INTERVISTA:
Domanda 1
Lei ha creato un neologismo, il cybionte. Che cosa significa questa parola?
Risposta
Il cybionte è una metafora per porre mente a quello che ci potrebbe succedere nel terzo
millennio. Il significato di questa parola è la creazione di un organismo planetario, un
macrorganismo, costituito dagli uomini, dalle città, dai centri informatici, dai computer
e dalle macchine. Se si dice "città" si sa di cosa si parla, ma non si possono
utilizzare immagini per rappresentare un organismo planetario costituito da tutti questi
sistemi. Perciò ho creato il termine cybionte che deriva dalla cibernetica,
la scienza dell'informazione e della regolamentazione nei sistemi complessi, e dalla
biologia (bios), e che denota un organismo ibrido, nello stesso tempo biologico,
elettronico e meccanico.
Domanda 2
Se un organismo è qualcosa di più della somma delle sue parti, che cosa vuol dire
cybionte?
Risposta
Vuol dire che il cybionte è più della somma delle sue parti, come il cervello è più
della somma dei suoi neuroni, o il corpo umano è più della somma di quei sessantamila
miliardi di cellule che lo costituiscono. C'è emergenza di proprietà nuove.nel fenomeno
del vivente. Ho scritto, qualche anno fa un libro sulle origini della vita e mi sono
interessato a come delle molecole isolate nei mari primitivi, negli oceani, possano
accumularsi, possano integrarsi per dare una cellula vivente con una proprietà nuova che
è la sua capacità di evolversi, di riprodursi e di morire. Cosa emergerà da questa
nuova vita planetaria che stiamo fabbricando con le nostre reti di comunicazione e i
computer connessi fra loro? Questa è la sfida del cybionte e del mio libro. L'uomo saprà
utilizzare le leggi della natura per capirla meglio, per organizzare il futuro nel suo
interesse, in modo che questo enorme macchinario non si ritorca contro di lui?
Domanda 3
La terra può diventare una cellula di autocoscienza nell'universo?
Risposta
E' possibile, ma non è sicuro che ci si riuscirà. Sul piano dell'ecologia, ricercatori,
hanno proposto l'idea di "Gaia". "Gaia" è l'idea di una terra, di un
sistema-terra che reagisce come un essere vivente, senza essere un vivente. Per me questi
ricercatori non hanno parlato della società umana. Parlano sempre dell'uomo come di un
parassita che vive sulla terra. Io penso che l'uomo stia costruendo un nuovo organismo
vivente, un macrorganismo planetario, e che questo organismo deve imparare a vivere in
simbiosi con "Gaia", la terra. Questo esige l'ecologia. Se questa simbiosi
riesce, allora avremo una possibilità di vivere un terzo millennio e un quarto, positivi
per l'umanità, altrimenti andremo verso catastrofi ecologiche, economiche e sociali.
Domanda 4
Fino ad adesso abbiamo conosciuto l'homo sapiens, l'homo faber ed oeconomicus. Adesso lei
ci parla dell'uomo simbiotico. Che cos'è?
Risposta
L'homo sapiens sa di sapere, mentre l'animale non ha l'autocoscienza. L'homo faber
costruisce degli utensili che nel tempo si sono evoluti fino a diventare le macchine che
sono intorno a noi oggi. L'homo oeconomicus rappresenta ciò che siamo diventati
possedendo e godendo beni e servizi in modo egoista: siamo degli ego-cittadini, non degli
eco-cittadini. Voglio dire che se continuiamo con questo atteggiamento da parassiti del
pianeta, da fruitori egoisti - le nazioni sviluppate rispetto alle nazioni in via di
sviluppo, le nazioni industriali in rapporto al resto del mondo - andremo verso catastrofi
e crisi assai gravi. Da qui è nata l'idea dell'homo symbioticus, che è come lei e come
me. Non cambieremo, non avremo una testa enorme e non perderemo i denti perché mangeremo
pillole. Non ci credo: penso che saremo noi stessi fatti di carne e sentimenti, ma
connessi con mezzi estremamente potenti di elaborazione dell'informazione e di
comunicazione audiovisiva... La tv, i sistemi multimediali, Internet e le autostrade
dell'informazione, sono solo l'inizio di quello che ci aspetta nel terzo millennio.
