INTERVISTA:
Domanda 1
Qual è la tesi principale del suo libro "Segmenti e
bastoncini" e perché questo titolo?
Risposta
La tesi principale è quella che si va verso una espulsione dei concetti
astratti dell'insegnamento. Il titolo si riferisce al fatto che la
scienza è nata creando dei modelli astratti degli oggetti concreti. Ad
esempio si può creare un modello astratto dei bastoncini introducendo
il concetto di segmento e dimostrando teoremi di geometria sui segmenti.
Ora la tendenza è quella di espellere il concetto astratto dalla scuola
eliminando, in particolare, il metodo dimostrativo della matematica,
come è abbastanza chiaro, anche se implicito, nei documenti della
Commissione dei Quaranta Saggi, ed eliminando una serie di altri
strumenti concettuali. Noi viviamo in un mondo estremamente complesso, a
contatto con una tecnologia molto raffinata che è basata su concetti
scientifici elaborati nel corso di secoli. Quali informazioni dobbiamo
trasmettere nella scuola su questo mondo tecnologico? Dobbiamo insegnare
anche i principi scientifici alla base della tecnologia o dobbiamo
insegnare solo ad usare la tecnologia? La tesi fondamentale del mio
libro é che la tendenza vincente all'interno della Commissione dei
Saggi e delle intenzioni del ministro sia di fatto, anche se
probabilmente in modo inconsapevole, quella di formare una scuola in cui
si insegni soltanto a consumare prodotti tecnologici senza fornire
nessuna idea dei principi scientifici e della razionalità scientifica
che è alla base della possibilità stessa di costruire la tecnologia;
cioè una scuola, come scrivo nel mio libro, di avviamento al consumo.
Domanda 2
Come pensa che potrebbero essere gestite altrimenti, in una scuola del
futuro, le nuove tecnologie?
Risposta
La scuola dovrebbe usare le nuove tecnologie in due modi. In primo luogo
come strumenti didattici, e questo è evidente, ed è chiaro che può
essere molto utile e molto importante usare le nuove tecnologie nella
didattica, anche se non bisogna invertire il rapporto tra strumento e
fine, come invece è dichiarato esplicitamente da Maragliano. Il
problema è se bisogna usare, ad esempio, la multimedialità per
trasmettere i contenuti scientifici, oppure se la scuola deve essere una
palestra all'uso di prodotti multimediali con il fine di allargare
semplicemente il mercato; è chiaro che, in questo secondo caso, non è
più importante il controllo sulla qualità del prodotto, visto che
l'unico fine è quello di abituare il ragazzo ad usare dei prodotti che
dovrà continuare a comprare da adulto. L'altro tipo di rapporto
auspicabile tra la scuola e le nuove tecnologie è quello di fornire gli
strumenti concettuali di base che permettano, almeno potenzialmente e
almeno ad una parte degli studenti, di essere anche produttori e non
solo consumatori di questa tecnologia. A me a colpito un articolo
scritto dal giornalista Franco Carlini sul Manifesto, in opposizione al
mio libretto, in cui afferma che Russo, da vero matematico alla vecchia
maniera, apprezza del computer solo ciò che è computeristico, ovvero i
modelli di simulazione della sua logica stringente, mentre disprezza
quanto gli appare sfumato o fuzzy. Quello che probabilmente Carlini non
ha capito è che quello che appare fuzzy, sfumato o visivo è
l'impressione che ha l'utente, mentre ciò che è computeristico, cioè
la logica stringente, è ciò che è necessario per costruire il
computer e anche per costruire il software che piace tanto ai
riformatori della scuola. Quindi il problema è se nella scuola
bisognerà imparare solo ad usare il computer, oppure anche a
programmarlo e possibilmente anche a costruirlo. Un altro esempio che fa
lo stesso Carlini è dei beduini che montano antenne televisive sulle
loro tende. A lui sembra un grande progresso il fatto che i beduini,
rimanendo nomadi, passino la sera, all'interno delle tende, a guardare i
programmi televisivi. Io credo ci siano due scelte possibili da parte di
una società beduina: o di rimanere una società beduina, ignorando la
televisione, oppure di imparare a costruire televisori e a fare
programmi televisivi. Una civiltà puramente passiva, di consumatori
puri, mi fa paura; questo è il punto, non vorrei che la riforma della
scuola andasse in questa direzione.
