Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Ruggero Eugeni

Milano, 09-11-1996

"Dall'alba del testo all'ipertesto"

SOMMARIO:

  • L'intervistato introduce il concetto di visibilità del testo (1).
  • Il testo scritto è nato come primo strumento di comunicazione a distanza, connotato come vero e proprio utensile che plasma l'esperienza del lettore (2).
  • L'alba del testo è caratterizzata da una precisa distinzione tra testo scritto e testo iconico. In entrambi i casi il "legere", il raccogliere, ovvero l'atto di lettura, era operazione molto faticosa, inizialmente pubblica, poi privata e silenziosa. Il testo corredato di immagini lascerà il posto al "testo spartito" (3).
  • L'invenzione della stampa è coeva di un'altra grande invenzione: quella della prospettiva. Eugeni spiega cosa accomuna la prospettiva alla lettura di testi stampati: la completa immersione del fruitore/spettatore in un mondo altro. La forma del testo cambia, poi, con gli inizi del '900 e con l'affermazione di nuovi mezzi quali radio, TV, media elettronici. L'ipertesto conserva ancora caratteristiche del testo tradizionale (4).
  • Anche il mezzo televisivo ha subito una notevole trasformazione nel corso degli ultimi decenni (5).
  • Ma i nuovi media non sostituiranno completamente i vecchi: assisteremo, infatti, ad una connivenza di più forme testuali (6).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Vorrei parlare con Lei degli articoli, dei paragrafi, degli argomenti del libro Il testo visibile, di cui Lei ha trattato il capitolo relativo alla storia della visibilità testuale. Di cosa si tratta?

Risposta
Noi parliamo di testo, molto spesso facendo riferimento a tanti oggetti differenti, ad un film, ad un romanzo, ad un racconto, ad una poesia. Il problema è che, anzi tutto, questi oggetti sono molto differenti, e se andiamo a vedere che cosa essi hanno effettivamente in comune, ci accorgiamo che hanno in comune il fatto che si vedono, che sono percepibili intersoggettivamente, sono percepibili da parte di più soggetti. Questo è un primo aspetto, ed è decisivo perché prende in considerazione questa percepibilità, questa visibilità, che, a volte, diventa anche audibilità. Questi testi, questi oggetti, possono svolgere il loro compito, che è quello di creare comunicazione pur nella distanza, creare comprensione pur nella non compresenza fisica dei soggetti che partecipano all'atto comunicativo, superando delle soglie, delle barriere di tempo e di spazio. Ora, l'aspetto della visibilità del testo, determina, poi, delle caratteristiche intrinseche molto importanti del testo. Pensiamo alla differenza tra un film, per esempio, ed un romanzo, che è una differenza, innanzi tutto, di superficie visibile, di pelle. In seguito avremo occasione di sviluppare meglio questo punto, ma diciamo fin d'ora che è vero che sia il film che il romanzo, soprattutto il romanzo classico, tendono ad introdurre il lettore o lo spettatore in un'esperienza di visionarietà, quindi tendono a sollecitare un immaginario visivo; è anche vero, però, che questa sollecitazione parte da due superfici visibili molto diverse. Tipicamente, nella storia della nostra cultura, c'è stata una opposizione e un allacciamento tra due grandi forme di visibilità del testo: la forma iconica, l'immagine, e la forma scritta. Da un lato, quindi, il soggetto recettore è stato invitato ad un'esperienza di lettura, per così dire, reticolare, a percorrere una rete di segni, potendo orientare il proprio occhio, la propria attenzione e anche la propria ricostruzione narrativa dell'accaduto, in direzioni differenti, per quanto disciplinate dalla superficie testuale. Dall'altro canto c'è stata invece un'esperienza puramente lineare, ed in quella linearità era un aspetto molto importante. In questo senso, parlare della visibilità del testo, dell'aspetto visibile del testo costituisce una via privilegiata per affrontare una serie di problemi legati alla storia del testo, alle forme che il testo ha assunto nella storia, soprattutto alle forme del rapporto tra i testi e i soggetti che recepiscono, che leggono o che guardano questi testi. Questo mi sembra un tema molto importante, in vista di un'apertura ad una sorta di archeologia dell'ipertesto elettronico, di archeologia del multimediale.

