Approfondimento del 20 marzo 1997
Verso la clonazione umana?
Nelle
settimane scorse si è molto parlato di clonazione, e ne abbiamo parlato anche noi: un
tema caldo, dopo gli esperimenti che hanno coinvolto l'ormai famosa pecora Dolly clonata
al Rosling Institute in Inghilterra e le due scimmiette Neti e Ditto, clonate nell'Oregon.
Oggi vorremmo tornare sul tema. Abbiamo infatti condotto, via Internet, una inchiesta
un po' più approfondita sulla situazione delle ricerche sulla clonazione. Cosa abbiamo
scoperto? Vediamolo insieme.
Il dibattito sulla clonazione, in rete, continua ad essere accesissimo. Basta scorrere
velocemente la gran mole del materiale disponibile per rendersi conto di alcune cose.
Innanzitutto, la tendenza dei media "tradizionali" - a cominciare da giornali e
televisione - a creare e bruciare notizie nello spazio di un giorno, col risultato di
concentrare l'attenzione su dati spesso inesatti, o interpretati superficialmente.
Stabiliamo allora qualche punto fermo: perché l'esperimento condotto su Dolly è tanto
importante? Perché si tratta della clonazione di un mammifero, una pecora, condotta a
partire dalla cellula di una pecora adulta. Anche se, scopriamo attraverso una rapida
ricerca in rete, clonazioni di questo tipo sono state già effettuate per animali meno
complessi di una pecora: ad esempio, e già nel 1952, su delle rane.
Esiste però anche un altro tipo di clonazione, quella che anziché partire da una
cellula di un animale adulto parte da una cellula non ancora differenziata, una cellula
tratta cioè non da un animale adulto, ma da un embrione. E questo secondo tipo di
clonazione è molto meno complesso. Alcuni biologi italiani hanno avanzato il sospetto che
in realtà anche la clonazione di Dolly possa ricadere in questa categoria, rivelarsi
insomma un esperimento molto meno rivoluzionario di quanto non possa apparire a prima
vista.
E, scopriamo ancora in rete, questo secondo tipo di clonazione è stato già tentato
anche per l'uomo. Nell'ottobre 1993, infatti, il dottor Robert J. Stillman,
responsabile del gruppo di ricerca presso il George Washington Medical Center di
Washington, annunciò sulla rivista Science di aver clonato 17 embrioni
umani, ottenendo 48 cloni. Per ridurre i problemi etici, l'esperimento fu condotto su
embrioni che, per la modalità della loro fertilizzazione, non si sarebbero comunque
sviluppati in individui adulti, e nessuno degli embrioni clonati fu fatto sviluppare. Ma
questo la clonazione di embrioni umani è già una realtà.
Nel 1993, l'esperimento di Stillman provocò notevole attenzione: Time Magazine gli
dedicò la copertina, l'équipe del George Washington Medical Centre fu per qualche
settimana nell'occhio dei media, ospite di trasmissioni televisive popolari come Good
Morning America e Larry King Show. Ma a soli quattro anni di distanza i media tradizionali
sembrano essersene del tutto scordati.
E capita così che notizie come quella della "clonazione accidentale" di un
embrione in Belgio abbiano per una giornata le prime pagine dei giornali, e ne spariscano
il giorno dopo come "bufale". In realtà la notizia belga non è una novità:
come si è detto, la clonazione di embrioni umani era già stata ottenuta, non
accidentalmente ma in seguito a un esperimento consapevole, da Stillman. E si tratta in
entrambi i casi di una "clonazione" che coinvolge solo cellule indifferenziate,
e non cellule adulte: un meccanismo per certi versi non dissimile da quello che avviene in
natura quando nascono gemelli monozigoti. D'altro canto, la notizia belga non è neanche
una bufala completa: indica che un tipo di clonazione umana, quella riguardante le cellule
embrionali, in sostanza la creazione di "gemelli artificiali", è già alla
nostra portata, anzi, è già stato realizzato. E questo naturalmente deve farci
riflettere.
Alla bioetica, come forse ricorderete, è stata dedicata una delle ultime puntate del Grillo.
Ed è proprio alla nostra trasmissione-sorella che vorremmo demandare questa riflessione.
Dal canto nostro, ci limitiamo ad osservare come, sulla clonazione come su molti altri
argomenti, un medium come Internet abbia un vantaggio decisivo sui media tradizionali:
quello di non perdere troppo facilmente la memoria, di mettere a disposizione non solo la
notizia "calda" ma anche archivi, materiale di riferimento, documentazione.
Tutti strumenti che, proprio davanti a una notizia "calda", possono aiutare a
verificarne la portata effettiva e l'effettivo significato. |
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