Domanda 3
Quali sono, dal suo punto di vista, i pregi e i difetti della riforma
Berlinguer?
Risposta
Credo che il pregio maggiore del progetto, di quello che per ora si sa
del progetto di riforma Berlinguer, consista probabilmente
nell'innalzamento dell'età dell'obbligo, e i difetti sono connessi al
modo in cui si pensa di realizzare questo innalzamento. Spostando quello
che è oggi il biennio della scuola secondaria superiore nella fascia
della scuola dell'obbligo, una serie di contenuti dell'insegnamento
verranno presumibilmente aboliti. Non si insegneranno più le lingue
classiche in quanto si afferma che la civiltà classica deve essere nota
indipendentemente dalla lingua. Non si insegnerà, temo fortemente, il
metodo dimostrativo in geometria e non si insegnerà più la storia
della letteratura italiana; ci sarà un impoverimento dei contenuti
culturali e questo mi sembra il difetto maggiore. Tentando di allargare
il discorso bisognerebbe analizzarne separatamente i diversi contenuti.
L'idea, i principi ispiratori fondamentali, della Commissione dei Saggi
nominata da Berlinguer, sono quelli dell'alleggerimento dei contenuti,
ma l'importante è capire quali contenuti vengano alleggeriti e in che
direzione. Quindi forse, anche per le mie competenze specifiche, è bene
cominciare a fare un discorso sull'insegnamento scientifico, perché
credo che sia abbastanza diffusa l'idea che occorra potenziare
l'insegnamento scientifico in Italia. Recentemente, per esempio, è
stato dato molto spazio nei quotidiani ad un'inchiesta il cui risultato
era che gli studenti italiani sono tra i peggiori in matematica. Si è
scoperto che circa il 30% degli studenti italiani contro, se ricordo
bene, il 15% dei danesi, non è in grado di risolvere semplici problemi
del tipo: "se in una partita di lampadine ce n'è una certa
percentuale che non funziona, su cento lampadine di quella partita
quante posso aspettarmi che non funzionino?" Ebbene il 30% degli
studenti italiani non sa rispondere a questa domanda mentre solo il 15%
dei danesi è incapace di rispondere. Quello che non è stato
sottolineato in questi interventi sui quotidiani è che questo tipo di
problemi si chiamano tradizionalmente in Italia "i problemi del 3
semplice" e costituiscono parte del programma della quarta
elementare. Quindi alla fine della scuola secondaria superiore esiste
una discreta percentuale di studenti, il 30% diciamo, che non ha ancora
assimilato il programma della quarta elementare. È certamente un
problema grave, ma non può implicare, secondo me, che l'unico, o il
quasi esclusivo scopo della scuola, sia di trasmettere, al massimo
numero di persone, il programma della quarta elementare. Se è questo il
fine della scuola, allora si può ripetere per dodici anni la quarta
elementare e poi finire il percorso scolastico. Allargando la scuola
dell'obbligo temo che la tendenza è proprio quella di continuare a
reiterare, nel tempo, gli stessi tipi di insegnamenti elementari.
