INTERVISTA:
Domanda 1
Professor Nicola Tranfaglia, quando è stato redatto nel 1848 l'Editto sulla stampa, il
74% degli italiani era analfabeta e votava il 2% della popolazione, però, comunque, si
presero misure per garantire la libertà di stampa e contemporaneamente qualche
contromisura per limitarla. Come mai questa importanza immediata alla stampa che pure
poteva essere così poco consumata?
Risposta
L'importanza derivava dal fatto che quella stampa, quei giornali, parlavano alle classi
dirigenti del paese e quindi avevano una grande influenza su quelli che prendevano le
decisioni a livello politico e istituzionale. Il Corriere della Sera, che è stato
il giornale che negli ultimi decenni dell'Ottocento è diventato il primo quotidiano
italiano, restandolo per lungo tempo, e da alcuni anni riprendendo ad esserlo, era un
giornale che si leggeva molto in tutte le sedi istituzionali che contavano, come si poteva
vedere dal modo in cui erano titolati e scritti gli articoli. La prima pagina dei
quotidiani di quel periodo era fatta per un pubblico ristretto, scritta in un linguaggio
che non solo quel 74% ma anche altri, che erano alfabetizzati, non sarebbero stati in
grado di cogliere, e direi che questa è stata una caratteristica genetica della stampa
italiana e che poi è rimasta per molto tempo. Per chi studia storia della stampa è
impressionante vedere le scarse differenze che ci sono tra il periodo della caduta del
fascismo e quello dei primi anni della Repubblica, tra i modelli di quotidiani che c'erano
negli anni Trenta e quelli che c'erano negli anni Cinquanta fino agli anni Sessanta. Il
giornale che ha incominciato a rompere questa crosta è stato sicuramente il Giorno
nel 1956, ma è stato un processo non immediato, ci sono voluti molti anni e poi la
successiva scossa è avvenuta, nel giornalismo italiano, con l'uscita di Repubblica
nata da una costola dell'Espresso e quindi con tutte le caratteristiche e i caratteri di
un giornale che, come gli altri settimanali, tentava di rivolgersi ad un pubblico più
alto.
Domanda 2
Quindi il fascismo ha in qualche modo influenzato, per molti anni a seguire, il modello
giornalistico anche dal punto di vista del linguaggio?
Risposta
Il fascismo ha portato alle estreme conseguenze un processo che c'era già nell'Italia
liberale. Per fare l'esempio di un uomo politico, che è stato sicuramente un riformatore
nell'Italia liberale, e cioè Giolitti, se si guardano le sue carte pubblicate, in parte
comunque presenti nei nostri archivi, si vede che attraverso i Prefetti e attraverso il
Ministero dell'Interno arrivavano sovvenzioni o punizioni ai giornali in base
all'atteggiamento che avevano nelle elezioni. Quindi direi che i rapporti, per esempio tra
governo e giornali nell'Italia liberale, già c'erano; naturalmente il fascismo essendo
una dittatura ma, notate bene, la dittatura di un uomo come Mussolini che aveva fatto il
giornalista e che era molto sensibile all'opinione pubblica, ha portato alle estreme
conseguenze questo e la stampa è stata completamente asservita, dopo una resistenza di
alcuni anni, da parte della Federazione Nazionale della stampa. Poi, attraverso gli ordini
alla stampa e alle veline, ha cercato di pubblicare un solo giornale con alcune variazioni
lasciando un minimo di libertà al Corriere della Sera perché bisognava lasciare
quella libertà, un minimo di libertà alla Stampa, un minimo di libertà al Secolo
XIX di Genova ma, nella sostanza, asservendo i giornali e facendoli diventare un filo
diretto rispetto al potere politico e all'esecutivo. Questo, naturalmente, ha influito
sulla stampa anche dopo la liberazione. Dobbiamo anche ricordare che nel giornalismo
italiano non c'è stata una vera epurazione. Se escludiamo dei personaggi che avevano
sposato in tutto il fascismo diventandone non solo sindacalisti ma veri e propri corifei,
sono stati pochissimi i giornalisti che non hanno continuato a fare il giornalismo, anzi
studiando quegli anni è curioso vedere come molti di questi nel '45 si dichiarassero di
sinistra per poter rientrare e poi, dopo alcuni anni, tornavano alla destra da cui
venivano, ma avevano fatto alcuni anni nei giornali dei partiti di sinistra per ritrovarsi
una nuova coscienza.
