INTERVISTA:
Domanda 1
Ci può descrivere il Millennium Project, e indicare quali sono le sue basi, i suoi
obbiettivi e le strategie che utilizza? E quali rapporti ha con la United Nations
University?
Risposta
Il Millennium Project è un progetto di ricerca globale basato sulla raccolta
internazionale di informazioni su temi cruciali quali ad esempio i cambiamenti nelle
condizioni di vita, le tecnologie, leconomia e la salute pubblica. Si articola
attraverso lattività di nove nodi, vale a dire di nove gruppicomposti da
singoli e da istituzionisparsi in tutto il mondo, che traducono i dati raccolti in
linguaggio di sviluppo, identificano i principali studiosi del futuro nella loro area di
competenza, raccolgono informazioni attraverso questionari e predispongono i dati raccolti
in modo tale che possano poi essere utilizzati per ulteriori attività di analisi. Inoltre
i nodi hanno anche il compito di presentare la loro attività e i risultati dei loro studi
alle classi politiche. In Italia ad esempio credo siano stati interpellati il ministro
dellambiente Ronchey e anche il presidente della Commissione per le Pari
Opportunità, Costa. I dati che noi rendiamo pubblici, attraverso le nostre pubblicazioni
e in Internet, non sono dunque solo il risultato di una speculazione teorica ma sono anche
lesito del confronto con i soggetti che sono responsabili delle scelte nei settori
più strategici per il futuro.
La United Nations University, che ha il suo quartier generale a Tokyo, è invece il
principale organo di ricerca accademica delle Nazioni Unite. Dal punto di vista legale ha
lo stesso statuto dellundp (United Nations Development Program), o dellUnicef;
dal punto di vista scientifico si occupa di ricerca a livello mondiale secondo gli
interessi e gli obbiettivi delle Nazioni Unite. Quello della United Nations University è
un caso molto interessante. Si tratta infatti del principale organismo di ricerca delle
Nazioni Unite, il cui obbiettivo è quello di raccogliere e rendere disponibili a livello
mondiale le più importati ricerche internazionali nei settori strategici (da quello
dellalimentazione, al settore dello sviluppo tecnologico e così via).
Il Millenium Project però non è un progetto diretto della United Nations University
bensì un progetto dellAmerican Council, lorganismo che si occupa delle
relazioni fra la United Nations University e Washington, e questo ne consente una gestione
più flessibile.
Domanda 2
Ci può descrivere il metodo Delphi e indicare quali sono i più affidabili metodi di
ricerca sul futuro?
Risposta
Il metodo Delphi fu inventato negli anni 60, in piena guerra fredda, dalla Rand
Corporation al fine di individuare le tecnologie militari strategiche per il futuro.
Lidea era quella di raccogliere, in modo economico, le riflessioni dei migliori
scienziati e tecnici rispetto a cosa sarebbe potuto accadere nel futuro, a come e quando
sarebbe accaduto, e rispetto a quali fossero i migliori metodi di prevenzione di certi
rischi, e così via. Lidea era insomma quella di far confluire un sapere diffuso, il
miglior sapere disponibile, con una generalizzata attività di elaborazione di inferenze
sul futuro a partire da questo sapere.
Per quanto ci riguarda noi usiamo, assieme a molte altre metodologie di ricerca, una
elaborazionechiamata Look Outdel metodo Delphi. Dove il cambiamento di nome
non solo sottolinea un sia pure parzialmente diverso assetto metodologico, ma anche un
volersi differenziare dalle implicazioni, così fortemente legate alla guerra fredda, che
il metodo Delphi porta con sé, nel suo stesso nome. Inoltre, a differenza del metodo
Delphi che era stato messo a punto per individuare una convergenza nelle previsioni e in
particolare nelle previsioni sullo sviluppo tecnologico, il metodo Look Out, tiene conto
di una molteplicità di prospettive. Lavora dunque meno sulla convergenza e più sulle
differenze sebbene, come il metodo Delphi, parta da un campione costituito dalle figure
più carismatiche in un determinato settore. Ciò che cerchiamo è uno spettro di giudizi
rispetto alle tendenze in atto e a quelle future. Il nostro quindi è un approccio
inusuale, nel senso che in definitiva quello che stiamo cercando di fare è documentare e,
in un certo senso, organizzare, il "pensiero migliore" a livello mondiale.