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Domanda 2
Quindi, l'alba del testo.

Risposta
Sì. L'idea che abbiamo seguito nel lavorare su questi materiali, nasce da un campo di studi che potremmo chiamare "il campo di studi delle tecnologie del testo". Gli autori che si sono applicati a studiare i rapporti tra le tecnologie che producono testi e i testi stessi, hanno evidenziato come in corrispondenza di alcune grandi svolte tecnologiche che hanno coinvolto direttamente gli oggetti testuali, vi sono anche delle profonde trasformazioni nel rapporto fra persone e testi, e anche nella storia della cultura nel senso più ampio. E dico subito che cosa intendo: un grande tema è quello della nascita della scrittura. Che cosa cambia in una cultura quando si passa dalla oralità alla scrittura? Si tratta di un tema sviscerato da vari autori. Potremmo ricordare le ricerche di Henry Havelock, nel campo antropologico. A nostro avviso il tema è molto interessante perché con la nascita della scrittura e, prima ancora, con la nascita della figuratività, possiamo parlare della messa a punto dell'utenza del testuale. Il testo è considerabile, al di là di tante considerazioni un po' sacrali - il testo con la 'T' maiuscola, il testo intoccabile - che diamo per superate, è considerabile un utensile, un oggetto che serve a qualche cosa. A che cosa serve? Serve a costruire, lo accennavo prima, comunicazione a distanza, in condizioni di non compresenza. Con la nascita della figuratività prima, con la nascita della scrittura poi, che, per quanto riguarda la nostra cultura occidentale, come sappiamo, nasce circa nell'VIII secolo a.C., e, dando per buone alcune acquisizioni dell'annosa questione omerica, anche il racconto orale viene trasportato in racconto scritto intorno all'VIII secolo, tutte queste tre grandi immersioni capitali danno corpo, danno materialità ad un utensile: l'utensile testuale, il testo come oggetto, che serve a qualche cosa. A cosa serve questo oggetto? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un passo indietro ancora più ampio e reperire alcune testimonianze antiche, di cui parla, per esempio, un antropologo francese molto famoso che è André Leroi Gouran; quest'ultimo ci riferisce come, intorno al 40.000-45.000 a.C., siano collocabili delle ossa a tacche, delle ossa di animali con delle tacche. A che cosa servivano queste ossa a tacche? Forse a contare, ma questo non è molto probabile; forse avevano uno scopo religioso, servivano, cioè, a salmodiare. Potremmo dire che servivano a ritmare un'esperienza, l'esperienza religiosa, per esempio. Questo fatto è molto importante, per rispondere alla domanda a cui stiamo cercando di rispondere: a che cosa serve un testo. Nella sua forma primitiva, originaria, se assumiamo questi oggetti come testi primitivi,  il testo è uno strumento, un utensile che serve non a dar forma al mondo e agli oggetti, come le asce, come i vari strumenti per costruire altri strumenti o per modificare il mondo. Il testo serve a plasmare, a dar forma alla esperienza umana. Ecco, allora, che l'"alba del testo" reca questa idea fondamentale: nasce un nuovo oggetto, e questo oggetto, per esempio, da un punto di vista ritmico nel caso delle ossa a tacche, serve a precostituire alcuni aspetti della esperienza dell'uomo. E su questo primo oggetto si saldano una serie di invenzioni successive, da cui sono partito per comodità, che sono: la figuratività, la scrittura e il racconto. Si saldano in maniera molto naturale, molto immediata, affinché questo strumento basilare sia sempre più preciso, svolga sempre meglio la sua funzione. Con la nascita della scrittura e poi, insieme, del racconto, nel momento in cui è la stessa esperienza della comunicazione orale ad essere materializzata sulla superficie visibile del testo, ecco che questo strumento ha raggiunto un grado di sviluppo molto avanzato, così avanzato che, sostanzialmente, lo usiamo ancora oggi così come l'abbiamo ricevuto dall'VIII secolo a.C.. Lo usiamo ancora oggi tutti i giorni, per quando leggiamo un libro, per quando leggiamo un romanzo, per quando leggiamo un racconto.