Bisogna prepararsi a superare questa "mediamorfosi", piuttosto che essere
schiavi della nuova rivoluzione.
Domanda 5
Finora gli uomini avevano costruito soprattutto utensili che erano protesi del corpo
umano, ma tra un po' di tempo con i computer e le reti telematiche costruiremo anche
protesi del cervello. Cosa significa questo?
Risposta
Penso che da una parte il mondo è venuto verso di noi e d'altra parte noi abbiamo
proiettato le nostre funzioni nel mondo meccanico ed elettronico. Per esempio, la
televisione è la proiezione dell'occhio, la radio dell'orecchio, il computer della
memoria, l'automobile dei piedi. Poco a poco abbiamo imparato a interfacciarci con questo
mondo. Questa scienza si chiama "ergonomia meccanica". Adesso siamo in un'epoca
di "ergonomia intellettuale". Quando si dice che un computer è user
friendly vuol dire che è in un buon rapporto con noi, che lo si può usare
facilmente. Ma andremo anche oltre. E' questa l'idea che ho messo nel mio libro e che
chiamo bioelettronica. Penso che ci siano tutte le condizioni favorevoli perché
l'informatica da un lato e la biologia dall'altro convergano verso una nuova scienza, di
cui si occuperanno sia i neurobiologi che gli specialisti d'informatica, per trasferire
direttamente alcune informazioni dal cervello nelle macchine. A questo punto Internet, la
televisione, il computer diventeranno una parte di noi: si creerà una simbiosi, che non
sarà più solo biologica, ma un ibrido bioelettronico. Credo che nel terzo millennio, fra
un secolo, o un secolo e mezzo, ma forse anche prima, dovremo imparare a vivere con questo
tipo di associazione.
Domanda 6
Per quanto riguarda l'interfaccia fra i computer e gli uomini, finora abbiamo usato le
dita e qualche volta la voce. Crede che sarà possibile avere un'interfaccia più
amichevole, più diretta con il cervello umano?
Risposta
Forse non per tutte le funzioni dell'uomo, ma per alcune certamente sì. Esistono alcuni
laboratori negli Stati Uniti e in Giappone, dove i computer riescono a riconoscere il
volto umano, la fisionomia. La macchina può percepire se sorrido o se sono teso, se
faccio dei gesti. Può riconoscere la voce e la scrittura manoscritta. Può anche captare
un certo numero di informazioni che vengono dal corpo, come la sudorazione, la
conduttività elettrica della pelle, lo stress. Questa capacità si chiama captazione
bioelettronica. La macchina non sarà più quello schermo di computer che siamo abituati a
vedere: rettangolare, con scritte o immagini visualizzate. La macchina avrà una
fisionomia umanizzata, avrà degli occhi, le potremo dare il volto desiderato, parlarle e
sentirla parlare. Come dico nel mio libro, il computer diventerà sempre più ubiquitario
sotto forma di post-it (promemoria) intelligente. Impareremo a vivere con questa
popolazione di macchine interattive. L'ultima tappa è il trasferimento diretto di
informazioni dal cervello alle macchine. I giapponesi lo chiamano silent
speech: discorso silenzioso. Il computer riesce a scoprire la pronuncia di una
parola prima che le labbra si muovano per pronunciarla, individuandola direttamente nel
cervello. Siamo solo agli inizi e il fenomeno fa paura. Ma come il telefono e la
televisione si sono, poco alla volta, inseriti nella nostra vita, nel terzo millennio
questo tipo di tecnologia potrà sia aiutarci a lavorare sia ritorcersi contro di noi.
Sono tanto pessimista che ottimista.
