Dalla TV alla rete RAI Educational

Navigazione del 23 aprile 1997

Bimbi belli della mamma fate la ninna fate la nanna


MSN logoI produttori di giocattoli e le altre compagnie che si occupano di prodotti per l'infanzia hanno avuto fin dall'inizio un pessimo rapporto con la rete. Lo scorso anno molti siti web statunitensi che pubblicizzavano prodotti per bambini sono stati subissati di critiche dalle associazioni di consumatori per il modo in gestivano la vendita di quei prodotti attraverso la rete.

TopolinoVenerdì gli industriali hanno messo a punto un documento di autoregolamentazione che individua alcuni meccanismi per la salvaguardia dei più giovani. L'intenzione è quella di rendere più sicura per i bambini la navigazione su rete evitando di farli imbattere in messaggi commerciali nascosti e di riflesso di rendere più sicuro per un commerciante un investimento pubblicitario in rete, un mercato, di fatto, ancora vergine.

Questi sono gli standard che commercianti e pubblicitari on line hanno deciso di adottare.

  1. I pubblicitari dovrebbero ottenere il permesso dei genitori prima di porre domande personali;
  2. i bambini dovrebbero capire con chiarezza che stanno comprando qualcosa;
  3. una evidente linea separatoria dovrebbe essere posta tra il contenuto editoriale e la pubblicità.

E' stato stimato che nel 1996 sono stati spesi qualcosa come 1.6 milioni di dollari per pubblicità su siti diretti ai bambini (anche se il 90% del totale è stato diviso tra le pagine della Walt Disney e la sezione di Yahoo specificamente diretta ai più piccoli: Yahooligans)

Il numero di bambini che fanno uso di servizi on line è passato dai 2 milioni del 1995 a 4 milioni nel 1996 e le stime dicono che entro il 2002 saranno 20 milioni. Il che ci da una chiara idea del mercato che viene ad aprirsi.

Nonostante l'impegno la proposta è stata accolta freddamente negli Stati Uniti. Il centro per l'educazione ai media, una delle associazioni più impegnate per la questione del rapporto tra bambini e mezzi di comunicazione, ha sostenuto che le linee guida definite dagli industriali non offrono a bambini e genitori adeguata protezione in materia di privacy.

Il pericolo che il centro denuncia è proprio questo, che alcuni siti spacciati per siti educativi per bambini siano invece veri e propri collettori di informazioni per elaborare nuove strategie di marketing e pubblicizzare determinati prodotti.

"L'abilità di raccogliere informazione su ogni cittadino e in particolare sui bambini direttamente o nascostamente attraverso i nuovi mezzi di comunicazione dà a commercianti e pubblicitari un certo controllo sul comportamento del consumatore.", dice Jeffrey Chester del centro per l'educazione ai media.

Lo scorso anno il centro ha fatto la sua proposta. La più evidente differenza tra i due sistemi è il ruolo del controllo dei genitori. Il centro pretende che i commercianti si assicurino di avere il permesso dei genitori prima di chiedere informazioni private ai bambini, gli industriali ritengono, e non hanno tutti i torti, che la questione sia difficilmente risolvibile dato lo stato attuale delle risorse tecnologiche.

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Ma il centro per l'educazione ai media non è solo nella sua lotta. Gli esperti federali prendono molto sul serio la questione della privacy dei bambini. A giugno la commissione per il commercio terrà un laboratorio di discussione sull'argomento. La questione ha anche attirato l'attenzione della Casa Bianca che ha emesso una bozza di lavoro sul commercio elettronico mentre il congresso sta considerando l'opportunità di promulgare una legge che fissi delle regole all'accesso dei bambini all'informazione. torna a inizio pagina