Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Jean Pierre Teyssier

Roma, 22/10/98

L'INA, Istituto Nazionale dell'Audiovisivo francese: iniziative e progetti

SOMMARIO:

  • Per fare sì che la Rete diventi democratica è necessario che il computer sia molto più semplice da usare e meno costoso. Secondo Teyssier è importante che Internet non si trasformi in una forma di democrazia diretta ma che sia utilizzata come rete informativa ma non sostitutiva dell’attuale sistema di voto (1).
  • Tuttavia non si può ancora dire che Internet sia realmente un mezzo di partecipazione o di adozione di decisioni pubbliche perché è ancora troppo poco egalitaria per permettere davvero a una grande maggioranza dei cittadini di intervenire (2).
  • Lo scopo dell’Istituto Nazionale per l’Audiovisivo è fare in modo che le nuove tecnologie riescano a fornire il patrimonio audiovisivo al massimo numero possibile di professionisti dopo averne assicurato la raccolta e la conservazione (3).
  • Agli archivi dell’INA si può accedere anche da casa via Internet. Si fa la richiesta e poi con questa andando all’Inateca si può vedere il materiale richiesto(4).
  • Mentre la visione del materiale è gratuito il suo utilizzo a scopo professionale è a pagamento. La legge assicura all'INA i diritti delle trasmissioni che provengono da reti pubbliche tre anni dopo la loro diffusione. Il pagamento dell'uso delle immagini da parte dei professionisti consente all'Istituto francese la conservazione del materiale audiovisivo (5).
  • La strategia europea degli archivi prevede la creazione di un sistema digitale che metta in comunicazione gli archivi audiovisivi dell'INA con quelli della RAI, e della BBC, con lo scopo di raccogliere tutte le immagini in modo che chi ne ha bisogno possa accedervi (6)(7)(8).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Signor Teyssier, parliamo di democrazia online. In che misura è possibile accedere alla rete? L’accesso è veramente libero oppure esistono degli ostacoli rappresentati dalla commercializzazione selvaggia, a causa della quale i servizi si pagano cari, tanto da far considerare il Web piuttosto come un mercato? Cosa può dire a questo riguardo?

Risposta
E’ vero che l’espressione "democrazia in linea" rimanda ad alcune domande che ci dobbiamo porre: la prima è "la rete Internet è democratica". Evidentemente la risposta è "no". Da un lato l’accesso è difficile, occorre essere in grado di acquistare un computer, bisogna saperlo usare, e poi pagare un abbonamento a un Provider, cioè a un fornitore di accesso, e tutto ciò non è affatto semplice, e non si verificherà mai che la grande maggioranza della popolazione sia in grado di utilizzare tali strumenti. Inoltre, ci sono sempre più servizi a pagamento destinati a restringere ulteriormente l’accesso a Internet. Sicché il problema numero uno delle nostre società, che stanno per diventare società in rete, è di riuscire a generalizzare l’accesso alla rete, renderlo davvero democratico, da una parte dicendo che il computer dovrà essere molto più semplice, meno costoso e tale che la gente se ne possa servire. Questa è la prima questione che possiamo porci. La seconda è la seguente: "la rete serve la democrazia? Internet è o non è utile alla democrazia?" Nel momento in cui si vede il rapporto Starr sull’affare Clinton divulgato a tutta velocità su Internet, viene da chiedersi se questa sia una decisione buona o cattiva per la democrazia. In questo modo si permette l’informazione del cittadino, questo è vero, ma allo stesso tempo si introduce confusione e spettacolarità, mentre in democrazia le decisioni hanno bisogno di riflessione. Arriviamo così, in effetti, alla domanda da lei giustamente posta, "in che modo Internet può aiutare il cittadino a prendere meglio le sue decisioni". In questo senso Internet rappresenta un fattore positivo in quanto rende possibile una maggiore informazione. Oggi abbiamo numerosi siti di alcune città, ad esempio in Europa questo avviene in Italia come pure in Francia, che offrono ai cittadini l’accesso alle informazioni che riguardano il comune, e persino ai consigli municipali. Questo accade via cavo, e ora su Internet, e dunque è vero che questo permette una migliore informazione. D’altra parte, c’è il pericolo di ricorrere a forme di democrazia diretta, ad esempio, si potrebbero chiamare i cittadini a votare attraverso Internet su una decisione da prendere, e questo non va bene perché un voto è una decisione che deve essere meditata, preceduta da una discussione o da una informazione più approfondita. Perciò Internet tanto è utile nel rendere possibile questa pre-informazione, questa pre-decisione, quanto non deve sostituire il voto, non deve far diventare la nostra una democrazia diretta, selvaggia. Dobbiamo mantenere i nostri sistemi di democrazia rappresentativa, perché essi sono il fondamento della nostra democrazia, specialmente in Europa.

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Domanda 2
Per quanto riguarda il rapporto fra la rete e le istituzioni esiste un documento dell’OCSE di circa dieci anni fa, in cui si parla di partecipazione dei cittadini al governo non soltanto nei momenti in cui si prendono le decisioni, ma anche come possibilità di ricevere informazione sui processi che portano alle decisioni. Ora, si tiene conto, a livello di reti e dei "new media", delle indicazioni delle istituzioni, o meglio, esiste davvero una interattività fra istituzioni e reti, oppure ciascuno fa il proprio mestiere, e dunque una regolamentazione non c’è?