Domanda 7
A cominciare da Descartes abbiamo costruito la fisiologia umana in base a un paradigma
meccanicista della natura. Adesso stiamo creando nuovi paradigmi per la fisiologia umana
partendo dai computer. E' giusto fare così?
Risposta
Sì, credo che sia giusto. Prima la nostra visione del mondo era meccanicista: gli
ingranaggi, le macchine, gli orologi, il movimento dei pianeti intorno alla terra, tutto
era regolato da un dio orologiaio. Dopo c'è stata l'irruzione della biologia,
dell'evoluzione darwiniana e all'improvviso si è cominciato a capire che le
organizzazioni sono più elastiche, in rapporto di complementarietà o di antagonismo, che
si servono di reti piuttosto che di sistemi centralizzati. Oggi il paradigma informatico
è "caotico", la nostra visione del mondo è meno meccanica e biologica e più
"caotica". "Caotica" nel senso che una molteplicità di agenti opera
simultaneamente e può fare emergere delle proprietà di tipo diverso e anche un'
intelligenza collettiva come tra le formiche, tra le api o nelle società umane. Questa
visione del mondo integra insieme la concezione meccanicistica di Descartes e dei
positivisti del XIX secolo con la visione biologica di Darwin e dei biologi molecolari
degli anni '60 e '80 Adesso, con le reti come Internet, che è un'esperienza appassionante
a livello mondiale, abbiamo la visione di un mondo "caotico" che si
autorganizza.
Domanda 8
Vuol dire che lei crede alla tesi di Prigogine che esiste anche una entropia negativa?
Risposta
Sì, una neg-entropia. Molti l'hanno intuita, anche Bergson. Non bisogna dimenticare la
frase di Bergson che diceva "la vita risale una china che la materia scende" e
le intuizioni di Teilhard de Chardin, la "noosfera" di tutti i cervelli
collegati tra loro e l'idea che ci sono due grandi derive nell'universo e che una deriva
entropica è il prezzo che bisogna pagare per acquisire informazione. Avevo già descritto
tutto ciò nel mio libro "Le macroscope" venti anni fa, dicendo: esistono due
grandi derive e per acquisire l'informazione bisogna pagare un prezzo, un'imposta
all'universo. Questa imposta è l'entropia. Prigogine ha completamente ragione quando
mette in parallelo i sistemi irreversibili, creatori di tempo, tra cui il vivente, e i
sistemi reversibili, studiati dalla fisica classica.
Domanda 9
Tuttavia, vedendo Internet, ci si rende conto di un grande caos, di una grande anarchia.
Che cosa diventerà Internet e cosa pensa di Internet?
Risposta
Prima di tutto Internet è un fenomeno appassionante per uno scienziato. Internet è nato
negli anni '68 - '70, è un fenomeno emergente, è il risultato dall'azione
"caotica" di una moltitudine di agenti connessi l'uno con l'altro attraverso dei
protocolli trasparenti (trasparenti vuol dire comuni) e di software sempre meno cari -
anzi alcuni sono gratuiti - e che si arricchisce grazie all'intelligenza delle persone e
si impoverisce nel caso contrario, in base a un meccanismo darwiniano, in cui ci sono
delle mutazioni - le invenzioni - c'è un adattamento - il mercato - e c'è una selezione
dei migliori, per cui il sistema si evolve senza che nessuno lo controlli in modo
tradizionale cioè politico, economico, governativo e legislativo. Il sistema emerge, si
sviluppa e si svilupperà sempre più verso cose positive come la comunicazione degli
scienziati fra di loro o la partecipazione a dei forum o verso cose negative come il
terrorismo, o le ricette per fabbricare bombe, o la pornografia. E' un riflesso del mondo
di oggi, un fenomeno che mi appassiona. Come evolverà? Penso che fra due anni Internet si
dividerà in tre continenti: un primo continente sarà un Internet pubblico, con accesso
gratuito, mantenuto dalle università, dai centri di ricerca, da centri come la
"Cité de Sciences" (che è già su Internet), dai ministeri, da Greenpeace e da
altre organizzazioni internazionali. Un secondo Internet sarà privato, commerciale, con
dati criptati, negozi, carte di credito, tele-acquisti, dove tutti i grandi affari si
faranno con cyber cash, con cyber moneta. E un terzo continente Internet sarà una
passerella per accedere a servizi in abbonamento come Compuserve, Europe On Line,
Prodigies, Microsoft Network, che saranno delle oasi private dove si conosce il proprio
cliente, collegate tra loro grazie a Internet. Ecco che cosa vedo. Ma Internet rischia di
esplodere per colpa del suo stesso successo, anche perché adesso su Internet ci sono
videoconferenze, con "See you, see me", si può sentire la radio, esiste
"Real time radio", che è radio su Internet, e infine si puo' telefonare, visto
che ci sono quattro software di telefonia che permettono di comunicare da un punto
all'altro del mondo senza pagare i costi delle telefonate internazionali. Tutto ciò porta
a un grosso traffico su Internet. Questa rete potrà sopravvivere a un tale ingorgo di
informazioni? E' la grande questione dei prossimi anni.