Domanda 3
Quindi la mancata epurazione, in qualche modo, ha influito sulla prosecuzione di un modo
ed un modello di fare giornalismo?
Risposta
Ha sicuramente avuto la sua influenza, l'esempio delle veline è qualcosa che continua ben
oltre il '45. Vorrei solo dire, a vantaggio dei giornalisti, che non è stato l'unico
settore in cui non c'è stata epurazione, questa nella pubblica amministrazione,
nell'esercito, nelle forze armate è avvenuta allo stesso modo.
Domanda 4
Le provvidenze dell'editoria che ci sono state poi negli anni invece Sessanta e Settanta
possono essere lette come un modo di fornire denaro e risorse, o con denaro attraverso la
fornitura di carta o di aiuti per l'acquisto di carta, o è già un'altra storia?
Risposta
E' un po' un'altra storia, nel senso che prima parlavamo della lentezza della
modernizzazione della stampa quotidiana in Italia. In fondo proprio perché erano nati
come strumenti politici, e quindi si preoccupavano poco dei lettori, della diffusione,
della pubblicità, i giornali tardavano a modernizzarsi. La modernizzazione della stampa
in Italia è avvenuta dopo il '45 attraverso i settimanali, non attraverso i quotidiani;
allora, a questo punto, si era determinata una situazione difficile cioè il fatto che
questi giornali, anche perché non modernizzati, perdevano copie e non riuscivano a
resistere. In fondo le provvidenze per l'editoria servivano da una parte a garantire la
continuazione di un certo pluralismo, soprattutto nei confronti di aziende più deboli, e
dall'altra a fare in modo che le testate che volevano farlo si modernizzassero, quindi
sono state un aiuto anche alla modernizzazione. Naturalmente alcuni dei problemi, diciamo
del regime della stampa in Italia, sono rimasti, io vorrei citare il fatto che la nostra
Costituzione non ha stabilito delle norme precise sui finanziamenti ai giornali e questa
mancanza di chiarezza sui finanziamenti è durata per molti anni nella Repubblica, mentre
invece è una Costituzione in cui si garantiscono i diritti sia dei cittadini ad
esprimersi, sia degli altri cittadini a sapere da dove provengono delle opinioni, non è
stato rispettato.
Domanda 5
La storia della stampa è anche storia delle imprese editoriali, delle imprese editrici.
Qual è stato il percorso compiuto dopo il fascismo dalle imprese editrici italiane,
dall'impossibilità dell'editore puro, alla necessità dell'editore industriale, c'è un
filo oppure è la forza delle risorse economiche che ha determinato questo stato di cose,
cioè che molti editori italiani siano industriali?
Risposta
Io direi prima di tutto che bisogna distinguere quotidiani e settimanali, nei settimanali
sono nate delle imprese nel secondo dopoguerra che si sono affermate, basta pensare a
tutti i settimanali della Rizzoli, ai settimanali della Mondadori, ai settimanali della
Rusconi e così via, quindi c'è stata effettivamente una nascita di imprese industriali.
Nel campo dei quotidiani la situazione è stata diversa, ma era in qualche modo anche già
predeterminata, nel senso che i grandi giornali del periodo precedente il fascismo erano
appannaggio o di una famiglia o di una grande impresa, e questo è rimasto, di fatto,
anche successivamente. La questione degli editori puri è una questione che richiama le
caratteristiche del mercato italiano, un grande mercato rende possibili gli editori puri a
differenza di un mercato ristretto. Certo la commistione di interessi industriali, di
altro tipo rispetto agli interessi editoriali, non è un fatto positivo per la libertà e
l'autonomia della stampa in Italia.
Domanda 6
La Federazione Italiana degli editori giornali agli inizi degli anni Settanta quando si
intravedeva la possibilità della nascita delle televisioni private, e quindi la rottura
del monopolio, sposarono con entusiasmo questa tesi delle televisioni private, della loro
nascita, della possibilità di esistenza perché immaginavano, anche dichiaratamente, che
sarebbero stati gli editori di giornali, sia periodici, che quotidiani, a diventare
editori televisivi, è avvenuto esattamente il contrario, cioè l'editore televisivo ha
poi acquistato una delle più grandi case editrici italiane. Come mai è potuto accadere
questo? Un errore di valutazione, un errore strategico, o il mercato segue regole diverse
da quelle che si immaginano?