Bisogna dire che la situazione della scuola italiana è estremamente
variegata, quindi dipende da quali insegnanti si trovano e in quale
scuola si va. Comunque finora, nel biennio della scuola elementare
superiore, i ragazzi, almeno una parte dei ragazzi, la parte più
fortunata, impara ancora a dimostrare dei teoremi, cioè apprende cos'è
un postulato, cos'è un teorema, cos'è una dimostrazione e queste sono
conoscenze di estrema importanza. Molte persone adulte ritengono di non
aver imparato nulla di importante di geometria perché non ricordano
nessuno dei teoremi che hanno imparato a scuola e non si rendono conto
di quanto sia importante che hanno memoria del significato della parola
teorema, cioè sanno cosa significa una dimostrazione, sanno che cos'è
il rigore, perché alcuni elementi metodologici sono sopravvissuti nella
loro memoria. L'idea della riforma scolastica è quella di trasformare
l'insegnamento eliminando, o diminuendo drasticamente, insegnamenti
considerati antiquati come quello della geometria e introducendone
altri. Tra i contenuti matematici da introdurre di cui si parla
maggiormente c'è il calcolo delle probabilità Io insegno il calcolo
delle probabilità, quindi conosco bene molti motivi per cui è
importante parlare di calcolo delle probabilità nelle scuole
secondarie. Quello che sfugge è che nella prevista sostituzione l'idea
è quella di sostituire i teoremi di geometria con il calcolo delle
probabilità. Nessuno pensa di introdurre teoremi di calcolo delle
probabilità, e quindi esiste un'apparenza in cui si sostituisce il
nuovo al vecchio, e questo riguarda i contenuti. Dal punto di vista
metodologico, invece, si sostituisce l'antico con il più antico ancora,
cioè si sostituisce il metodo dimostrativo, che risale all'antichità
greca classica, con un tipo di matematica pratica, empirica che risale
all'Egitto faraonico, e questo viene presentato come nuovo; non a caso
c'erano i richiami al paleolitico, ai graffiti di Lascaux nella polemica
di Carlini a favore di Berlinguer. Sono molto preoccupato
dell'abbassamento della qualità del metodo scientifico. Un discorso
analogo, e per certi aspetti ancora peggiore, va fatto sulla fisica.
C'è una rincorsa ad inserire, nei programmi della scuola secondaria, e
questo almeno dagli anni ottanta in Italia, argomenti di fisica moderna
come, per esempio, la meccanica quantistica. Nei manuali di fisica che
hanno usato i miei figli, ad esempio, si parla di quark, buchi neri, big
bang ma quello che non viene assolutamente trasmesso è il metodo
scientifico. Un ragazzo che si iscrive all'università, in genere non sa
giustificare il perché è stata introdotta l'ipotesi atomica, cioè non
sa quali fatti vengono spiegati dall'ipotesi atomica, non sa qual è la
fenomenologia corrispondente, il perché del modello, e perché il
modello funziona; sa invece benissimo che l'atomo è costruito da un
nucleo di elettroni, che il nucleo è formato da neutroni e protoni, sa
che esistono i quark. Tutte queste conoscenze sono trasmesse in modo
acritico e mnemonico, e questa conoscenza, di tipo acritico e mnemonico,
sostituisce quel po' di metodo scientifico, molto poco per quanto
riguarda la fisica, che una volta era insegnato nelle scuole.
Domanda 4
Ma come è possibile che questo metodo scientifico sia funzionale alla
creazione di consumatori?
Risposta
Esiste una implicita tendenza a formare dei consumatori. Nel caso della
fisica si tratta di consumatori di fantascienza, di videogiochi. Esiste
un libro, recente, che si intitola La fisica di Star Trek in cui lo
scopo dell'insegnamento della fisica è quello di riuscire a seguire le
ipotesi scientifiche presenti nella serie dei telefilm di Star Trek.
Questa tendenza è presente nel linguaggio di certi videogiochi in cui
si parla di buchi neri, oppure nella pubblicità degli aspirapolveri.
C'è, ad esempio, una pubblicità degli aspirapolveri basata sul
concetto di buco nero. Quello che non è chiaro è che la scienza è
nata e si è sviluppata elaborando modelli teorici di fatti concreti.
Allora non ha senso introdurre un termine scientifico, che è
all'interno di un modello, se non si sa quel modello di quali fatti
concreti è il modello. Faccio un esempio banale: è inutile insegnare
ai bambini della scuola elementare che la terra gira intorno al sole se
non si spiega quali fatti vengono spiegati da questa ipotesi che non
possono essere spiegati da una teoria geocentrica. In realtà che la
terra giri intorno al sole è un'ipotesi che permette di spiegare in
modo semplice le retrogradazioni planetarie, ma io temo che la
maggioranza dei miei colleghi non sappiano più cosa siano le
retrogradazioni planetarie, il che significa che questo insegnamento
rimane un insegnamento vuoto. È rimasto il guscio vuoto della
conoscenza. Non si sa più qual è il significato, il valore,
dell'eliocentrismo e si parla invece di buchi neri, che servono per
spiegare la fenomenologia di un evento che è inaccessibile allo
studente della scuola secondaria; e quindi si dicono, in realtà, cose
prive di senso. La mia tesi fondamentale è quella dell'organizzazione,
io credo inconsapevole, di una scuola orientata al consumo. Io credo che
ci siano problemi reali di difficile soluzione e non penso che ci sia la
cattiva volontà di alcune persone. Per questo il problema è di
difficile soluzione. Il problema reale è che le modifiche del sistema
di produzione degli ultimi dieci anni hanno creato una struttura
estremamente fragile, una piramide estremamente aguzza per cui c'è una
massa di popolazione interessata al consumo di oggetti di tecnologia
raffinata, che sono prodotti consumati sulla base di competenze di una
percentuale minima della popolazione. Ormai senza computer non si può
vivere. Anche le persone che non usano il computer a casa propria,
comunque usufruiscono indirettamente dell'uso dell'elaborazione
automatica quando vanno in banca, quando fanno qualsiasi servizio.