Domanda 10
Perché i politici e i grandi manager dell'industria telematica non hanno previsto né
capito lo sviluppo di Internet?
Risposta
Non lo hanno capito per diverse ragioni. Prima di tutto per una questione culturale. I
grandi leader e manager delle grandi aziende e degli organismi di governo stanno tutti
sulla cinquantina. E' una cultura, quella dei computer, delle reti e dell'interattività,
che molti di loro non hanno avuto. In secondo luogo, in Europa c'è un problema di
monopolio, il monopolio delle telecomunicazioni, che è stato gestito sul piano politico e
industriale da quei paesi che avevano il diritto di trasmettere dati e che si chiamano
"i grandi operatori". "I grandi operatori" hanno preferito difendere i
loro settori, piuttosto che aprirsi a settori nuovi. Si consideri che Internet si è preso
un piccolo spazio, un piccolo buco nel muro, si è infilato in quel buco ed è diventato
il fenomeno mondiale che conosciamo oggi e che sta avanzando in modo sempre più veloce.
La velocità è il terzo fattore. Molti dirigenti politici e industriali sono abituati a
curve lineari, calcolate per estrapolazione, non a curve esponenziali, che vanno sempre
più veloci. Non sanno reagire di fronte a questo fenomeno. Dunque per tre ragioni - una
culturale, una di monopolio e l'ultima temporale - non hanno saputo reagire e forse, come
i dinosauri, alcuni di loro saranno esclusi dal gioco.
Domanda 11
Negli ultimi anni gli Stati Uniti sono andati molto avanti sul piano dell'informatica e
delle biotecnologie. Si ha l'impressione che per il prossimo secolo "i giochi sono
fatti". Cosa ne pensa?
Risposta
Ha ragione, è un pericolo per il resto del mondo, perché gli Stati Uniti sono capaci di
trattare dei fenomeni in crescita: la biotecnologia è in crescita, l'informatica è in
crescita. In Europa abbiamo l'abitudine di trattare i problemi dei filoni tradizionali: il
nucleare, il trasporto, l'ingegneria civile, eccetera. Gli americani riescono a fiutare il
nuovo mercato, a creare con il "venture capital" i crediti necessari per
lanciare le piccole imprese. Il loro spirito imprenditoriale è maggiore e, in effetti, in
questi campi, informatica, reti e biotecnologia, sono avanti rispetto a noi. Il Giappone
ha problemi di legislazione, problemi etici e morali che fanno sì che in questo settore
sia rimasto indietro rispetto agli Stati Uniti. L'Europa ha una carta molto importante da
giocare, se riuscirà a uscire dalle costrizioni, dalla gabbia, dal quadro istituzionale
che la paralizza. Non è la creatività che manca in Europa, ma la capacità di adattarsi
ai mercati in crescita.
Domanda 12
Ma la creatività è alla base di questa nuova industria.
