INTERVISTA:
Domanda 1
La mostra "Imagina '99" si apre con la tematica della televisione interattiva.
Pensa che nei prossimi anni la televisione potrà davvero arrivare nelle case attraverso
Internet?
Risposta
Credo che il tema della convergenza sia al contempo giusto e sbagliato. E' giusto perché
è indubbiamente vero che c'è una certa convergenza fra le varie tecniche. Ad esempio si
può accedere a Internet da una postazione televisiva, o al contrario si può vedere la
televisione via Internet. Ciononostante, dobbiamo distinguere fra due tipi generali di
immagini: le immagini che si guardano perché sono spettacolari, e quindi lo si fa da più
lontano, per avere una certa comodità visiva, e quelle che si leggono, che si elaborano e
a cui ci si accosta da vicino. A livello puramente fisico, non si avrà mai una
convergenza fra le immagini lontane, che vanno guardate comodamente, e le immagini vicine,
a cui si lavora come se si leggesse un libro. Domani avremo poi una terza categoria di
immagini, ossia quelle entro cui abiteremo e vivremo, immagini della realtà mista o della
realtà estesa nelle quali si mescoleranno reale e virtuale. C'è dunque ancora un terzo
tipo di immagini che rappresenterà senza dubbio il futuro di "Imagina": sono
immagini che si applicheranno ai muri entro cui vivremo, o negli uffici, per potersi
connettere agilmente con i mondi virtuali che saranno sempre più disponibili in Rete.
Riassumendo, abbiamo tre ordini di immagini: quelle che si guardano, cioè quelle dello
spettacolo e della televisione, le immagini che si elaborano e che si leggono da vicino in
quanto hanno un carattere più astratto, matematico e professionale, e infine le immagini
al cui interno si abita, nel senso che si troveranno nel nostro ambiente. Queste tre
classi di fruizione, questi tre tipi di immagini non potranno convergere perché
corrispondono a posizioni del corpo molto diverse. Perciò credo che i dibattiti sulla
convergenza siano un po' troppo tecnici e troppo poco sociologici. Oggi abbiamo bisogno di
una riflessione sociologica sull'utilizzo delle immagini, e quanto alla convergenza, essa
può ben essere possibile a livello tecnico, ma il corpo umano, da parte sua, non può
venire costretto a una convergenza dettata dal mercato tecnologico.
Domanda 2
Pensa che la possibilità di navigare entro paesaggi tridimensionali, in mondi virtuali,
aiuterà in qualche modo la socializzazione, oppure no? La televisione si è rivelata
anche un mezzo per socializzare: all'interno di una famiglia, ad esempio, è possibile una
ricezione collettiva. Ma la televisione interattiva e i media personalizzati sono basati
sulla ricezione individuale. E' dunque vero che l'individuo si troverà sempre più solo,
oppure sarà realmente in grado di socializzare all'interno delle nuove reti?
Risposta
E' una questione ambigua. Da una parte Internet permette una maggiore solidarietà
intellettuale sull'intero pianeta; le comunità scientifiche e professionali possono ormai
ricorrere a tecnologie come Internet per dar vita a forum di dibattito e per incontrarsi
nell'ambito dei newsgroup. Dall'altra, su Internet non si trovano che i propri simili,
persone di una stessa categoria, e d'altronde è proprio questo il principio del newsgroup
o del gruppo di interessi: ci si ritrova assieme a quanti fanno parte della propria
comunità, e in tal modo si forma una sorta di tribù o di tribalismo, un ghetto
intellettuale. Non può parteciparvi chi non è connesso a Internet oppure chi appartiene
davvero a un'altra classe, come i poveri, gli esclusi, coloro che vivono in un paese in
via di sviluppo dove non c'è la connessione a Internet. Ad esempio, in Africa meno di un
africano su cinquemila ha accesso a Internet, e perciò su Internet non si incontrano
africani. E' la prova che Internet favorisce piuttosto una certa cultura omogenea, sebbene
al contempo renda possibile anche l'incontro con forme di diversità. Internet presenta
insomma sia un aspetto positivo che uno negativo: dà la possibilità di creare comunità
intellettuali, gruppi di interessi comuni, ma allo stesso tempo attua una forma di
esclusione. Il problema è che, a mio avviso, la tendenza prevalente in Internet è quella
che favorisce piuttosto un'attitudine all'isolamento, perché ci si mette davanti a uno
schermo che funziona un po' da isolante sociale, nonostante si abbia in tal modo la
possibilità di collegarsi all'esterno tramite la posta eletronica, ad esempio. Credo che
la grande sfida che attende queste tecnologie sia ricreare il Foro, l'Agorà, che sono i
fondamenti stessi della vita pubblica. Quel che mi preoccupa è che si verifica una
scomparsa del luogo pubblico reale a vantaggio di luoghi pubblici virtuali, i quali però
non funzionano come la piazza dell'Agorà greca o come il Foro repubblicano. Il problema
odierno è che la Res Publica, la cosa pubblica non è precisamente conforme ai canoni
della cosa virtuale; quest'ultima è appunto di natura tribale, non è altro che una
successione di ghetti, per quanto interessanti, ma che non rappresentano l'interesse
generale. Oggi non esiste una piazza pubblica mondiale: Internet è sì un medium di
dimensioni mondiali, ma proprio per questo una delle questioni politiche e sociologiche
fondamentali che dobbiamo porci è in che modo far emergere un Foro pubblico mondiale,
capace di incarnare l'interesse generale, per mezzo di una tecnica che essa stessa è
potenzialmente mondiale. Il grosso rischio è invece di vedersi moltiplicare, come avviene
oggi, i ghetti intellettuali, che contribuiranno all'implosione del senso dell'interesse
generale mondiale, il quale, di per sé, non è presente fisicamente in alcun luogo.