Noi costruiamo ad esempio scenari, modellizzazioni per il futuro e soprattutto
lavoriamo sulle metodologie stesse, spiegando come funziona un metodo di ricerca, quale è
la sua storia, quali sono i suoi usi quali i punti di forza e di debolezza Questo lavoro
labbiamo svolto su circa una ventina di diverse metodologie. E ancora cerchiamo di
elaborare nuovi metodi; come ad esempio quello che abbiamo denominato Science Mapping, che
utilizziamo per capire quali siano gli orientamenti della ricerca scientifica per poi
risalire a quali siano i possibili esiti tecnologici. Insomma di certo non utilizziamo
solo dei questionari!
Un metodo che utilizziamo molto, in particolare, è la costruzione di scenari. Questo
metodo fu inventato per prevedere, attraverso appunto degli scenari, quali fossero i
possibili fattori scatenanti una guerra e quali fossero le possibili modalità di loro
gestione. Rispetto allutilizzo tradizionale degli scenari, che di solito analizzano
la globalità dei fattori rispetto a una situazione delimitata (una nazione, una
multinazionale ecc.), noi elaboriamo scenari globali su scala globale, rispetto cioè a
tutta lumanità. Il nostro gruppo è lumanità in generale, non un oggetto in
particolare. In questo approccio agli scenari globali, il nostro metodo consiste nel
chiedere al nostro campione di isolare quello che a loro parere è il principale, o uno
fra i principali, motori del cambiamento rispetto a ciò che verosimilmente potrebbe
accadere. Poi chiediamo loro quali sono le norme principali, quali futuri considerano
desiderabile, fra quelli che sono valutati, inventati, analizzati, per fornire infine un
set di scenari esplorativi e un set di scenari normativi. Nellelaborare questi
scenari, sia esplorativi che normativi, noi teniamo poi conto dei dati che ci vengono
dagli studi condotti con Delphi o Look Out; e questa fusione di metodologie, che, da un
certo punto di vista ci consente di avere un processo partecipativo globale, è una nostra
prerogativa fra gli istituti di ricerca.
Un altro aspetto unico della nostra ricerca a livello metodologico è che per creare
scenari non usiamo semplicemente dei modelli informatici come punto di partenza, come si
fa normalmente. Noi invertiamo il processo: raccogliamo i dati da tutto il mondo, li
investiamo nella creazione di scenari, e poi applichiamo al risultato diversi modelli
informatici per verificare quali siano i problemi, le incoerenze, il grado di
implausibilità statistica, e dunque la qualità, degli scenari stessi.
Domanda 3
Quali pensa che siano le maggiori sfide, le più grandi opportunità e i maggiori rischi
del nuovo millennio?
Risposta
Per non dilungarmi dovrò offrire solo qualche breve cenno, in modo da offrire uno spettro
di riflessioni interessanti a questo proposito. Come ho già spiegato noi individuiamo i
processi di sviluppo e di cambiamento attraverso un procedimento di registrazione e di
categorizzazione in temi che dura un anno; successivamente poi ci chiediamo quali sviluppi
a livello globale producano una differenza significativa. Quindi registriamo e
categorizziamo in temi questi sviluppi e li trasformiamo in opportunità, li riduciamo a
15 problemi cruciali e a 15 opportunità. E insomma unoperazione ad imbuto che
porta ad isolare i problemi e le opportunità cruciali. Ovviamente si tratta di una
operazione molto complessa, che richiede un grande sforzo di analisi, così come molto
delicata è anche la gerarchizzazione (da 1 a 15) fra problemi e opportunità.
Nel rispondere alla domanda, su quali siano i problemi e le opportunità cruciali,
inizierò dallelencare i problemi, seguendo una delle regole della ricerca sul
futuro, vale a dire il tener presente, qualunque sia il nostro oggetto di indagine, che
esso sarà sicuramente più complesso di quanto si possa credere. Partendo da questo
assunto, di consapevolezza della complessità, si sarà sempre abbastanza vicini a quello
che effettivamente ci attende.