Tuttavia le conoscenze necessarie per costruire un computer non solo non
sono fornite dalla scuola secondaria né sono fornite all'università,
ma non sono presenti neppure nella grande maggioranza delle aziende
costruttrici di computer. Quando l'Olivetti faceva ancora computer,
nessuno all'Olivetti sapeva come costruire una CPU, le CPU venivano
semplicemente comprate, e questo è vero per la grande maggioranza delle
aziende produttrici. Le vere competenze necessarie per gli elementi
essenziali della nuova tecnologia sono racchiuse nelle teste di alcune
decine di persone che stanno in alcuni posti privilegiati in Giappone e
negli Stati Uniti. Cosa deve essere insegnato al resto della
popolazione, alla massa? L'interesse dell'industria verso la scuola, non
è più tanto quello di una scuola che possa dare delle competenze per i
futuri dipendenti dell'industria stessa, perché tanto di persone
competenti ce n'è bisogno di un numero talmente piccolo, che in qualche
modo si spera di trovarle comunque. La scuola è coinvolta soltanto come
strumento per fornire nuovi consumatori; d'altra parte c'è la
difficoltà oggettiva, il fatto che capire realmente le nuove tecnologie
è molto difficile, quindi perché lo studente dovrebbe sforzarsi di
capire cose difficili se questo non gli da un vantaggio, un'attività
lavorativa? Questo comporta una forte pressione ad abbassare il livello
dell'insegnamento, che non è controbilanciata, in modo adeguato, da una
richiesta di competenza da parte del sistema produttivo. Io ritengo che
questo sia il problema reale a cui ci troviamo di fronte, ed è un
problema molto serio.
Domanda 5
Lei come pensa che dovrebbero essere gestite, in una scuola del futuro,
le nuove tecnologie?
Risposta
Il punto essenziale è, da una parte, usare le tecnologie in modo
strumentale, per dei fini che siano esterni alle tecnologie stesse,
quindi per l'apprendimento della matematica, della fisica, della storia,
di tutti i contenuti che si ritiene essenziale trasmettere e,
dall'altra, fornire delle conoscenze sulle tecnologie stesse.
L'importante è che queste conoscenze non possono essere, almeno nella
scuola secondaria, così dettagliate da contenere una descrizione del
reale funzionamento degli apparecchi che i ragazzi stessi possono usare,
ma questo non implica che non bisogna dare alcuna conoscenza, perché in
questo modo si diffonde un atteggiamento magico verso la tecnologia. Se
io prendo l'aereo posso ignorare le conoscenze di ingegneria aeronautica
necessarie per progettare un aereo ma, possibilmente, non devo pensare
di entrare nella pancia di un grande uccello d'acciaio Bisogna cioè
conoscere gli elementi essenziali di razionalità scientifica, di
razionalità tecnologica, che fanno capire come l'aereo sia un prodotto
possibile dell'attività razionale umana. Quello che è importante non
è inseguire l'ultima moda tecnologica ma insegnare dei principi di
base; ad esempio, far capire come sia possibile lo sviluppo dei
laboratori automatici, anche se poi non si spiega come è fatto l'ultimo
modello di computer; insegnare dei linguaggi di programmazione semplici
perché fa capire, in linea di principio, come sia possibile lo studio
dei programmi, anche per chi poi non farà professionalmente il
programmatore e non è in grado di controllare la grafica come può fare
un professionista. Non inseguire quindi l'ultima moda della tecnologia
ma insegnare i principi di base Per esempio, negli esperimenti di fisica
io credo che sia essenziale non usare sempre e solo strumenti basati su
una tecnologia estremamente raffinata perché impediscono poi al ragazzo
di capire effettivamente cosa accade e gli sottraggono anche la
possibilità di fare veramente delle misure. Mio figlio studia fisica
all'Università La Sapienza di Roma ed alcune delle esperienze di