Risposta
Sì la creatività è qui, in Europa, ma sfortunamente emigra verso le industrie della
California.
Domanda 13
L'uomo che si connette con le reti è bombardato da molte informazioni e stimoli anche a
livello neurologico, fisico e sensoriale e si deve adattare alla velocità delle macchine.
Questa velocità può essere pericolosa per l'umanità?
Risposta
La prima cosa che bisogna dire è che questa accelerazione andrà avanti, non ci sarà un
rallentamento. Bisogna imparare a lavorare con questi strumenti nuovi, in costante
accelerazione. Il rischio è una nuova forma di inquinamento. In questi anni abbiamo
conosciuto l'inquinamento atmosferico, marino e acustico. Conosceremo l'inquinamento
dell'informazione, ci sarà troppa informazione, ci saranno troppi satelliti, troppo
Internet, troppi CD ROM, troppe reti informatiche, troppi computer. Come lottare contro
tutto questo? Ci sono vari mezzi: un nuovo metodo, strumenti nuovi e un nuovo approccio
alla conoscenza. Ci serve un nuovo metodo perché la nostra visione è completamente
analitica, trattiamo i concetti separatamente. Ci servono delle visioni sistemiche
globali, che permettano di integrare le conoscenze. La cultura non è sapere tante piccole
cose su tutto, è saper integrare le conoscenze in modo che siano più utili per il nostro
lavoro. Secondo elemento: gli strumenti. La parola di gran moda è: navigare. Siamo in un
oceano di sapere e c'è il rischio di affogare se non si conoscono le regole della
navigazione, se non si sa nuotare. Imparare le regole della navigazione vuol dire saper
usare dei software intelligenti, che ci terranno per mano e ci aiuteranno ad ottenere le
informazioni di cui abbiamo bisogno, quando vogliamo. In terzo luogo si deve rovesciare il
criterio con cui ci si avvicina al sistema. Di solito si cerca di memorizzare un maggior
numero di cose per poterle riutilizzare. Adesso basterà sapere quali sono le procedure
per cercare l'informazione quando se ne ha bisogno. Qui ci si può collegare con la
dietetica. Con mia moglie ho scritto un libro sulla dietetica, come arte di organizzare la
propria vita e di gestire il mondo in cui viviamo. La dietetica è l'arte di scegliere,
nella pletora degli alimenti che affligge i paesi sviluppati, cosa è buono per la salute
e per la propria vita. Penso che bisogna inventare una dietetica dell'informazione. Di
fronte ad una pletora di informazione bisogna insegnare ai bambini, e anche a noi stessi,
ad essere moderati, a scegliere solo ciò di cui abbiamo bisogno. Credo che con questi tre
mezzi, il metodo, gli strumenti e un approccio nuovo, dietetico all'informazione, abbiamo
una possibilità di salvarci dall'inquinamento. Rimarrà, in ogni modo, un problema: la
distanza, che sta crescendo sempre di più fra chi è ricco d'informazione e chi ne è
sprovvisto, fra quelli che sanno usare queste tecniche e quelli che non le sanno usare. Se
non si fa uno sforzo enorme per educare, su scala nazionale ed internazionale le nuove
generazioni, la distanza crescerà e porterà a tensioni sociali ed economiche molto
forti.
Domanda 14
La nostra cultura, la nostra civiltà, fin dalle origini,fin dall'epoca dei Greci, ha
conosciuto quello che i Greci chiamavano la "paideia", e i Tedeschi
"Bildung", cioè l'educazione, la formazione. Oggi, soprattutto attraverso la
diffusione dell'informazione a distanza non c'è più il rapporto diretto fra il maestro e
l'allievo, non c'è più educazione, ma solo informazione. Questo può produrre la
crescita dell'informazione, ma la diminuzione della formazione, della conoscenza e del
sapere. E' grave?