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Domanda 3
Il testo antico da spartito a modello.

Risposta
In una prima fase della nostra cultura, nella fase del mondo antico, il testo ha una connotazione di forte materialità. Assistiamo, anzi tutto in una prima parte, ad una distinzione molto precisa tra il testo scritto e il testo iconico, l'immagine. Questi due tipi di testo hanno degli usi differenti. Soprattutto nel testo scritto è molto forte questo aspetto di materialità. Alcuni medici ellenistici davano queste ricette ai loro pazienti un po' debilitati, un po' deboli: "leggete, perché il leggere è un'operazione ritemprante, ma faticosa, molto faticosa". Pensate a cosa doveva essere, per un lettore, avere di fronte o queste tavolette, oppure le pergamene trattate, che avevano o la forma del "volumen", del "rotulo", oppure quella più recente del "codex", che è la forma del libro. Comunque erano degli strumenti molto pesanti. La lettura era resa difficile dal fatto che le parole non erano separate le une dalle altre, quindi c'era un forte sforzo percettivo e cognitivo. Peraltro, il nostro termine "leggere" nasce proprio dal latino, dal vocabolario latino della raccolta del grano, dell'agricoltore: "legere" vuol dire "raccogliere", raccogliere in covoni, e fa parte di una sfera metaforica per cui lo scrivere era come tracciare dei solchi e seminare delle parole. Il lettore compiva l'operazione stagionalmente opposta, cioè: raccoglieva il frutto di questa semina e li raccoglieva in covoni. "Legere", appunto: "raccogliere". Bene, in questo senso la lettura era anche un atto pubblico, e avveniva, praticamente, sempre ad alta voce. Quindi era un atto fisico, un atto pubblico, molto legato alla linearità, evidentemente. Questo stato di cose inizia a cambiare nel XII secolo, e conosce una lunga trasformazione, dal XII al XIV secolo, in quanto i manoscritti cominciano a subire delle trasformazioni. Dunque, attenzione: è ancora la superficie visibile del testo che cambia. In che senso cambia? Nascono gli indici, per esempio; le parole vengono staccate, i vari periodi vengono distinti, o sono scritti con inchiostri diversi.Il punto interessante è che contemporaneamente nasce la lettura silenziosa. Quindi la lettura non è più un atto pubblico e non è più neanche un atto assolutamente legato alla linearità dei solchi dello scrivere, ma diventa un esercizio prettamente intellettuale e di ragionamento. Non è un caso che si passa dalla cosiddetta monastica, cioè una lettura esercitata, appunto, nei monasteri, ad alta voce, collettivamente o, comunque, fatta bisbigliando, borbottando, alla lettura scolastica, cioè alla lettura universitaria, legata anche all'avvento della filosofia scolastica, che è una filosofia che non segue più la linea del commento al testo biblico, ma segue la linea del ragionamento sistematico. Dal punto di vista del rapporto tra l'immagine e lo scritto, le immagini sembrano scomparire da questi testi. In realtà che cosa sta succedendo? Sta succedendo che alcuni aspetti dello scritto contagiano l'immagine, si fondono all'immagine, e viceversa, alcuni aspetti dell'immagine contaminano lo scritto. In particolare era proprio dell'immagine -lo accennavo anche prima- la possibilità di una lettura reticolare, di afferrare alcuni nessi di tipo narrativo oppure di tipo logico, a vista d'occhio, immediatamente. Per esempio, era tipico - lo troviamo molto spesso nell'iconografia medievale- un confronto di episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento: l'albero del Paradiso, l'albero dell'Eden e la Croce di Cristo, oppure il sacrificio di Isacco e la Croce di Cristo. In tutti questi casi si suggeriva al lettore una connessione a distanza tra gli episodi biblici, in maniera tale che gli episodi del Vecchio Testamento anticipavano quelli del Nuovo, c'erano delle rime visive molto forti, che permettevano questa connessione. Dunque, a colpo d'occhio, si individuava una connessione. Questa immediatezza di comunicazioni, in qualche modo e in parte, si trasferisce nel nuovo format grafico, nella nuova impostazione grafica, che riceve la pagina scritta. Anche se, ovviamente, questi procedimenti non cessano di operare, anzi continuano ad operare in maniera sempre più forte anche all'interno dell'immagine. In questo senso possiamo parlare di un passaggio da un testo fortemente materiale a quello che abbiamo chiamato un "testo spartito", cioè un testo che, a colpo d'occhio, immediatamente, permette di cogliere delle connessioni.