laboratorio che fa consistono nel misurare, ad esempio, l'accelerazione
di caduta di un grave; l'accelerazione di caduta viene misurata
automaticamente con dei sottodìadi che scattano automaticamente via via
che il grave scende a certi livelli e i dati vengono inviati
direttamente ad un computer collegato ad un cronometro che ne calcola il
tempo. Mentre il computer riceve i dati e li elabora quello che deve
fare lo sperimentatore, cioè lo studente del corso di laboratorio, è
semplicemente premere un bottone e ricevere un tabulato in cui i dati
sono stati già ridotti ad un grafico e sono stati anche elaborati
statisticamente. Io credo che da un esperimento del genere s'impari
veramente molto poco. Per imparare di più bisogna usare una tecnologia
superata. Secondo me, una possibile soluzione è quella di non usare
semplicemente la tecnologia di cinquant'anni fa ma elaborare, a scopi
didattici, una tecnologia i cui principi di funzionamento siano più
trasparenti, eventualmente usando anche, ovviamente, i metodi raffinati
della tecnologia attuale. Finalizzandoli però a fini didattici, se
questo è il fine che si vuole realizzare. Non usare semplicemente
l'ultimo apparecchio più efficiente anche nella scuola come
nell'università, per promuovere un uso critico e possibilmente
razionale della tecnologia.
Domanda 6
In questa scuola che si sta prefigurando quale spazio può avere la
cultura classica?
Risposta
Il rischio maggiore è quello di riservare, come è scritto nel
documento dei Quaranta Saggi, la conoscenza in particolare delle lingue
classiche, cioè del latino e del greco, a delle sezioni di studio
particolari, una specie di riserva indiana destinata a formare i futuri
studiosi di antichità. Quindi c'è l'idea che sia giusto insegnare il
latino e il greco soltanto alle persone che vogliono fare gli studiosi
di antichità di professione, tutti gli altri avranno della cultura
classica soltanto conoscenze vaghe che si possono ottenere guardando
filmati, prodotti multimediali, imparando dove si trovano i monumenti.
Io credo che esista un legame profondo, di cui le persone in genere non
sono consapevoli, tra la rottura del rapporto con la cultura classica,
che già è andato molto avanti per esempio negli Stati Uniti d'America,
e le tendenze irrazionaliste all'interno della scienza. Quando si parla
di cultura classica si pensa alle Orazioni di Cicerone, si pensa forse
ai lirici greci ma non si pensa, quasi mai, ad Euclide o ad Archimede.
Uno dei prodotti essenziali della cultura classica è stata
l'elaborazione del metodo scientifico. Attraverso una serie di canali,
spesso inconsapevoli, esiste un legame tra lo studio della cultura
classica ed il metodo scientifico stesso. Uno di questi canali,
naturalmente, è stato finora lo studio della geometria euclidea nelle
scuole, ma non è stato l'unico. Ad esempio anche lo studio dell'analisi
logica, che si faceva tradizionalmente nelle scuole, era un tipo di
insegnamento che risaliva direttamente ad elaborazioni di epoca
ellenistica e che ha svolto di fatto una funzione nell'educazione al
pensiero razionale. Invece se non serve più per tradurre dal latino e
dal greco, l'analisi logica viene perduta e viene perduta
contemporaneamente la geometria euclidea. Allora non è un caso che poi
anche il tipo di insegnamento scientifico evolva nella direzione in cui
dicevamo prima, cioè nella direzione di spiegare la terminologia usata
nei telefilm di Star Trek. Sarebbe importante mantenere invece un legame
con la cultura classica però modificando radicalmente il baricentro
dell'interesse. Sarebbe molto interessante, per esempio, leggere nelle
scuole qualche opera di Archimede; sarebbe un'introduzione al metodo
scientifico molto più seria del contenuto della maggioranza dei libri
di fisica oggi in commercio.
|
|