Un primo tema cruciale è il cambiamento, molto complesso e in corso ovunque, del
significato e delle relazioni del lavoro, del tempo libero e della disoccupazione. I
cambiamenti di regole, di senso, in questi settori sono più complessi di quanto ci si
potrebbe aspettare e lo saranno ancora di più in un futuro dove ciascuno di noi, più che
a se stesso come dipendente, dovrà pensare a se stesso come impresa.
Lo scarto fra gli standard di vita fra ricchi e poveri è destinato a diventare ancora
più radicale e conflittuale. Certo possiamo intervenire a questo proposito, ma al momento
le cose stanno decisamente peggiorando. Si sente più spesso dire che "i ricchi
stanno diventando sempre più ricchi e i poveri, a loro volta, sempre più ricchi";
ciò è vero però solo se si considerano due paesi come lIndia e la Cina, che
stanno di fatto migliorando la loro situazione economica, ma eccezion fatta per queste due
realtà il livello di povertà nel mondo è il medesimo, se non è addirittura peggiorato.
E vitale, inoltre, capire che non si tratta di un problema che riguarda le singole
nazioni: il divario fra ricchi e poveri è una questione umana, di diritti umani. Anche
nelle nazioni più ricche, il divario fra poveri e ricchi sta crescendo e ogni volta che
questa divisione si è radicalizzata ne è risultato il prodursi di conflittualità.
Questo dunque è un problema che dobbiamo affrontare molto più seriamente di quanto sia
stato finora fatto. E se si pensa che si abbia un atteggiamento estremista, al riguardo,
si è fuori posto, perché questa tendenza non ha dato al momento segni di inversione di
rotta.
La crescita della popolazione e delleconomia poi si collega alla qualità
dellambiente. Questo è ormai molto chiaro, anche se non sono chiare le strategie di
intervento. Lacqua ad esempio è ormai scarsa in alcune zone del pianeta e questo è
uno dei primi elementi di allarme ambientale. Consideriamo il fabbisogno dacqua,
consideriamo le minacce sempre più frequenti di epidemie, naturali o indotte con armi
biologiche, consideriamo i problemi di gestione dei grandi impianti idrici. Pensiamo ad
una grande città come il Cairo, dotata di impianti obsoleti che non consentono la
purificazione dellacqua. Questo non è un problema semplice da risolvere perché
coinvolge non solo la disponibilità di risorse naturali, ma anche la gestione delle
risorse stesse.
I piani energetici basati sul nucleare stanno invecchiando, e questo è un problema che
dobbiamo tenere in considerazione molto attentamente. Non si tratta semplicemente di
eliminare gli impianti nucleari ormai non più efficienti, che di per sé costituisce un
problema colossale, dato che circa 500 centrali dovranno essere smantellate nei prossimi
15 anni. Dobbiamo considerare come gestire le scorie radioattive, e gli elementi prodotti
dallo smantellamento di queste centrali. E soprattutto ci sarà un deficit di produzione
di elettricità. Ciò significa che dobbiamo, oltre che affrontare la dismissione dei
vecchi impianti nucleari, creare una nuova fonte di energia, tenendo in considerazione che
la popolazione mondiale sta crescendo, e con essa dunque il fabbisogno di energia che nel
frattempo dobbiamo penare a gestire.
Unaltra area problematica è quella dellInformation Technology, cheal
pari della crescita economicaha in sé valenze positive e potenzialmente negative; e
molte persone sono ovviamente preoccupate per le implicazioni culturali di questo
cambiamento globale. Per cui dobbiamo imparare a gestire anche questo fattore. Al momento,
sì, si è prodotto un software che blocca il caricamento di pagine Web offensive per
certi utenti. Una soluzione del genere risponde senzaltro ad alcuni problemi, ma non
si può dire che ci si sia confrontati in modo articolato con le implicazioni culturali
della tecnologia informatica.
Anche lo status delle donne sta cambiando nel mondo, e non si tratta semplicemente di
un processo di crescita della autonomia sociale ed economica della donna, non si tratta
solo di maggiori libertà e di nuove responsabilità, si tratta di un cambiamento dei
ruoli maschili e femminili che non implica una semplice crescita di uno rispetto
allaltro. Sono i ruoli stessi a rinnovarsi. Sono in corso di sperimentazione nuovi
sistemi di fecondazione, si stanno diffondendo nuovi modi di vivere, si stanno costruendo
nuove relazioni, mai così complesse in precedenza.