Risposta
E' molto grave. Credo che oggi viviamo un conflitto tra il tempo corto della televisione e
dei media e il tempo lungo dell'educazione. Il tempo corto si manifesta nel video-clip,
nello spot della pubblicità, nello zapping che è un saltare da una cosa all'altra. Qui
abbiamo un mosaico di conoscenze e non l'integrazione che crea cultura. Questo è un
pericolo. Ci parlano di reti, di multimedialità, di CD ROM, ma anche qui c'è un
pericolo: che i giovani che vengono dai video giochi passino al gioco educativo in modo
superficiale, senza integrare il loro sapere. Penso che la chiave del problema stia
nell'equilibrio che in futuro bisognerà trovare tra la scuola reale e la scuola virtuale.
Bisogna che ci siano tutti e due perché il luogo dove ci si incontra è un luogo unico
per socializzare, integrare le culture, un luogo d'integrazione del sapere, di
coeducazione. Il ruolo del professore è un ruolo di mediatore "socratico", che
deve guidare alla conoscenza, piuttosto che fornire un sapere bello e pronto. E questo
ruolo è insostituibile: l'elettronica non riuscirà a occuparlo. Nello stesso tempo le
scuole devono saper integrare il computer, le reti come Internet, i sistemi multimediali,
per beneficiare dell'accelerazione straordinaria che riceve l'accesso alla conoscenza da
questi mezzi tecnici.
Domanda 15
Assistiamo al passaggio dall'industria dei prodotti materiali a quella dei prodotti
immateriali. Lei l'ha chiamata "industria invisibile". Che cosa vuol dire?
Risposta
Siamo già in una situazione che sta creando i grandi conflitti economici che viviamo e
che vediamo intorno a noi. Fra questi c'è la disoccupazione. Si sa che in Francia e in
Italia l'industria del turismo è superiore, per quanto riguarda i flussi finanziari e il
numero dei posti di lavoro che crea, all'industria automobilistica e a quella
agroalimentare, che hanno pure un gran peso nel bilancio delle nazioni. L'industria del
tempo libero, l'industria degli studi cinematografici, Eurodisney, Hollywood, la tv, la
pubblicità, i giochi, gli sport, sono attività immateriali che generano flussi
finanziari molto importanti. Bisogna capire che siamo entrati in una società in cui c'è
un diverso rapporto fra l'utile e il futile. Il futile non è più qualcosa che si possa
considerare come non economico, è fondamentale. Bisogna abituarsi ad un'economia in
trasformazione, che cambia sempre, nella quale bisogna gestire l'abbondanza piuttosto che
la rarità, la transazione piuttosto che la produzione e la distribuzione, nella quale
bisogna imparare a gestire l'effimero, bisogna abituarsi a un'economia della scommessa. E'
questa l'economia di oggi. Noi siamo ancorati - soprattutto i nostri politici e i nostri
industriali - a un'economia della produzione, dell'hard , del territorio, della
concorrenza, mentre le reti stanno cambiando tutto. I due sistemi economici coesisteranno,
ma bisogna preparare le menti, con la formazione, e preparare l'economia alla
straordinaria esplosione dell'immateriale che sarà il segno fondamentale dell'evoluzione
delle nostre società nei prossimi anni.
Domanda 16
Crede che le relazioni umane possano cambiare in modo negativo visto che le persone si
parleranno soprattutto attraverso le reti, senza contatti diretti?