Questa, credo, è una questione fondamentale per il futuro: in che modo utilizzare certe
tecnologie di mediatizzazione mondiale al servizio dell'interesse collettivo
dell'umanità. Si sa come usarle al servizio dell'interesse particolare di determinati
gruppi d'influenza, come ad esempio per la speculazione finanziaria, per la soluzione di
crisi militari, per lo sviluppo di certe professioni specializzate. Ma questi gruppi
particolari non rappresentano necessariamente, mi pare, il più grande interesse di tutti,
ossia quella cosa pubblica mondiale che rimane ancora da edificare.
Domanda 3
Pensatori come De Kerckhove o Pierre Lévy hanno immaginato un'intelligenza collettiva o
connettiva, e credono alla possibilità di creare una coscienza planetaria nuova
attraverso Internet. Lei può figurarsi questo scenario per il prossimo millennio? Crede
che l'umanità, grazie all'impiego sempre maggiore delle reti, possa davvero sviluppare
nel prossimo decennio una nuova sensibilità o una coscienza collettiva?
Risposta
Queste idee risalgono a quelle di un autore degli anni '30 e '40, Teillhard de Chardin,
che inventò il concetto di noosfera, un po' in contrapposizione alla nozione di biosfera,
e già negli anni '30 affermava che avremmo vissuto un periodo di compressione planetaria
con la moltiplicazione di centri urbani sempre più densamente abitati, e che questa
compressione planetaria avrebbe creato i presupposti per la formazione di una noosfera,
ossia di una intelligenza collettiva. Ma a differenza di Lévy e De Kerckhove, i quali
sostengono che sarà la tecnica a rendere possibile tutto ciò, Teillhard de Chardin
pensava che sarebbe stata una presa di coscienza interiore, e non semplicemente uno
strumento tecnologico, a permetterlo. Io sono d'accordo con Teillhard de Chardin, e
ritengo, a differenza di Lévy, per esempio, che l'intelligenza collettiva non sia una
realtà collettiva, ma piuttosto qualcosa che non può incarnarsi in una intelligenza
personale, e che si sente essa stessa responsabile dinanzi alla collettività. Di qui il
problema politico di come fare in modo che ciascuno di noi si senta responsabile della
dimensione collettiva. Ora, Internet come strumento è un mezzo eccellente per assumere
informazioni sullo stato del mondo, ma non è un mezzo politico, in ogni caso oggigiorno
non lo è, come non è neppure uno strumento di discussione politica, e soprattutto di
sviluppo di una coscienza dell'azione politica e sociale. Credo che il prossimo obiettivo
debba essere la creazione di condizioni che permettano l'emergere di una volontà politica
mondiale. Internet può essere uno dei mezzi impiegati a tal fine, ma di per sé non è il
più adatto, piuttosto il contrario. Internet favorisce troppo meccanismi di astrazione
ritagliati sulla diversità dell'esistente; è uno strumento eccellente per affrontare
certi tipi di problemi, ma non tutti. L'idea di Teillhard de Chardin era fondata sulla
nozione di alterità: diceva che il progresso di una civiltà non si misura con l'alta
capacità di astrazione o l'efficacia dei mezzi di rappresentazione, come l'Internet di
oggi, ma con l'importanza assunta dall'altro, con la capacità di integrare la differenza
e l'alterità. Internet, in effetti, non è propriamente uno strumento di integrazione
dell'alterità, ma piuttosto di omologazione, di standardizzazione. Prendiamo ad esempio
il processo alla Microsoft: non è altro che il processo a un tentativo, d'altronde quasi
necessario, di omologazione su scala planetaria in rapporto a uno strumento informatico.