Risposta
Probabilmente gli editori italiani pensavano che fare i giornali e fare televisione non
fossero cose molto diverse, ho l'impressione che non si siano resi conto che fare
televisione è una cosa abbastanza diversa da quella di editare dei giornali, per varie
ragioni, e quindi hanno sottovalutato la differenza e poi è avvenuto quello che lei dice.
C'è stato un momento in Italia in cui c'è stato addirittura il rischio che alcuni grandi
editori di giornali fossero anche gli editori televisivi e che il cerchio poi si chiudesse
completamente. Questo, per fortuna, non è avvenuto però in compenso abbiamo avuto una
televisione privata che è diventata dominante del mercato, sia dal punto di vista
pubblicitario che dal punto di vista appunto della commistione giornali-televisione.
Domanda 7
In Italia ci sono stati alcuni casi eclatanti, o comunque di rilievo e che fecero
scandalo: il caso Zicari, un agente dei servizi segreti, che era un importante giornalista
del "Corriere della Sera", e poi il caso della P2 e anche lì della sua
influenza in una grande case editrice come la Rizzoli. Come ne è uscita, la stampa
italiana, se ne è uscita, da casi di questo tipo e in qualche modo il sindacato e i
giornalisti hanno potuto o saputo reagire a queste situazioni? Sono evitabili o potrebbero
ricapitare in qualunque momento?
Risposta
Non è facile rispondere a questa domanda. Il caso che lei cita è molto significativo
perché segnò in Italia la massima influenza di una società massonica segreta che si
trovò tra i suoi adepti uomini di vertice sia in campo politico, sia in campo militare,
sia nel campo della magistratura, sia nel campo editoriale e questo investì, tra l'altro,
il maggior quotidiano italiano. Forse la cosa che si può dire di positivo è che questa
gestione del quotidiano del Corriere della Sera procurò una grande crisi del Corriere,
sia dal punto di vista degli uomini, sia dal punto di vista delle vendite. Sono gli anni
in cui il Corriere della Sera perde la supremazia di diffusione e di vendita nel
mondo editoriale italiano attraverso una crisi molto forte; quindi potremmo dire che una
risposta dell'opinione pubblica e in parte anche dei giornalisti c'è stata. Certo non
abbiamo nessun particolare chiavistello contro il possibile ripetersi, perché in questo i
giornali riflettono le caratteristiche della società nel suo complesso. Se la società
italiana non saprà liberarsi completamente delle mafie o delle società segrete, potremmo
trovarci di fronte al ripetersi di fatti simili.
Domanda 8
Lei ha scritto dei saggi e ha curato un volume sulla storia della stampa italiana nell'era
della televisione, cosa ha cambiato la televisione nel modo di fare il giornale e il
giornalismo?
Risposta
La cosa principale è che i quotidiani e la radio avevano una funzione importante per
quanto riguarda le notizie, comunque conservavano un certo primato nel dare le
informazioni, le grandi notizie italiane e estere ai lettori. L'arrivo dei telegiornali e
la diffusione dei telegiornali, la capacità di espansione dei telegiornali, che arrivano
in tempo reale, cioè molto prima dei quotidiani, di fronte a una serie di avvenimenti, ha
posto ai quotidiani il problema di trattare in modo diverso le informazioni, quindi di
abbondare nel commento, che la televisione non può fare per ragioni di tempo, di puntare
su cose che la televisione non riporta. Tuttavia mi sembra che la stampa quotidiana
italiana, rispetto a questa grande trasformazione, non abbia scelto le strade più
difficili ma abbia scelto la strada più facile, cioè quella di inseguire la televisione,
quindi di cercare di vincere la concorrenza con la televisione alla ricerca degli scoop,
alla ricerca del sensazionalismo, alla ricerca degli scandali e direi a volte, in questi
ultimi anni, anche perdendo l'attenzione al rigore delle notizie, al controllo delle
notizie. Quello che vediamo, a livello di diffusione e di vendita, dimostra che questa
strada non paga.