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Domanda 4
Quali sono i nuovi modelli di lettura che si affermano col libro a stampa?

Risposta
Questo passaggio ad una lettura silenziosa del testo scritto si estende, ha una maturazione lenta. Inizia nel XII secolo, con una maturazione lenta fino al 1400-1500, nel momento in cui anche la letteratura narrativa, intanto, sta nascendo - ricordiamo che nel XII secolo inizia la nascita delle grandi letterature narrative nazionali, che però sono ancora lette ad alta voce. L'avvento della lettura silenziosa rivela, lentamente, delle conseguenze molto importanti. Anzi tutto abbiamo una diffusione della lettura e anche una diffusione delle immagini, dovute, evidentemente, all'invenzione della stampa. Siamo, come è noto, nella seconda metà del Quattrocento e la diffusione della tecnologia e della stampa porta, a dei ceti sempre più allargati, la possibilità di leggere, ma anche di vedere delle immagini, perché la stampa delle parole è legata anche alla diffusione delle tavole, delle illustrazioni, soprattutto delle incisioni su legno. Nel frattempo, dobbiamo considerare per il nostro discorso, due importanti innovazioni, poi vorrei aprire una parentesi sul metodo che sto seguendo in questa riflessione. Una prima invenzione è la stampa: la stampa è sorella gemella, per lo meno è coeva, di un'altra grande invenzione della nostra epoca, che è l'invenzione della prospettiva. Ovvero, l'idea che nel momento in cui io compongo una immagine, non documento soltanto una scena, documento anche il fatto che questa scena è vista da qualcuno, poiché esiste un occhio che guarda questa scena, in quanto tutta la scena è organizzata in funzione della posizione di quest'occhio, di questo osservatore implicito. Questo è il nucleo sostanziale dell'invenzione della prospettiva. La prospettiva inventa un osservatore implicito della scena. La scena non è lì in sé, è lì perché c'è qualcuno che l'ha guardata da un preciso punto di vista e tutta la visuale è organizzata in funzione di quel punto di vista. Questa è una prima invenzione interessante. Seconda invenzione: a partire dal 1400 la lettura comincia ad avere una funzione spirituale molto importante. La spiritualità, nel 1400-1500, subisce delle evoluzioni e diventa sempre di più una spiritualità soggettiva, cioè la santificazione dell'individuo; in Occidente non passa semplicemente attraverso la collettività o attraverso il fare, passa anche attraverso la crescita spirituale interiore. Qual'è uno degli strumenti di questa crescita spirituale interiore? E' la lettura. Non solo la lettura. Alcuni studiosi hanno notato come in questo periodo nasce anche il "piano americano", cioè i santi - tipicamente la Madonna, il Bambino, San Giovanni -, raffigurati a metà busto, ma non perché poi dovevano figurare in un duello, come quando c'è un piano americano nei film, ma perché la statua di questo nuovo formato doveva essere collocata nelle cappelle private, con la possibilità di instaurare un rapporto diretto, a tu per tu tra il santo e l'orante, soprattutto all'interno delle case borghesi, mercantili, quindi dei ceti medio alti. Ora, la lettura, in questo contesto, assume un'importanza molto forte, perché è mediante la lettura o del testo sacro o di testi di deità, appositamente approntati, che il soggetto evade dal mondo e inizia una scalata spirituale, una scalata interiore. E' una tappa fondamentale della storia della scrittura d'Italia, anzi, è il momento in cui nasce il termine stesso di spiritualità in Francia. Cosa hanno in comune queste due invenzioni: la prospettiva e l'utilizzo spirituale della lettura, che è un'invenzione di tecnica della spiritualità? Hanno in comune il fatto che in entrambi i casi il testo (vi ricordate? Noi stiamo lavorando sull'idea che il testo sia uno strumento che plasma un'esperienza del soggetto) riceve una nuova specificità. Questo strumento, quest'utensile, plasma l'esperienza del lettore, dello spettatore, introducendolo