Dunque la vera differenza, che è misura del grado di civiltà del pianeta, non deve
soltanto incarnarsi in una tecnologia che per sua natura tende a una realtà omogenea; il
problema è come incoraggiare la diversità e l'alterità all'interno di una specie di
visione superiore. A me sembra che Internet possa svolgere un certo ruolo a questo
proposito, ma non è certo la soluzione finale. Certamente è un mezzo, ma non è affatto
un luogo d'azione privilegiato e unico. Credo invece che il principale luogo d'azione
debba essere l'intelligenza, o la coscienza individuale degli individui, i quali possono
bensì utilizzare tali strumenti, ma di per sé Internet non è certo la risposta ultima.
Domanda 4
Visto che già la televisione ha avuto un effetto omologante, la convergenza dei media, di
telefoni, computer e televisioni piò moltiplicare questo effetto?
Risposta
Oggi viviamo un'epoca cruciale per il futuro della nostra civiltà. Abbiamo parlato di
convergenza, e penso che si possa anche usare questo termine, ma preferirei parlare di
astrazione. Noi viviamo in una sorta di tendenza crescente all'astrazione rispetto alla
ricchezza della diversità e delle potenzialità dell'uomo. Questa convergenza a cui lei
si riferisce è anche un segno di omologazione, perché chi dice convergenza dice in
sostanza uniformità, e questa uniformità non è universale ma ha un carattere
fondamentalmente astratto, caratterizzato dall'importanza del numero, delle cifre, del
denaro. E' insomma un essere conformi, è la convergenza del dollaro, dell'euro, dello yen
e perciò della matematica, della tecnologia e degli standard. Ma tali convergenze sono
assai povere, sono solo quantitative, e non rappresentano di per sé il dato essenziale
della ricchezza umana. La questione-chiave dunque è proprio evitare la convergenza, non
incoraggiarla, perché la convergenza è la morte della diversità. Certo, la convergenza
è utile, come è facile immaginare: Internet è qualcosa di geniale perché rappresenta
uno standard universale. Questo corto-circuito su cui si fonda la comunicazione planetaria
che autorizza Internet nasconde al contempo un pericolo di uniformità. Questa
contraddizione mi pare di estremo interesse per il futuro: da un lato, Internet è
interessantissimo, potentissimo e tutto il mondo ne è a conoscenza; ma dall'altro,
contiene in nuce la morte della concreta diversità umana, la quale non si lascia ridurre
a standard, norme, formule logiche, a pratiche, leggi, a sistemi di riferimento che in
definitiva non fanno altro che l'interesse di certi gruppi di pressione.
Domanda 5
I legami fra televisione interattiva e commercio elettronico si faranno sempre più
stretti; inoltre prende corpo una specie di controllo continuo su tutto ciò che
l'individuo fa, così da poterlo identificare e classificare. Questo forse può produrre
una sorta di oppressione o di invasione nella privacy del singolo. Lei ricorderà, per
esempio, un film girato da Truffaut negli anni '60, intitolato "Farenheit 451",
in cui il regista aveva già immaginato una televisione interattiva, che però veniva
chiamata come la famiglia, e invadeva tutta la vita dei personaggi e in un certo senso li
guidava. Il singolo veniva un po' robotizzato per mezzo di questa televisione interattiva
che in qualche modo lo induceva sempre a compiere determinate azioni, partecipandovi sì
ma entro binari ben demarcati. Lei cosa ne pensa?
Risposta
Credo che la minaccia alla vita privata sia una delle più gravi che oggi pesano sul
nostro futuro. In particolare, c'è il rischio di venire letteralmente inquadrati per
tutta la vita da sistemi di osservazione del nostro comportamento, i quali in origine
saranno organizzati per scopi essenzialmente commerciali: penso alle tecniche del
"data mining" legalmente autorizzate negli Stati Uniti, che oggi sono tenute
sotto controllo ma ciononostante sono autorizzate, quand'anche con certe limitazioni, e in
Europa nel rispetto delle direttive europee. Tutto ciò rappresenta una minaccia terribile
per il nostro futuro. In effetti, ormai ogni acquisto, ogni clic su un collegamento
ipertestuale, ogni chiamata telefonica, ogni transazione di qualunque natura viene
registrata e a volte immagazzinata, e quindi trattata in maniera a volte estremamente
indiscreta. Si può in tal modo tracciare un profilo estremamente preciso della nostra
vita, a livello di acquisti ma anche di comportamenti intellettuali, visto che ormai l'uso
di Internet è sottomesso all'impiego dei cookie, che registrano i nostri più piccoli
percorsi mentali su banche dati che saranno inoltre sempre più facilmente accessibili.