Domanda 9
Nel 1974 viene fondato e inizia la diffusione il Giornale nuovo fondato da Indro
Montanelli, nel 1976 la Repubblica di Eugenio Scalfari, due modi diversi o simili
di intendere il giornalismo?
Risposta
Io vorrei rispondere insieme simili e diversi, simili perché entrambi sono quotidiani
che, in modo più accentuato degli altri, di quelli che c'erano già, si rivolgono ai
lettori dicendo di sostenere non un partito ma un certo tipo di opinione. Un ventaglio di
opinioni che si colloca, nel caso de la Repubblica, a sinistra e, nel caso del Giornale
nuovo, diciamo tra il centro e la destra. Diversi perché la Repubblica, dopo
un breve periodo iniziale, si pone molto accanitamente il problema di essere un giornale
che ha tutto, infatti dopo aver fatto poco più di un anno senza cronaca e senza sport,
aggiunge questi settori e si espande sempre di più e porta alle estreme conseguenze la
settimanalizzazione del quotidiano, sull'esempio dell'Espresso. Il Giornale
nuovo è invece un quotidiano molto più tradizionale che si rifà ai grandi esempi della
tradizione giornalistica italiana, non rinnova né sul piano grafico, né sul piano
dell'organizzazione del giornale.
Domanda 10
Quindi simili e diversi e, mi pare, con un linguaggio molto diverso, però due
successi in sostanza, a fronte di molti tentativi falliti di nuovi giornali in Italia in
questi venticinque anni, perché? Rappresentano le due anime del giornalismo italiano, le
due anime della società, le due anime dei lettori?
Risposta
Mi sembra che il Giornale nuovo di Montanelli e la Repubblica di Scalfari
riflettano non tanto i due modi del giornalismo italiano ma riflettano un po' due
atteggiamenti, come possiamo dire, tutti e due presenti nella società italiana dal punto
di vista politico e culturale in senso lato.
Domanda 11
Quale posto assegna a Silvio Berlusconi nella storia recente del giornalismo e della
stampa italiana?
Risposta
Silvio Berlusconi ha sicuramente un posto molto importante nella nascita e nello sviluppo
della televisione commerciale in Italia, è stato, non da solo ma sicuramente con una
centralità, il creatore di questa stampa commerciale che poi è diventata così forte da
mettere in crisi il servizio pubblico. Sul piano della stampa Berlusconi è stato fin
dall'inizio, se pure indirettamente, non proprio dall'inizio, ma poco dopo, uno degli
azionisti del Giornale di Montanelli e l'evento poi più drammatico è stato lo
scontro con Montanelli nel momento in cui Berlusconi è entrato in politica, è diventato
un uomo politico, e Montanelli non si è trovato più d'accordo nel gestire il Giornale.
Però mi sembra che Berlusconi, mentre ha una grande importanza sul piano della
comunicazione televisiva, sul piano della carta stampata non ha avuto un ruolo
paragonabile.
Domanda 12
Si dice che i media non hanno memoria: quale è la sua opinione? E comunque, a non
avere memoria sono i media, cioè è un modo di produrre e di pensare l'informazione, o
sono i giornalisti?
Risposta
Che i media non abbiano memoria è una cosa che i lettori, questa volta i lettori, e
ancora di più gli storici, possono constatare. Direi che in qualche modo è legato alla
loro funzione. Se lei ci pensa bene, la televisione, che è il più grande mezzo di
comunicazione, nel mondo in cui viviamo, è un mezzo che si fonda sull'eternità del
presente, tutto diventa presenta, annulla, in qualche modo, quella che è invece una
caratteristica fondamentale della storia, che è questo rapporto tra passato e presente,
qui c'è solo il presente. Io non so se anche gli altri media abbiano questa
caratteristica, però non attribuirei questa mancanza di memoria ai giornalisti, gli
uomini hanno la memoria che hanno, mi sembra che siano più importanti i fatti
strutturali, a proposito della memoria, che per quanto riguarda la televisione io
individuo chiaramente proprio in una caratteristica dello strumento, per quanto riguarda i
giornali mi limito a constatare che spesso non c'è memoria.
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