Fin qui, i nodi problematici. Ma abbiamo anche delle opportunità, come ho detto. Una
fra le più significative a nostro avviso è che si va raggiungendo il consenso sul fatto
che la sostenibilità dello sviluppo è un fine primario rispetto a ogni altro. Si tratta
di un segno di speranza molto importante, con le conferenze di Rio, o quella sul
cambiamento climatico a Kyoto, il confrontarsi con questioni come lassottigliarsi
dello strato di ozono. In quanto specie stiamo prendendo coscienza del fatto che lo
sviluppo sostenibile è un obbiettivo possibile e doveroso; si tratta solo di studiarne le
modalità. Ed è fondamentale che lumanità possa trovarsi daccordo su
qualcosa. Non è importante lorientamento politico: ciò di cui abbiamo bisogno, e
qui sta la grande opportunità, è un incitamento allintervento, al dialogo, a
reagire. La lezione storica è chiara in tal senso: quando la gente ha un generale sentire
ma non vi è scintilla, non si produce cambiamento. Non vi è ancora stata la scintilla
che renderà concreto lo sviluppo sostenibile, in parte forse perché lidea della
gestione di un patrimonio, che presiede a questa sostenibilità, non è troppo eccitante. Perché
sostenibile, si potrebbe chiedere. Forse la scintilla verrà da un nuovo orientamento
dellumanità, oltre lorizzonte della guerra fredda, oltre i nazionalismi,
verso un nuovo grado di civiltà; o forse verrà prodotta da qualcosa daltro. Ma in
ogni caso, dobbiamo determinare come muoverci in chiave di sostenibilità, e poi produrre
quella scintilla che renda concreto lo sviluppo sostenibile. Se ne sta parlando, senza
dubbio, ma manca ancora un azione decisiva in tal senso.
Muovendoci verso unaltra opportunitànon posso dilungarmi in un elenco
completo, che si trova del resto nel volume State of the Future 1998, che ho curato
con Ted Gordontroviamo la possibilità di cambiare le istituzioni. Si tratta di
unopportunità straordinaria, e spesso si sottovaluta la rapidità con cui cambino
le istituzioni, e il nostro sapere su questo processo. Da un lato la gente si lamenta di
sistemi istituzionali sorpassati, che producono un irrigidimento delluniversità,
dellordinamento governativo, o di quantaltro. Ma sappiamo anche che le
istituzioni possono essere modificate. Un esempio. Lanno scorso, in California, ha
avuto origine un evento chiamato net day. Il net day è stato una giornata nel
corso della quale 25000 scuole si sono interconnesse. Questo evento non aveva una
segreteria organizzativa, e non aveva finanziamenti di sorta. Si è trattato di
unattività in Internet organizzata dallo stesso popolo della Rete, e ha investito
milioni di persone. Ed è un esempio di nuove forme istituzionali. Abbiamo dunque, a
fronte di problemi estremamente significativi, delle enormi opportunità, e le capacità
di affrontare i problemi. Dobbiamo solo trovare la volontà di farlo.
Domanda 4
Alcuni ci chiedono di moderare le nostre aspettative sul futuro. Ritiene che delle
aspettative più modeste giustifichino un maggior ottimismo sulla loro concretizzazione?
Risposta
Questa è una domanda cui è difficile rispondere in modo semplice, perché gli studiosi
del futuro sono un po come un medico personale. Ad esempio, se il governo,
lazienda o listituzione per cui si sta lavorando, ha un atteggiamento molto
pessimista il futurologo deve, un po come un buon medico, mostrare quali sono le
opportunità; se invece il cliente è troppo ottimista, noi cerchiamo, beh, di
terrorizzarli. Lessere ottimisti o pessimisti dunque è un concetto piuttosto
relativo e dipende molto da chi si ha di fronte. Ma dato che non so chi ascolterà queste
mie parole, non posso applicare questa regola.
Mi limiterò pertanto a dare un piccolo consiglio. Negli anni 60, in Africa, la
prospettiva di affrancarsi dallo statuto coloniale, sbarazzandosi delle presenze europee e
in genere di chi non era africano, sembrava offrire solo pace, prosperità, crescita.