in un mondo altro, costruendo un accesso, pilotando un accesso in un mondo diverso, altro, un mondo finzionale rispetto a quello in cui il soggetto si trova a vivere. Quindi, la lettura o la spettatorialità diventano sempre di più un'esperienza di superamento dello specchio di Alice. Ci sono tante metafore, che poi la stessa letteratura e il cinema hanno inventato per esprimere questo concetto del trapasso. Nel momento in cui il lettore legge, si immerge in qualche cosa. E qui cominciamo a collegare una serie di fatti complessi: anzi tutto, l'evoluzione di nuove tecniche anche all'interno della fibroattività, che mirano proprio ad introdurre il lettore nella scena raffigurata. Tutta la pittura rinascimentale conosce una serie di soggetti indicatori e di astanti, personaggi che non partecipano direttamente alla scena, ma la guardano e la indicano; quindi danno istruzioni allo spettatore per penetrarvi, oppure, più avanti, il trompe l'oeil, le finte architetture, tendono a rompere, a far trapassare questo diaframma fra il mondo finzionale e il mondo reale. Nel campo della letteratura nasce la grande forma del romanzo, come costruzione di un mondo di personaggi e di ambienti estremamente complesso, estremamente articolato, che chiede al lettore una lettura immersiva. E anche da un punto di vista di sociologia della letteratura, infatti, ci sono molte testimonianze di questo tipo di lettura immersiva. Questa eredità è la grande eredità che il romanzo, soprattutto, poi trasmette al cinema, nel momento in cui, alla fine dell'Ottocento, una lunga e complessa serie di invenzioni tecnologiche giungono a dar corpo a quella che era stata una grande utopia. Noi la chiamiamo cinema; potremmo chiamarla fantasmagoria: l'idea di un rapporto molto immediato, molto diretto con delle immagini, con delle ombre, con qualche cosa che non c'è. Il testo viene, ormai, completamente smaterializzato. Non c'è più neanche la fisicità del libro, non c'è più neanche la fisicità del quadro o della parete dell'affresco. Ormai il cinema è il grande erede, in un certo senso, della vetrata medioevale, e poi della lanterna magica; è l'erede di un certo tipo di testo che vive sull'assenza, di una corporeità precisa. Abbiamo soltanto uno schermo. Ma proprio questa estrema leggerezza, questa estrema inconsistenza fisica del testo congiura a favore di un pieno coinvolgimento nello spettatore. E non a caso con il testo, con il cinema, prende corpo tutto un intero dispositivo cinematografico: la sala, il silenzio, il buio, l'isolamento, e poi, con l'invenzione degli anni Venti - Trenta del sonoro, un isolamento anche acustico. Ed è molto interessante notare come il cinema sia stato fortemente anticipato da alcuni autori della narrativa fantastica. Esiste un romanzo molto interessante di Giulio Verne, Il castello dei Carpazi, che è uno degli ultimi romanzi di Verne, in cui il meccanismo cinematografico, l'isolamento, il buio, questo gioco di specchi che propone delle immagini che non ci sono viene fortemente tematizzato. Quindi è all'interno del gotico, della letteratura gotica fantastica, che nasce quest'idea. Evidentemente questo a me sembra molto interessante, perché quest'idea non è altro che la esasperazione o, se vogliamo, una chiarissima esplicitazione di un desiderio, che è il desiderio di ogni tipo di testo: quello del trascinare il proprio spettatore in un mondo altro, per certi aspetti anche il mondo dei morti. La scena cambia in maniera molto forte a partire dagli inizi del Novecento, quando la testualità comincia ad assumere delle forme nuove. Queste forme sono, dapprima, quella del flusso prima radiofonico, poi televisivo - quindi testi in continuità -, e, successivamente, quella dell'ipertesto elettronico. Non meravigli se all'interno di una manifestazione legata alla multimedialità, soltanto alla fine e forse in un tassello che può sembrare un po' sacrificato, si arrivi a parlare del testo multimediale. In realtà a me pare che