Pertanto, il grande rischio è che si vengano a costituire, su base nominativa ed
estremamente precisa per ciascuno di noi, delle enormi banche dati, come già succede nel
caso delle grandi centrali di elaborazione delle informazioni personali esistenti negli
Stati Uniti, le quali sono legalmente autorizzate per fini di marketing. Il rischio è che
non le si utilizzi soltanto per gli studi di mercato ma, ad esempio, per rifiutare
prestiti, per far sapere al vostro futuro datore di lavoro che voi non avete proprio un
profilo perfettamente corretto giacché visitate questo o quel sito, e così via. E' un
'Big Brother' alla ennesima potenza, con una memoria numerica, uno stoccaggio sistematico
della vostra vita che non verrà mai più cancellato. E' perciò un rischio estremamente
reale, che si rispecchia in un rischio politico, come hanno rivelato un giornale italiano
e, in seguito, uno francese, riprendendo uno studio del Parlamento Europeo: è stata la
scoperta di uno scandalo, ossia della sorveglianza attuata da cinque paesi anglosassoni,
su scala mondiale, al fine di osservare e analizzare diversi miliardi di comunicazioni al
giorno, dalla posta elettronica, ai fax e ai telefoni.
Domanda 6
Intercettati direttamente via satellite?
Risposta
Sì, riguardava tutti i nodi di comunicazioni, sia via satellite che attraverso i centri
di elaborazione e ritrasmissione. Lei sa che oggi gli Stati Uniti rappresentano il
principale centro mondiale di snodo per la ritrasmissione dei messaggi di posta
elettronica. Dal momento stesso in cui la posta elettronica diventa lo strumento
principale, superando persino il telefono, dal 1998, sulle reti circolano più e-mail che
messaggi vocali, e quando questo si scopre sono proprio gli Stati Uniti a figurare oggi
come i principali operatori fra i provider dei fornitori di servizi Internet. I primi
tredici fornitori di servizi Internet su scala mondiale sono americani, e il primo
europeo, la British Telecom, è al quattordicesimo posto. Perciò lo strapotere americano
attualmente è tale che l'insieme dei messaggi e dei dati che si scambiano nel mondo
transita in un modo o nell'altro per le centrali americane, e dunque è inevitabilmente
controllabile.
Domanda 7
La piattaforma P3P per la preferenza della privacy proposta dal consorzio del World Wide
Web può diventare uno strumento di effettiva tutela degli utenti di Internet e delle
comunicazioni che viaggiano in Rete?
Risposta
E' uno strumento che, assieme ad altri, va assolutamente sviluppato, perché più tutti
noi avremo la possibilità di proteggere la nostra vita privata, e meglio sarà. Ma non
basta. Il problema non è di natura tecnica, non lo è mai: è soprattutto politico, in
quanto si può aver modo di proteggere attivamente la vita privata, ma se per un pagamento
o una transazione le si chiede di dare volontariamente dei dati, altrimenti non può far
nulla, allora lei è in trappola. La piattaforma P3P può essere utile a proteggere una
parte della sua vita privata, e questo va benissimo, ma esiste tutta una serie di azioni,
di transazioni finanziarie e commerciali per le quali lei è obbligato a indicare la sua
identità e i suoi dati semplicemente per finalizzare una transazione. Qui il problema non
ha nulla di tecnico: è politico. Occorre dar luogo a una riflessione politica mondiale
che tenga almeno conto del fatto che esistono due punti di vista oggi contrapposti, quello
americano, per il quale c'è una deregolamentazione totale senza alcun ruolo da parte
dello stato, e quello europeo, che tenta di dettare regole più conformi a un interesse
che definirei morale. Non c'è un punto di vista universalmente condiviso a questo
proposito. Ora, quel che è in gioco è la dignità umana; occorre chiedersi, con una
riflessione persino filosofica e non solo politica, cosa sia l'uomo oggi, se è diventato
un prigioniero, se viene spogliato e messo a nudo in tutte le sue transazioni di qualunque
natura esse siano, e se non è ormai che un oggetto unico di marketing, un essere
quantitativo. Credo che questa sia una prospettiva che non può non inquietarci.