Sappiamo che le cose non sono andate così, e fra le conseguenze di ciò vi è la grave
condizione depressiva di questo continente, la mancanza di fiducia nel futuro, e dunque
una comprensibile rassegnazione a non apprendere, a non prendere iniziative. Questo è il
risultato delle eccessive speranze, che hanno creato un risultato diametralmente opposto,
un profondo pessimismo. E allora si rende necessario oggi dare iniezioni di fiducia
allAfrica. Un altro esempio è offerto dallesperienza degli Stati Uniti
durante la guerra fredda, quando attraverso dei sondaggi vidi che la gran parte delle
persone ritenevano probabile leventualità di una guerra nucleare con lUnione
Sovietica. Ciò significava che linconscio collettivo di quella civiltà non poteva
prendere seriamente in considerazione un futuro a lungo termine, e che pertanto non fosse
ragionevole investire energie mentali su tale lungo termine. Ora, un atteggiamento
catastrofista, come il sostenere che la terra sia destinata a una lenta ma inesorabile
distruzione, non può non produrre i medesimi effetti sullinconscio collettivo. A
mio avviso una posizione responsabile è di prendere coscienza dei problemile
quindici categorie cui ho fatto prima riferimentocon cui ci confrontiamo, ciascuno
dei quali ci può spazzare via. Ma un atteggiamento responsabile focalizzerà anche le
opportunità che abbiamo, gli elementi che ci possono consentire di risolvere i problemi.
Al bando insomma le posizioni univocamente ottimiste o pessimiste: abbiamo dei problemi
concreti, abbiamo alcune risposte su come affrontarli; mettiamoci al lavoro.
Domanda 5
Lei ritiene che questi metodi e queste previsioni siano sufficientemente noti al grande
pubblico? Quale visibilità hanno sui media?
Risposta
I media sono incapaci di dare conto della globalizzazione; è un compito molto
impegnativo. La televisione è un medium a una direzione. Io vi sto parlando ma non so che
cosa voi stiate pensando. Il risultato è che i media di solito si focalizzano sui
conflitti, sui drammi, sulla polarizzazione bene/male. Fortunatamente con i media
interattivi, Internet ad esempio, il modo per catturare e mantenere lattenzione del
pubblico passa attraverso la cooperazione. Da questo punto di vista le cose sono molto
diverse rispetto ai media tradizionali. E difficile per i media tradizionali fornire
grandi affreschi del futuro, dal momento che il futuro è un oggetto troppo grande, troppo
complesso per i mass media, per le loro modalità comunicative. Questo ovviamente ci rende
poco presenti sui media tradizionali e al contempo ci chiede di intensificare la nostra
collaborazione a livello di interazione con essi. Al momento infatti non abbiamo una
grande visibilità, ma certo speriamo di ottenerne sempre di più.
Per quanto riguarda invece la metodologia di ricerca, vorrei far notare come la maggior
parte delle metafore, delle idee tipiche della riflessione sul futuro siano divenute parte
del sapere collettivo, si siano normalizzate, in tutto il mondo. Pensiamo agli anni
60 o 70: nessuno avrebbe chiesto, in quegli anni, "fammi uno scenario
rispetto a questa cosa", o "quale è il peggior scenario ipotizzabile".
Nessuno avrebbe usato frasi del tipo "fare di più con meno" e "come
possiamo coniugare queste due realtà" o, ancora, usato termini come
"sinergia".