Risposta
Non si è che all’inizio di questo processo. Il cavo televisivo, d’altronde, permetteva già negli anni Settanta di rendere partecipi i cittadini. In Canada esistevano televisioni comunitarie che consentivano agli abitanti di una città non solo di assistere ai consigli municipali, ma di decidere, di fare telegiornali su argomenti di interesse comunale ecc. Dunque tutto questo non è proprio una novità, solo che Internet allarga le cose a dimensioni mondiali, planetarie, e dunque è vero che qui c’è molto di più, c’è un obiettivo più ambizioso, molto più impressionante. Non si può ancora dire che Internet sia realmente un mezzo di partecipazione o di adozione di decisioni pubbliche, è ancora troppo poco egalitaria, come dicevamo prima, per permettere davvero a una grande maggioranza dei cittadini di intervenire. Ci sono bensì casi come quello degli zapatisti messicani, per esempio, i quali hanno aperto un sito Internet per la promozione del loro movimento partigiano: è una mossa astuta, ma in fin dei conti non rappresenta davvero un grande dibattito democratico. Internet può certamente diventare uno strumento democratico, ma ci vorrà ancora del tempo.

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Domanda 3
Qual è la strategia dell’Istituto Nazionale dell’Audiovisivo francese (INA), di cui lei è il Presidente, rispetto alla creazione degli archivi?

Risposta
La nostra strategia è il sistema digitale. E’ fare in modo che le nuove tecnologie supportino la nostra missione principale, che è quella di fornire il patrimonio audiovisivo al massimo numero possibile di professionisti dopo averne assicurato la raccolta e la conservazione. Si tratta insomma di archiviare e mettere a disposizione il materiale, sfruttando le tecniche digitali. Questo è il nostro obiettivo strategico, verso il quale marciamo lungo due direttive: dell’istruzione e della ricerca. Ci mettiamo a disposizione dei ricercatori, dei professori, degli studenti, attraverso una biblioteca che abbiamo denominato la "Ina-teca di Francia", e che abbiamo aperto a questi settori del pubblico ormai da tre settimane, all’interno della grande biblioteca che si trova a Parigi. Questa è la prima sezione, che ci permette di fornire immediatamente al pubblico dei ricercatori, degli insegnanti e degli studenti tutto il patrimonio che ogni anno le radio e le televisioni sia private che pubbliche sono obbligate a depositare presso di noi.

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Domanda 4
Ma in che modo si può accedere agli archivi dell’INA?

Risposta
Si va all’Inateca di Francia si cerca nel sistema documentale la trasmissione di cui si ha bisogno. Lo si può fare anche via Internet, dove esistono 900.000 notizie documentali: a casa propria si cerca la trasmissione richiesta, si telefona e quindi si va all’Inateca, e qui si riceve la trasmissione, si legge la cassetta che viene fornita. L’uso professionale delle immagini invece è a pagamento.

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Domanda 5
Questo significa che acquisirete fin da principio tutti i diritti delle immagini che archiviate?

Risposta
La legge ci assicura i diritti delle trasmissioni che provengono da reti pubbliche tre anni dopo la loro diffusione, e le reti pubbliche ci consentono l’archiviazione, ossia ci danno da un lato i materiali, dall’altro i diritti perché sia possibile metterle poi a disposizione di professionisti, e con i soldi finanziamo la conservazione.

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Domanda 6
L’INA ha nei suoi progetti una strategia europea, a livello di archivi? Come quella ad esempio di stringere alleanze con archivi di altri paesi per creare una rete europea?

Risposta
Ho discusso proprio con il Presidente della RAI, Zaccaria, dell’obiettivo di collegare i nostri centri archivistici, ossia le biblioteche della RAI, l’INA in Francia e forse anche la BBC inglese, e i tedeschi, in modo da realizzare un sistema europeo di accesso ai nostri archivi, permettendo così a un produttore, per esempio, di cercare le immagini di cui ha bisogno tanto in Italia che in Francia, in Inghilterra e in Germania. Il sistema digitale deve permettere tutto ciò nel giro di qualche anno, quando avremo evidentemente standard comuni. Sono decisioni che occorre prendere in fretta.

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Domanda 7
A livello di formazione, quali sono i progetti e le iniziative dell’INA? Anche per questo archivio di livello nazionale, ci vorranno operatori qualificati, e inoltre persone che sappiano lavorare con i computer.

Risposta
Sì, è assolutamente indispensabile formare il nostro personale anzitutto in relazione alle tecniche digitali, ed è questo che facciamo attualmente. L’INA ha compiuto uno sforzo gigantesco, perché in pratica ciascun collaboratore dell’INA viene sottoposto ogni anno a uno stage di formazione, e questo la dice lunga sull’importanza di ciò che questo rappresenta. Inoltre facciamo la stessa cosa per i professionisti dell’audiovisivo, del privato come del pubblico, perché noi siamo il primo centro di formazione in Francia relativamente alle tecniche digitali. Questa è per noi effettivamente una preoccupazione primaria.

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Domanda 8
Lo scopo è, dunque, anzitutto quello di raccogliere tutte le immagini in modo che chi ne ha bisogno possa accedervi?

Risposta
Precisamente. Non tutta la programmazione. Noi conserviamo all’incirca il 40% della programmazione, ma è già molto: si arriva a 40mila ore all’anno di radio e televisione, 40mila ore all’anno, e ne abbiamo già 800mila relative a 24 anni. Questo fa capire le ampie dimensioni di questi archivi che pertanto hanno bisogno di una severa selezione per uno sfruttamento ottimale.

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