Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Peter Bishop

Chicago, 21-07-98

"Cosa sono i futures studies"

SOMMARIO:

  • Il futuro si può studiare utilizzando le tendenze storiche e una dose salutare di immaginazione. Peter Bishop spiega quali sono i fondamenti disciplinari da cui partono i Future Studies (1).
  • Future Studies e sociologia hanno in comune l’interesse per un cambiamento sociale. Questo tipo di studi non attinge solo alla sociologia ma anche ad altre discipline come la psicologia, lo studio della tecnologia, la scienza ambientale. Bishop nel sottolineare la difficoltà di dare una definizione precisa di questo campo di studi spiega il motivo per cui l’università americana non ha ancora riconosciuto uno statuto scientifico ai Futures Studies (2).
  • Peter Bishop spiega l’origine storica dei Futures Studies (3).
  • Secondo Bishop le previsioni dei Futures Studies offrono non tanto immagini accurate e fedeli di ciò che avverrà, ma una comprensione delle dinamiche di cambiamento, di come potrebbero aver luogo certi eventi a partire da determinate circostanze; il loro fine è dunque quello di offrire uno strumento per scegliere il proprio futuro, e per iniziare a crearlo (4).
  • Alla obiezione che i Futures Studies non possano essere puramente oggettivi, e che dunque si risolvano in un puro esercizio soggettivo di dubbia utilità, Bishop risponde che i Futures Studies partono dal presupposto filosofico di non riconoscimento del principio di oggettività. L’intervistato spiega il motivo per cui i Futures Studies, per essere validi e utili, debbano basarsi su un equilibrio e commistione fra analisi scientifica e esercizio creativo di immaginazione (5) (6).
  • I Future Studies contestano il determinismo. Si ha determinismo quando si ritiene che il futuro sia completamente determinato e dunque in questo modo si abolisce la possibilità di scelta. Lo scopo sociale dei Future Studies è proprio quello di ipotizzare scenari possibili e influenzare il futuro in modo positivo ad esempio nell’uso della tecnologia. Per questo motivo sarebbe necessario, secondo Bishop, introdurre questa materia nelle scuole affianco allo studio della storia (7) (8).
  • Il ruolo della scelta nei Future Studies risiede nel futuro a lungo termine in quanto il futuro a breve termine è in parte già determinato. Per questo motivo i Future Studies hanno un’importante valore politico. La gente che ha maggior potere, secondo Bishop, ha bisogno di avere informazioni su possibili scenari futuri (9).
  • Nel prossimo secolo la pratica dei Futures Studies si diffonderà notevolmente rispetto allo stato attuale (10).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Quali sono i fondamenti disciplinari dei Futures Studies?

Risposta
Per stabilire quali ne siano i fondamenti, io amo stabilire un parallelo fra Futures Studies e storiografia. C’era un tempo nel quale non si registrava la storia nel modo in cui lo facciamo oggi: le storia era essenzialmente mito e leggenda, e aveva il fine di insegnare lezioni morali, e di mantenere la coerenza e coesione della società. Nel passato remoto ci fu comunque il desiderio di documentare gli eventi e di stabilire un principio di veridicità dei documenti. Il che costituì un pensiero rivoluzionario, all’epoca. Potremmo trovarci in una contingenza analoga, oggi, nella quale ci si chiede, dato che il futuro ci interessa in modo decisivo, ne siamo preoccupati, se ne discute, se non si possa fare qualcosa per orientarlo. Il gruppo della University of Houston di cui faccio parte ritiene sia necessario studiare il futuro con la stesso impegno e serietà che si investono nello studio della storia, utilizzando le tendenze storiche, e una dose salutare di immaginazione per comprendere non solo ciò che probabilmente avrà luogo, ma anche ciò che potrebbe avvenire in un futuro veramente nuovo e diverso.

