante in tutto questo è la simbiosi uomo-macchina. Come le
tecnologie entrando in relazione con il nostro pensiero lo trasformano e lo estendono, ci
fa notare Rocas, esse stanno per introdursi anche nel nostro corpo.
Ancora più esplicito è il lavoro sul concetto di mutazione che porta avanti Stelarc,
artista australiano tra i più consapevoli delle trasformazioni che le tecnologie stanno
determinando nella nostra struttura biologica.
Nelle sue performance Stelarc si dota di protesi meccaniche come una terza mano o un
braccio virtuale. In questo modo Stelarc ci parla della mutazione necessaria a cui l'uomo
è destinato per adattarsi al nuovo ambiente artificiale. Egli stesso ha scritto:
La tecnologia non è più soltanto aggiunta al corpo, ma vi viene
fissata. La tecnologia si trasforma da contenitore a componente del corpo. Come strumento,
essa ha frammentato e spersonalizzato l'esperienza, come componente ha il potere di
scindere la specie. Non è più di alcun vantaggio rimanere umani o evolversi come specie,
l'evoluzione umana termina quando la tecnologia invade il corpo.
Tutto questo potrà sembrare inquietante. Ma siamo sicuri che sia così assurdo e
lontano? Basta pensare ai trapianti di organi artificiali, alle sperimentazioni genetiche,
alla clonazione, o alla chirurgia estetica. Pratiche che sembrano uscite da film di
fantascienza stanno diventando sempre più comuni. |