Recensione del 22 maggio 1997
Il testo e il computer
Nel corso delle nostre esplorazioni nell'affascinante territorio del digitale abbiamo
spesso attraversato le linee di frontiera con domini e territori apparentemente estranei a
qualsiasi rapporto con le tecnologie informatiche. In particolare più volte ci è
capitato di parlare del rapporto tra informatica e letteratura.
Un interessantissimo libro uscito in questi giorni ci dimostra come questo rapporto sia
assai produttivo ed interessante.
Il titolo è assai eloquente: Il testo e il computer, Manuale di informatica per gli
studi letterari, di Giuseppe Gigliozzi, che abbiamo avuto più volte come ospite nei
precedenti cicli di Mediamente.
Che il rapporto tra i due mondi sia assai contrastato ce lo conferma lo stesso autore
sin dalla prima frase del libro:
"L'incontro di una persona che si occupi di letteratura con una
qualunque materia scientifica non è quasi mai una faccenda indolore."
Ma se si riesce a superare il dolore iniziale, l'incontro con l'informatica apre al
letterato prospettive di lavoro e di studio veramente interessanti e promettenti. E il
libro di Gigliozzi, nato da una esperienza di ricerca ormai più che decennale nel settore
ibrido della Informatica Umanistica, che l'autore a svolto come ricercatore universitario,
ne è una puntuale dimostrazione.
Dopo una utile introduzione ai fondamenti dell'informatica, il manuale mostra come
l'officina del critico letterario, una volta accolto l'infernale attrezzo, si arricchisca
di nuovi e potenti strumenti.
Parte di questi strumenti permettono di fare meglio, e con maggiore velocità, cose che
prima richiedevano anni. Ad esempio le concordanze dei testi letterari. Ovvero quelle
lunghe liste che elencano le parole usate da un autore in un libro e il luogo preciso in
cui sono state utilizzate. O le frequenze, ovvero il calcolo di quante volte un autore ha
usato una certa parola.
Ma come sempre la quantità si trasforma in qualità. Ed ecco l'uso di programmi nati,
appositamente sviluppati per l'analisi del testo, che a partire da concordanze e
frequenze, permettono al critico di studiare lo stile di un autore, o di individuare le
famiglie di parole e dunque le famiglie di concetti e di tematiche che ne caratterizzano
l'opera. O ancora di studiare con rigore la forma metrica della poesia. E tutto questo è
applicabile ad una quantità di testi enorme.
Per non parlare poi delle possibilità aperte dalla editoria elettronica, dagli
strumenti ipertestuali, e dalla rete nella preparazione di edizioni dei testi. O ancora
della frontiera rappresentata dalla intelligenza artificiale applicata allo studio dei
testi letterari.
Ma accanto alla parte strettamente manualistica, Gigliozzi non tralascia mai di
evidenziare come l'incontro tra testo e computer è possibile solo a patto che il
letterato accetti di assumere una nuova forma mentis. L'informatica infatti, per quanto
sia sempre più user friendly, amichevole, ha le sua leggi: il computer infatti non
tollera le incertezze e le ambiguità. Nel passaggio al mondo dei bit l'umanista deve
accettare di misurarsi con quelle leggi e di trasformare il suo bagaglio culturale. Deve,
in un certo senso, diventare un po' scienziato. |