Domanda 8
Quand'è che ci sarà anche in Francia una legge per la tutela della privacy?
Risposta
In Francia esiste da molto tempo, dagli anni '70, la CNIL, la Commissione Nazionale
Informatica e Libertà che normalmente proibisce la costituzione di file nominativi di
qualunque genere. E' una legge che data a un'epoca in cui il fenomeno era ancora raro, ma
che proibisce la creazione di schede nominative in genere, e specialmente per gli
organismi pubblici. In effetti, oggi i file nominativi si sono moltiplicati, non ne
esistono a decine o a centinaia, ma a decine di migliaia, a milioni, nei vari ambiti della
vita quotidiana. Tutti costituiscono fascicoli intestati ai loro clienti, e pertanto
questa legge che pure esiste, in pratica viene beffata. Le cose sono arrivate a un punto
tale che la legge non può essere rispettata; in principio c'erano buone intenzioni che
però risultano inapplicabili. Il problema è quindi assai complesso, perché non si può
sovralegiferare, e non si può legiferare inadeguatamente in relazione a questa questione,
perché altrimenti l'intera attività economica rischia di subirne le conseguenze. Occorre
dunque soffermarsi a riflettere in modo molto più approfondito sull'equilibrio fra la
necessità economica di registrare dati necessari, e dall'altra parte l'importanza di
tutelare la vita privata quale elemento fondamentale della dignità umana.
Domanda 9
Dunque all'Europa spetta davvero un ruolo centrale a tale proposito: questa riflessione
deve essere ormai europea, e non può venire condotta paese per paese, dalla Francia in un
modo, dall'Italia in un altro. E' iniziato questo approfondimento all'interno del
Parlamento Europeo, o in seno al Consiglio d'Europa? Lei vede segnali in tal senso, o
ancora no?
Risposta
Sì, in Europa si è avviata questa riflessione, specialmente con la direttiva europea
sulle banche dati e la tutela della privacy, che propone una visione assai più umanistica
della protezione del privato, rispetto a quella prevalente negli Stati Uniti. Il dibattito
è dunque cominciato, ma temo che questo non sia sufficiente perché se anche una tale
riflessione venisse condotta a livello europeo rimarrebbe molto semplice realizzare
all'estero, grazie alle possibilità offerte dalle reti mondiali, quelle elaborazioni che
verrebbero proibite in Europa. Questo, del resto, è esattamente ciò che accade oggi, in
quanto le elaborazioni numeriche delle schede personali vietate in Europa, vengono
effettuate negli Stati Uniti, e se anche venissero vietate negli Stati Uniti, il che non
è verosimile visto che anzi vengono incoraggiate, si potrebbero realizzare in uno di quei
paradisi fiscali che diverrebbero paradisi di dati più che fiscali. Pertanto il problema
è di giungere a decisioni mondiali intorno a tali questioni, cosa che è di là da
venire. Ecco di nuovo l'urgenza per noi di riflettere sul principio di interesse generale
planetario; l'iniziativa europea in materia è necessaria, ma non è sufficiente.
Domanda 10
Cosa si attende di positivo dall'evoluzione delle reti nei prossimi anni?
Risposta
La cosa più importante è che queste tecniche ci fanno comprendere che ormai tutto è
collegato, proprio come il buco nell'ozono o l'inquinamento nucleare o il pianeta blu
visto dal satellite hanno mostrato la forte integrazione del nostro pianeta in riguardo a
questi elementi ambientali e geofisici, ma anche a proposito di problemi di ordine
geopolitico. Oggi dobbiamo prendere coscienza del fatto che queste tecnologie
rappresentano una specie di innesco automatico per riflettere sul modo di governare il
mondo. Questi problemi non si risolvono a colpi di tecnologia, ma la tecnologia, in virtù
della sua forza, ci obbliga a porre la questione di un governo mondiale, e non si verrà a
capo di nulla semplicemente per mezzo di effetti tecnologici poiché la radice del
problema è di ordine politico e sociale. Perciò, direi che il messaggio positivo che mi
piacerebbe lanciare è che la tecnologia mondializzata di Internet e dell'informatica è
un formidabile stimolo ad affrontare questioni politiche mondiali, come ad esempio:
"Che tipo di civiltà mondiale vogliamo creare? Quale specie di etica, quale visione
dell'uomo possiamo oggi non soltanto immaginare ma tradurre in leggi a livello
mondiale?" Ed è una domanda a cui la tecnologia non potrà rispondere, ma che essa
ci obbliga a porre.
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