Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Marco Ricolfi

Pavia, 04/10/1996

"Libertà d'espressione e diritto d'autore sulla rete"

SOMMARIO:

  • In Italia non esiste una legge corrispondente al "Decency Act" americano, ma solo l'articolo 21 della costituzione che garantisce la libertà di espressione in tutte le sue forme (1).
  • Per mantenere la libertà d'espressione che in rete è garantita dal diritto all'anonimato si deve limitare questo stesso diritto: per navigare non e' necessario dichiarare la propria identità; quando, invece, c'è un procedimento giudiziario in corso deve esserci l'obbligo, per il provider, di fornire i dati relativi alla persona chiamata in causa (2).
  • Il provider non può avere alcuna responsabilità penale in caso di violazione di copyright da parte di suoi clienti (3).
  • Rispetto ai casi di diffamazione, per esempio, non si puo' attribuire al service provider la stessa responsabilità sui contenuti che ha un editore di una casa editrice o di una rivista (4) (5).
  • Il problema della moralità e decenza di ciò che è sulla rete è molto difficile da definire. Si deve tenere conto soprattutto del fatto che Internet implica sempre un accesso volontario, diversamente dalla TV, e, quindi, chi sceglie è l'utente (6) (7).
  • Un controllo stretto dei contenuti, della loro decenza, si deve effettuare per radio e TV ma non per Internet. Il giudizio sul tasso di pornografia o violenza delle immagini dovrebbe essere affidato ad associazioni di volontari (8).
  • Introdurre chip di controllo sulle trasmissioni televisive non significa autorizzare un'ingerenza dello Stato nella vita privata degli spettatori; infatti l'uso del chip é volontario (9).
  • Nel caso di inchieste giudiziarie il diritto alla privacy deve combinarsi nel giusto equilibrio con il diritto all'informazione (10).

biblioteca
torna a personaggi
torna a tematiche
search

back

home page

INTERVISTA:

Domanda 1
Professore, buongiorno! Vorremmo parlare con Lei del grande dilemma della libertà di espressione su rete ; le giurisdizioni statunitensi più avanzate hanno stabilito, con l'abrogazione del "Communication decency act" del '96, che un controllo preventivo sulla comunicazione in Internet è illegale e viola il primo emendamento. Quale è la situazione in Italia della tutela della libertà di espressione?

Risposta
Intanto, dobbiamo tener presente che in Italia non abbiamo un corpus legislativo come il "Communications act", e che tardiamo a pensare che la libertà di espressione si applichi al di fuori del campo tradizionale della stampa e della televisione; dunque, non abbiamo norme specifiche di cui disporre. Abbiamo, però, l'articolo 21 della Costituzione, l'esatta controparte del primo emendamento degli Stati Uniti, che protegge la libertà di espressione in tutte le sue forme, e, quindi, ritengo anche sulle reti ed Internet ; questa libertà di espressione ha fondamento assoluto e quindi interviene tutte le volte che non si sia commesso un reato, tutte le volte che venga espressa un'opinione che non sia lesiva per la norma penale o che non sia produttiva di danni civili.

Back

Domanda 2
Il diritto all'anonimato che la Corte Suprema degli Stati Uniti, in diverse occasioni, ha ribadito essere parte integrante del diritto e della libertà di espressione, Lei crede che vada tutelato in maniera così assoluta?

Risposta
Ritengo che, quando si parla di libertà di espressione su Internet o su mezzi di comunicazione in rete, si voglia dire che non è ammissibile che ci sia un service provider che assume il ruolo di "editor", svolgendo una funzione editoriale di controllo. La nostra legge costituzionale impedisce la censura preventiva, non la responsabilità penale una volta che l'opinione è stata espressa. Il presupposto perché questo meccanismo funzioni è che sia riconoscibile il soggetto che ha violato la legge penale o ha violato i diritti altrui. Questa esigenza di riconoscibilità vuole dire identificabilità, ed è in contrasto con l'anonimato. Ritengo, quindi, che l'anonimato sia incompatibile con il contemperamento tra la libertà di espressione e la responsabilità del soggetto che viola la legge. L'anonimato, d'altro canto, è dentro una sfera di protezione che si deve arrestare ad un certo punto; io posso comprendere che il soggetto non voglia essere identificabile da tutti sulla rete, mentre è online; non capisco, viceversa, che resti non identificabile di fronte ad un ordine della corte per far valere le sue responsabilità. Anonimato vuol, quindi, dire, che il soggetto può scegliere di non comparire nel momento in cui viene ad essere presente ed esprimere la sua opinione online; ma nel momento in cui si innesca un procedimento giudiziario è indispensabile che, quanto meno, il service provider lo sappia identificare. Questo vuol dire che non è possibile essere clienti di un service provider se non si è identificati in un modo credibile e corretto al momento in cui si è stipulato il contratto con il service provider stesso.

Back

Domanda 3
In caso di illecito nella comunicazione via Internet, è stato ventilato nel dibattito in atto una possibile responsabilità vicaria dell'operatore di sistema, del provider.