occorra collocare la multimedialità all'interno di un contesto più ampio, di un panorama più ampio, come quello che abbiamo cercato di tracciare. Che cosa avviene nel caso di ipertesto elettronico? Avvengono due cose correlate su cui posso tranquillamente finire il mio intervento, perché tutto il mio discorso voleva arrivare qui. Il primo fatto che accade è che il testo assume una nuova forma visibile, una nuova visibilità. Il testo si smaterializza ormai quasi completamente, non abbiamo nulla di fisicamente presente, come nel caso dell'ipertesto in rete, e assume sempre di più - lo sappiamo, ormai - una forma reticolare, uno spezzettamento dei contenuti e degli elementi in dei pacchetti, con un intreccio di collegamenti. E' il trionfo di quella struttura reticolare che avevamo visto fin dalle origini, presente tipicamente nel testo iconico, che rifluisce, per alcuni aspetti, anche nel testo scritto e che, in questo momento, viene elevata alla ennesima potenza grazie alle possibilità di questi labirinti rizomatici che gli ipertesti consentono. Questo è un primo aspetto. C'è un altro aspetto, però, che tende a sfuggire alla letteratura su questo settore, e costituisce una linea di continuità col passato. Prendiamo un settore di ipertesti multimediali, come quello dei giochi di ruolo o dei giochi "adventure". E' tipico di essi l'uso di una figura soggettiva: il giocatore si trova nella posizione di uno dei personaggi, deve vivere un'avventura, risolvere dei problemi perché il racconto continui. Allora che cosa ritroviamo qui? E' molto forte, molto presente l'eco di quella utopia che era già nel romanzo, che era nel cinema: trascinare il lettore dentro il mondo testuale, plasmare l'esperienza di fruizione come esperienza di dislocamento, come esperienza di "trans", di trasferimento di sé all'interno del testo. Quindi, l'ipertesto elettronico chiede, come e meglio del film, come e meglio del romanzo, i nostri occhi, chiede le nostre voci, chiede i nostri tempi, chiede il nostro tempo, chiede il nostro spazio. Pensiamo soltanto all'aspetto del tempo. Certo, il romanzo chiede tempo per essere letto e il film chiede tempo per essere visto. Ma nel caso dell'ipertesto multimediale, per esempio nei giochi di ruoli, nei giochi adventure, il tempo è essenziale per strutturare la stessa avventura. Il racconto si svolge con il tempo che io gli dedico. Quindi il mio tempo serve a nutrire il racconto che si sviluppa. Questa linea di continuità con il passato mi sembra motivare alcuni ritorni all'interno degli ipertesti contemporanei. L'importanza che ha il gotico all'interno dei giochi di ruolo, l'immaginario del romanzo gotico viene riproposto all'interno di giochi, con tanti mist. Mist, per esempio, nasce per dichiarazione degli stessi autori, da L'isola misteriosa di Giulio Verne. Dunque isole, labirinti. La figura del labirinto è importantissima, sia perché traduce visivamente  - quindi, di nuovo vediamo come il problema del visibile sia importante -, ciò che, visivamente, è assolutamente invisibile: l'architettura logica sottostante l'ipertesto, l'architettura dei link che struttura in maniera invisibile l'ipertesto. Labirinti, porte, trabocchetti, libri che introducono a dei mondi, come appare, con una metafora lampante, all'interno: mist-astronavi che trasportano su altri mondi, giochi di identità con i personaggi, il problema del doppio; e poi, evidentemente, il problema del mostro, il gioco con le forme che cambiano, le forme di personaggi in continua evoluzione, l'andare a fondo, lo scavare non si sa verso cosa! Tutto questo immaginario ritorna all'interno degli ipertesti multimediali; ma non ritorna, a mio avviso, soltanto perché i creatori sono a corto di idee, ritorna a denunciare questa appartenenza non evidentissima, ma senza dubbio presente e profonda, tra gli ipertesti elettronici e un immaginario legato alla testualità, legato alla lettura, che opera ancora con estremo vigore all'interno della nostra epoca.