Se si guarda al passato, ai discorsi del passato, alla letteratura, ai media, non si
troveranno affermazioni ed espressioni come quelle che ho appena citato. Io credo invece
che oggi molti dei concetti tipici degli studi sul futuro stiano permeando lintera
società. Oggi parliamo di "tendenze", di "impatti", eppure molti di
coloro che usano questi termini e molti di coloro che addirittura costruiscono scenari del
futuro non conoscono neppure le parola "futurologo". Pensiamo ad esempio a
quanti fanno monitoraggio ambientale o monitoraggio dei media; queste persone guardano al
cambiamento, usano concetti tipici dei Futures Studies eppure non li riconoscono come
tali, spesso non conoscono neppure la disciplina. Lidea stessa del monitorare il
cambiamento non esisteva negli anni 60. Lidea che il cambiamento fosse un
processo costante, e che ciascuno inventa il proprio futuro, era incredibile. Inoltre
lidea dei futuri normativi era prerogativa dei teologi, o comunque di una visione
ideologica del mondo. Il comunismo offriva una visone del futuro, il cristianesimo ne
offriva unaltra, ma lidea che si potessero creare e inventare delle visioni
del futuro era assolutamente sconosciuta. Ora lidea diffusa è che ciascuno si deve
inventare la propria vita, il tipo di vita che desidera. Ciò per noi è normale, ma non
lo era per i nostri nonni.
In conclusione dunque direi che sebbene molte delle tecniche utilizzate dagli studiosi
del futuro non siano note al largo pubblico e nonostante sia davvero difficile ottenere
una copertura mediale adeguata, io credo che, anche grazie ai media, molti dei concetti
proprio degli studi sul futuro siano ormai normali per tutti noi, siano parte della nostra
quotidianità, e ora noi guardiamo in avanti molto di più di quanto non si facesse un
tempo.
Domanda 6
Quale è il ruolo dellimmaginario nei Futures Studies? In altri termini, che potere
e responsabilità si hanno quando si elaborano le rappresentazioni del futuro?
Risposta
Quella che mi si pone è una domanda fondamentale, una domanda che dovrebbe essere sempre
posta anche dopo aver avuto una buona risposta.
Chi controlla la nostra visione del futuro controlla il nostro comportamento. Questo
meccanismo è evidente nella pubblicità. Dunque, io prendo unauto, le metto vicino
una persona attraente, e ciò che scatta è un meccanismo che porta a pensare che chi
compra lauto avrà anche la persona. Questo è un meccanismo di controllo delle
nostre rappresentazione del futuro. Proprio per questo motivo io credo sia stato
fondamentale il processo, avvenuto negli anni 70 e 80, di diffusione
dellidea che noi siamo padroni del nostro futuro, che noi possiamo crearlo.
Io credo che uno degli imperativi etici di chi si occupa di studi sul futuro sia quello
di fornire visioni molteplici del futuro e una molteplicità di riflessioni su di esso,
per poi spingere ciascuno di noi a elaborare una propria riflessione personale. Conosciamo
bene i rischi della massificazione e io credo che la possibilità di elaborare differenti
immagini del futuro sia una grande possibilità che mi rende molto ottimista, anche
perché sempre più gente sta sfruttando questa possibilità. Finché ci saranno molte
immagini del futuro, noi potremo assumere un atteggiamento ecologico nei loro confronti e
questo ci consentirà di vivere una vita migliore. Ma se invece pensiamo in termini
semplici, troppo semplici, al futuro, affermando ad esempio che ci aspetta la fine del
mondo, o che avremo una guerra nucleare, o che i bioterroristi invaderanno gli aeroporti,
se pensiamo solo in termini di futuri monotematici, che tutto sarà buono o cattivo, bene
in questo modo faremo un pessimo servizio a noi stessi e agli altri. Elaborare una
molteplicità di visioni porta la mente a riflettere, a porsi delle domande sulle scelte
da compiere, sulle cose da fare. Elaborate le vostre immagini del futuro, partecipate alla
loro costruzione. Gli studiosi del futuro hanno in questo una grande responsabilità e
proprio per questo devono impegnarsi ad elaborare visioni molteplici del futuro.
Domanda 7
Lei pensa che un certo determinismo tecnologico possa in qualche modo influire o aver
influito sui Futures Studies?
Risposta
Certamente, è molto più facile prevedere un cambiamento nellefficacia dei computer
che un cambiamento nellefficacia della mente umana, o il modificarsi del sistema
valoriale di una società in cambiamento. Si, direi che può succedere, che è sicuramente
successo, eppure la tecnologia è ovviamente solo una delle forze del futuro, non è di
sicuro lunico elemento da tenere in considerazione.
Domanda 8
E daccordo con chi saluta la rivoluzione tecnologica quale fattore decisivo
nella semplificazione dellesistenza?