Risposta
La escluderei assolutamente sotto il profilo della responsabilità penale. Il problema si pone piuttosto dal punto di vista delle responsabilità per violazioni di diritti d'autore o altri diritti di proprietà industriale. In questo contesto, effettivamente, ci si può domandare se nel caso in cui il service provider sia consapevole di quello che avviene non si abbia una responsabilità vicaria. E' d'esempio un caso che si sta discutendo negli Stati Uniti, il bulletin board, attraverso il quale avviene un uploading-downloading di musica in violazione dei diritti dei produttori di fonogrammi. Dal momento che il bulletin board è stato aperto con questo specifico scopo, non si può dire che il service provider ignorasse questa situazione; anzi, si può dire che ha messo a disposizione gli strumenti specifici per realizzare una violazione del copyright. Probabilmente, in questo caso, si deve ritenere che si abbia una responsabilità vicaria del service provider, e direi anche che non ci sono dei problemi di libertà di opinione che in questo modo vengono guardati; il diritto d'autore è una cosa, la libertà di espressione è un'altra.

Back

Domanda 4
Infatti, le sezioni previste in materia di responsabilità civile per il provider vengono stabilite da una legge federale ben precisa che è l'"Electronic communication privacy act" dell'86. Proseguendo, nel caso di diffamazione cosa accade?

Risposta
Nel caso di diffamazione io credo che si tratti di vedere nuovamente che cosa fa concretamente il service provider; credo sia molto diversa la funzione dell'editore di una rivista o di un giornale. L'editore di una rivista o di un giornale è un creatore che ha controllo sulla scelte dei collaboratori, sul contenuto delle parti e sul montaggio di una parte con l'altra. Viceversa, quando parliamo di un service operator, dobbiamo pensare che tutto avviene "online" attraverso delle partecipazioni di soggetti che non sono richiesti di iniziativa del service provider, ma che si rivolgono al service provider per trovare uno spazio aperto di discussione. Quindi, nel primo caso, l'editore svolge istituzionalmente una funzione di controllo e di partecipazione; nel secondo caso è soltanto un soggetto che fornisce uno spazio nel quale altri individui, interattivamente, creano qualcosa a cui il service provider è estraneo. Ora, questo non vuol dire che il service provider sia assolutamente fuori da qualsiasi forma di responsabilità; se viene creato un bulletin board per lo scambio di musica, evidentemente il service provider è consapevole, anzi, ha dato strumento per un illecito; ma se lo stesso sito non è stato creato con la finalità di calunniare delle persone, bensì con il fine di discutere, ad esempio, della politica sanitaria di un certo paese, e nel corso del dibattito qualcuno dei soggetti che interagiscono tra di loro istantaneamente, "online", si lascia ad andare a giudizi pesanti che sono, consapevolmente, diffamatori, diventa responsabile quel soggetto; questo è il motivo per cui non ci può essere l'anonimato; il service provider non ha la possibilità di prevedere un momento prima, cosa verrà detto un momento dopo.

Back

Domanda 5
Mi sembra di capire che lei stabilirebbe un controllo preventivo sul fine del singolo board o del singolo sito su Internet. Chi può stabilire questo controllo preventivo?

Risposta
Semplifichiamo molto il problema: quando il service provider svolge delle funzioni che sono paragonabili a quelle dell'editore, perché preannuncia un fine e crea degli strumenti per realizzare quel fine -dei momenti da lui controllati in cui si svolge l'attività-, ha la stessa responsabilità dell'editore. Se invece ci trovassimo fronte ad una situazione nella quale il service provider mettesse a disposizione degli spazi che sono riempiti di contenuto da soggetti che interagiscono al di fuori della sua partecipazione, egli non è più un editore. Quindi, direi che la regola può essere: l'editore risponde, il service provider editore non risponde.

Back

Domanda 6
Cosa può dirci a proposito dei problemi legati alla decenza e alla moralità?

Risposta
C'è ancora un altro problema che possiamo voler esaminare, ed è quello collegato alla globalità di Internet, delle reti. Alcune norme penali presuppongono degli standard di morale comune, come nel caso dell'oltraggio al pudore o la violazione alla decenza. In questi casi, la grossa difficoltà si pone anche a prescindere dalla posizione del service provider. Per alcuni soggetti, certi tipi di espressione o di immagini non sono pornografiche, non sono indecenti; ma questo è uno standard che può benissimo aver valore a New York, a Londra piuttosto che a Milano, ma che può essere, comunque, gravissimamente offensiva dei costumi, della mentalità dei paesi arabi, in cui, ad esempio, le donne sono coperte da un velo. Questo è un problema che -veramente- non si sa come si possa risolvere; anche perché, evidentemente, non è possibile un oscuramento di Internet in alcuni paesi. Rispetto a questo vorrei ricordare un dato di fatto fondamentale: quando io accendo la radio o la televisione non so che programma mi comparrà davanti; quando, però, io mi inserisco su di un bulletin board di Internet, so esattamente quello che faccio. In altre parole, mentre c'è il rischio, per bambino che accende il canale televisivo, di vedere una scena di violenza o di pornografia, lo stesso rischio non si corre su Inernet, proprio perché si tratta di un accesso volontario e consapevole, che richiede una serie di manovre estremamente mirate prima di accedervi. Riterrei, dunque, che anche questo problema non vada sopravvalutato.