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Domanda 5
Il testo televisivo, rispetto a quanto ha detto, è più vicino ad una funzione centripeta e sequenziale o policentrica e reticolare?

Risposta
Nel libro il flusso l'abbiamo definito policentrico e sequenziale. E' una prima tappa di ridiscussione degli statuti "classici" della testualità. Ed è una tappa di passaggio importante, proprio per questa funzione di rimessa in discussione di alcuni canoni di visibilità del testo tradizionale: la finitezza, appunto, il fatto che il testo sia concluso. Apre la strada a quella discussione più radicale che viene messa in atto dalla ipertestualità multimediale. Su questo io credo che occorra fare uno sforzo per superare alcuni schemi un po' riduttivi del dibattito che c'è stato in Italia. Quali sono questi schemi riduttivi? Sono quelli per cui si è visto il passaggio, si è letto le trasformazioni della nostra televisione italiana. Sono state lette come un passaggio dalla veterotelevisione alla neotelevisione. Sono termini che sono entrati nel linguaggio comune degli studiosi, a partire dall'inizio degli anni Ottanta. Passaggio dalla veterotelevisione alla neotelevisione. Quindi, la veterotelevisione come una televisione che fa teatro televisivo, fa i grandi sceneggiati; quindi, una televisione pesante. Mentre la neotelevisione è una televisione fluida, una televisione del flusso, non più della programmazione. Si tratta di una televisione della commistione dei generi e non più di un sistema di generi forti e definito. In effetti, io credo che questo sia vero, che ci sono state queste trasformazioni, però vanno lette come un emergere dei caratteri peculiari, propri del mezzo televisivo. Ovvero, quella che chiamiamo veterotelevisione, la televisione delle origini del nostro paese, come in altri paesi, era una televisione che applicava al mezzo televisivo dei parametri di testualità, dei canoni di testualità, che non erano propri del mezzo televisivo, ma erano parametri di testualità propri del testo classico. Dopo una certa ora la televisione si interrompeva, il flusso era artificiosamente interrotto, con varie motivazioni, anche storicamente legittime, oltre che storicamente attestate: il fatto che a un certo punto i ragazzini dovevano fare i compiti, per cui non si poteva fare la TV dei ragazzi oltre le cinque e mezza; il fatto che, ad un a certa ora, gli italiani dovevano andare a dormire, per cui si spensero gli interruttori della centralina elettronica per interrompere uno sceneggiato; a quel tempo non si registrava, si andava in diretta. Ma questa interruzione artificiosa del palinsesto, del flusso, rappresenta, di fatto, un ragionare con degli schemi di testualità obsoleti rispetto allo stesso mezzo; questo è il punto: un mezzo che è, per sua natura, policentrico e sequenziale, e che quindi propone una serie di centri di interesse, ma con una fluidità che è unica, che è propria del mezzo.

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Domanda 6
E allora l'ipertesto elettronico sostituirà la policentricità, la sequenzialità?

Risposta
Sì. Ma questi due fratelli, uno minore e uno maggiore, che sono il flusso radiotelevisivo e l'ipertesto elettronico, credo che continueranno a convivere. Il punto di vista di chi pensa che un nuovo mezzo o, nella nostra ottica, una nuova forma di testualità debba immediatamente, automaticamente annichilire quelle precedenti, io credo che non funzioni. Piuttosto, la storia dei media, la storia delle testualità è una storia che avanza per sedimentazione. No, io non credo. Credo, invece un'altra cosa: che la connivenza di più forme testuali porterà sempre di più - lo stiamo vedendo -, ad una presa di coscienza dello specifico di ciascuna di queste forme testuali, e, quindi, ad un utilizzo al meglio da un punto di vista di sfruttamento degli aspetti specifici. Quindi, direi, in un certo senso, che gli ipertesti fanno bene alla televisione e anche che la televisione fa bene agli ipertesti, per altri versi.

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