Risposta
Di fatto io credo che le tecnologie abbiano reso, al contrario, le cose più complesse.
Basta pensare alla molteplicità di scelte che dobbiamo effettuare. Io credo che la
tecnologia non semplifichi le condizioni di vita, forse può renderci la vita più
semplice nel senso ad esempio che non mi devo lavare a mano i vestiti, ma in senso più
ampio ha reso la nostra vita estremamente complessa. Ora ad esempio è molto facile per
chiunque inondare il mondo di notizie e di informazioni, cosa impossibile sino a non molto
tempo fa. La tecnologia a mio parere è uno dei fattori di complessità, ma questo non ci
deve rendere ostili verso la tecnologia stessa e neppure deve portarci a chiamarci fuori;
questo sarebbe infatti davvero irresponsabile. Recentemente, negli ultimi due anni,
cè stata una diffusa lamentela a proposito del fatto che solo il 2% di tutti i siti
Web era scritto in una lingua che non fosse linglese. Lanno scorso la
percentuale è salita al 18% e adesso esistono diversi programmi, distribuiti dalle ditte
produttrici di software, che consentono di tradurre automaticamente i siti Web in altre
lingue. Questo ci insegna, a mio parere, che le campagne vuote, le lamentele sono inutili:
insomma, piuttosto che imprecare contro il vento, costruiamo dei mulini.
Domanda 9
Che cambiamenti dobbiamo aspettarci nel settore delle comunicazioni?
Risposta
Io credo si debbano tenere in mente un paio di cose. La prima è che arriveremo ad avere
cose che sembrano vive. Mi spiego: pensate al vostro videoregistratore, se fosse più
"vivo" non solo vi permetterebbe di registrare e di vedere una cassetta, ma si
ricorderebbe anche i vostri gusti, risponderebbe ai vostri comandi dati a voce e così
via. Bene guardiamoci intorno, guardiamo tutti gli oggetti che ci circondano, dalla
televisione agli abiti, dai gioielli ai mobili, e pensiamo che nel giro di 25-30 anni
questi oggetti saranno in grado di parlarci, di ascoltarci, di apprendere, di adeguarsi ai
nostri comportamenti.
Come avverrà tutto ciò? Uno dei motori di questo cambiamento è sicuramente il
processo di miniaturizzazione già in corso. Noi stiamo costruendo computer sempre più
piccoli e saremo in grado di rimpicciolire ulteriormente le nostre tecnologie. Ad esempio,
io potrei avere un computer negli occhiali, con il processore nelle stanghette, e potrei
comunicare, attivando il collegamento con una parola chiave, con un amico che sta
dallaltra parte del mondo, e poi, stabilire la connessione con unaltra persona
visualizzandola sullaltra lente. Potrei comunicare con entrambe queste persone e al
contempo parlare con voi e nessuno di voi saprebbe cosa sta succedendo. Con lo sviluppo
delle nanotecnologie, noi possiamo avere computer, sistemi di trasmissione, sistemi di
riconoscimento vocale, microfoni, sempre più piccoli, e potremo avere molte comunicazione
in contemporanea.
Ho già fatto io stesso delle sperimentazioni in questo senso, che confermano come ciò
possa avvenire normalmente. Certo è difficile immaginare che ci sia possibile condurre 3
o 4 conversazioni contemporaneamente, ma cercherò di spiegarmi con unanalogia.
Stiamo guidando una vecchia auto la quale, raggiunta una certa velocità, inizia a
vibrare. Spesso però, accelerando ulteriormente, le vibrazioni cessano. Una cosa simile
avviene con la comunicazione multipla, o con altri fattori di complessità, che con la
consuetudine e ladattamento possono produrre un nuovo senso di stabilità. Si dice
spesso che utilizziamo solo il 10% delle nostre capacità mentali, ed è
unaffermazione facile perché non teme smentita, ma senza dubbio abbiamo la
possibilità di imparare a gestire una condizione di maggior complessità. Ecco, se non
altro in parte, perché prima ho affermato che bisognerà pensare a se stessi non più
quali "dipendenti" ma come "imprese": perché saremo noi stessi,
attraverso lintervento della Information Technology e delle nuove tecnologie di
comunicazione, dei sistemi con unesistenza infinitamente più complessa.
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