Back

Domanda 7
Lei, dunque, che cosa pensa dell'impostazione pro-libertà d'espressione?

Risposta
Dobbiamo sempre distinguere i mezzi. Ci sono dei mezzi che entrano nella propria vita all'improvviso e non ci si può difendere da essi; nei confronti di questi ultimi lo standard è rigoroso, e deve essere rigoroso. Ci sono altri mezzi che, invece, noi controlliamo: Internet è tra questi. Ripeto: quando metto in funzione la radio, non posso essere investito da una frase pornografica o indecente; non posso, quando accendo la televisione, subire una frase di violenza non voluta, una scena di violenza; ma nel momento in cui io manovro Internet vuol dire che cerco l'accesso al sito che mi interessa e non posso chiedere lo stesso standard di protezione.

Back

Domanda 8
Quindi: massima libertà di espressione.

Risposta
Sulle reti, si. Mentre ritengo doveroso il massimo standard di protezione sulla radio e sulla televisione. Sotto questo profilo, credo che l'idea del "Violence Chip", che è stata introdotta dal "Federal communications act" dell'anno passato, rappresenti un grossissimo passo in avanti, con un unico rischio: chi farà i rating, chi farà le valutazioni di tasso di pornografia e di violenza? Credo che nelle società complesse come la nostra ci sia una soluzione: che i rating siano dei rating di associazioni volontari a cui i genitori-utenti delegano la propria fiducia nella valutazione. Questo è importante perché non si abbia un unico standard di inaccettabilità nel momento in cui si avesse lo standard nella comunità cattolica eventualmente diversa da quella protestante, e ancora diversa da quella ispanica. Credo che saremmo di fronte ad una non-omologazione e, nello stesso tempo, ad una protezione di ciascuno secondo il livello di tutela che si è prescelto.

Back

Domanda 9
Non crede che l'introduzione di questo chip, di questo criptaggio del messaggio, rappresenti, in definitiva, un'intrusione eccessiva dello Stato e che, di conseguenza, si riproponga il problema della regolamentazione statuale?

Risposta
Si tratta di due cose diverse. Un conto è il Violence Chip, che è inserito volontariamente negli apparecchi di ricezione televisiva. Questo è un atto volontario e consente di inserire un meccanismo di scollegamento dei programmi che superino una soglia ritenuta accettabile di violenza verbale, pornografia, e così via. Non vedo nessun problema sotto questo profilo. Un altro conto, invece, è il clipper chip, che consente una doppia chiave di accesso a tutte le comunicazioni, e di cui una chiave verrebbe tenuta dal governo; in questo caso, effettivamente, il problema si pone. A mio avviso, però, non si tratta di un problema che va distinto da quello delle intercettazioni telefoniche. Noi sappiamo che se io e lei ci parliamo oggi al telefono, se esiste un ordine del giudice, chiunque faccia parte dell'apparato della polizia e della magistratura, potrà sentire la nostra conversazione. Da questo mi sento sufficientemente protetto. Nel caso in cui io fossi imputato di reato, e venisse registrata una mia conversazione rispetto a fatti di reato a cui lei è estraneo, con le conseguenze di pubblicazioni sui giornali di quanto ci siamo detti, in questo caso, il problema esiste. E si tratta di un problema che sorge non nella disposizione di un meccanismo di intercettazione al telefono di clipper chip per le reti, ma nella divulgazione indebita di fatti non attinenti al procedimento penale, ad opera di una stampa troppo spesso non scrupolosa nel rispettare il segreto delle indagini.

Back

Domanda 10
Dovremmo anche aggiungere che esiste il problema della figura pubblica: la stampa fa il suo mestiere, a meno che non ci sia una chiara violazione del segreto istruttorio che molto spesso proviene dagli uffici giudiziari medesimi. Nel momento in cui c'è una validità di notizia il diritto alla privacy deve un po' cedere le armi.

Risposta
Le sono grato di questa precisazione: il problema non nasce nella stampa, il problema nasce dal magistrato o dell'avvocato difensore che divulgano le notizie alla stampa; la quale, sotto questo profilo, svolge solo un ruolo di controllo dell'attendibilità e neppure della verità della notizia. Ritorno, dunque, sopra il problema della divulgazione di eventuali comunicazioni in rete o su telefono che sia stata prodotta con colpa, non dell'organo di stampa, che sotto questo profilo ha una facoltà costituzionalmente protetta, ma di altri soggetti che hanno doveri di ufficio contrari alla divulgazione. Quindi, ha ragione lei!

Back

torna a inizio pagina