Risposta
Si è obbiettato spesso, fin dalla nascita del libro, che c'è questo rischio. Quando
uscì il libro, dopo l'invenzione di Gutenberg, i chierici, come si diceva allora, cioè i
filosofi e gli scienziati, dissero: "E' abominevole, perché ognuno si chiuderà nel
suo libro e nessuno parlerà più". Invece si è continuato a parlare. Il cinema non
ha ucciso il teatro, la tv non ha ucciso il cinema - basti pensare a Spielberg - e
l'editoria non è morta con la televisione. L'editoria continua ad esistere nel mondo e si
pubblicano una gran quantità di riviste. Il fatto di comunicare attraverso le messaggerie
elettroniche sulle reti, di vedersi in videoconferenza, può fare sì che alcuni, forse il
dieci per cento delle persone, rimarranno chiusi nel loro piccolo mondo, ma crea anche
delle opportunità, la voglia di incontri fisici, conviviali, reali fra la gente. Noi che
lavoriamo continuamente sulle reti lo abbiamo sperimentato. La rete fa crescere la
densità delle connessioni, dunque, la propensione della gente a vedersi. Dopotutto in
Francia c'è qualcosa che ha molto successo e che si chiama il Minitel rosa: la gente
comunica per incontrarsi e gli appuntamenti non sono elettronici, sono fisici. Resta il
problema dei rapporti tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Queste tecniche
non rischiano forse di creare una distanza incolmabile fra quelli che sanno usare le reti,
i sistemi multimediali, e che li utilizzano sempre più velocemente, e quelli che non lo
sanno fare? La risposta pratica, alla quale si assiste oggi, è che i paesi in via di
sviluppo, paesi africani o dell'America del Sud, paesi del Sud-Est asiatico, paesi come
l'India, cominciano a capire che la connessione con le reti immateriali è un modo per
portare un contributo creativo, economico e commerciale al mondo, senza dover passare
obbligatoriamente attraverso la fase degli investimenti pesanti per produrre officine,
macchine i cui costi sarebbero troppo elevati. C'è una nuova sfida, la corsa
all'immateriale, grazie alla quale la distanza fra paesi sviluppati e paesi in via di
sviluppo può diminuire anziché crescere. E' una grande sfida per il futuro.
Domanda 17
Nella politica si parla di democrazia telematica, dei poteri di persuasione della
televisione. Pensa che l'interattività può cambiare l'atteggiamento dei cittadini verso
la democrazia?
Risposta
Attraverso i sondaggi si vede che la presenza delle reti sta cambiando l'atteggiamento dei
cittadini nei confronti della democrazia. I cittadini ricevono informazioni tramite la
televisione e queste informazioni sono immediatamente rinviate sotto forma di sondaggi
permanenti, che a loro volta influenzano la gente. Come ho detto nel mio libro c'è una
specie di eredità lamarckiana dell'informazione, attraverso la comunità culturale e
sociale: è la TV con i suoi sondaggi. Adesso facciamo un passo in più e immaginiamo che,
grazie a reti mondiali tipo Internet, la gente possa votare in permanenza (una specie di
democrazia virtuale, di democrazia telematica tramite i computer) in risposta alle domande
dei governanti locali, come, per esempio, i sindaci, o generali, come il presidente.
Personalmente io penso che sarebbe pericoloso se non si rispettassero i diversi livelli e
strati sociali. Sarebbe molto pericoloso se ci fosse una specie di corto circuito
elettronico tra la base e i vertici, se non fossero rispettati i tempi di risposta della
società, che ha bisogno di maturazione. Per questo considero necessari degli strati
intermedi, capaci di filtrare l'informazione, di tradurla in modi diversi, rispettando il
gioco democratico. E finirò con una immagine presa in prestito dalla "teoria del
caos", teoria che spiega la complessità in base all'effetto antagonista di due
sistemi: un sistema anarchico, turbolento, che non crea ordine, che si distrugge e si
ricostruisce - in politica si chiama società anarchica - e un sistema estremamente
organizzato, strutturato come un cristallo, che per cambiare non può che fondersi o
rompersi, e che possiamo chiamare sistema totalitario. Tra i due, al limite con il caos
(in inglese si dice "at the edge of caos ", "al bordo del caos"), c'è
una situazione effimera, ma che diventa sempre più complessa: la vita, la società, le
città, le organizzazioni umane, la democrazia. La democrazia virtuale ed elettronica deve
rispettare questo gioco e questo antagonismo. Se è solo elettronica diventerà un
"gadget ". Deve essere ricostruita da tutti i partecipanti, con responsabilità
e con la memoria storica. Da qui l'importanza della storia per capire meglio il futuro.
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