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Domanda 2
Quali sono i rapporti fra Futures Studies e sociologia, e qual è il loro statuto, spazio e ruolo all’interno dell’università statunitense, oggi?

Risposta
La sociologia è una disciplina relativamente recente, sviluppatasi in larga misura nel ventesimo secolo, e i Futures Studies, ancor più recenti, sono connessi alla sociologia perché entrambe le discipline hanno un interesse nei sistemi di cambiamento sociale. Ma i Futures Studies non attingono solo alle metodologie sociologiche: attingono anche alla psicologia, allo studio della tecnologia, alla demografia, e alla scienza ambientale. In ultima analisi non vi è sfera di studio che non possa rientrare nei Futures Studies, a patto che abbia a che fare con i sistemi umani.

Benché si sia di fronte a una possibile rivoluzione intellettuale, anzi, forse proprio in ragione di ciò, l’università americana non ha ancora definitivamente riconosciuto lo statuto scientifico dei Futures Studies. Una delle ragioni è probabilmente una differenza fondamentale che esiste fra questi e altre discipline scientifiche. Le scienze, attraverso l’accumulo di dati e il confronto delle teorie con la fattualità, sono in grado di produrre una convergenza su verità e generalizzazioni che possono essere considerate più vere, più valide rispetto a quanto si credeva nel passato. Basti pensare all’astronomia, alla fisica, alla chimica. Nei Futures Studies, al contrario, sappiamo che il nostro oggetto di studio, il futuro, è per sua natura imprevedibile, e che è dunque impossibile produrre una teoria del cambiamento sociale che, una volta divulgata, non diventi a sua volta parte del fenomeno che si studia: nei Futures Studies, la teoria attraverso la quale si studia un oggetto si confonde insomma con l’oggetto di studio. Abbiamo cioè una situazione simile alla teoria della Borsa: qualora uno di noi scoprisse un metodo certo per guadagnare in Borsa, si guarderebbe bene dal divulgarlo, perché così tutti lo adotterebbero e il metodo perderebbe efficacia. Le dinamiche stesse dei Futures Studies fanno sì che le previsioni e le tecniche di studio rientrino fra gli elementi che influenzano il futuro, e quindi in modo ricorsivo è impossibile determinare teorie e generalizzazioni che abbiano intrinseca e costante validità.

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Domanda 3
Quali sono le origini dei Futures Studies?

Risposta
L’origine dei Futures Studies può essere identificata nel momento in cui ci si è interrogati sul futuro, ossia fin dalla notte dei tempi. Ma in effetti il diciassettesimo secolo è stato il periodo in cui si è iniziato a porre un’esplicita attenzione sul futuro in quanto tale, attraverso la scrittura utopica e il pensiero dell’Illuminismo. Con l’Illuminismo francese si produsse una nuova forma di utopia, ambientata nel futuro. Lemercier per primo scrisse un volume sull’anno 2200, nel quale, con un tipico ottimismo illuminista, delineò uno scenario di società resa perfetta dall’applicazione di principi scientifici. Quest’esperienza sembra poi trasferirsi nella scrittura fantascientifica di fine Ottocento, con Jules Verne, H. G. Wells, e l’opera di Edward Bellamy, Looking Backward: 2000-1887, un importante trattato sociale sulla perfettibilità sociale.

In quanto attività professionale, a ogni modo, i Futures Studies emergono nel secondo dopoguerra. Per molte ragioni, l’apparato militare statunitense aveva la necessità di prevedere il futuro molto più di quanto fosse necessario prima, ad esempio nell’ipotesi assolutamente catastrofica di un conflitto nucleare. In questo caso, era chiaro che ogni pianificazione di guerra andava fatta prima che iniziasse il conflitto, perché una volta lanciati i missili sarebbe stato ormai troppo tardi per riunirsi e discutere di strategie. Si doveva anche capire la natura delle nuove tecnologie, perché per impiantare sistemi militari a lungo termine era necessario determinare non solo quali tecnologie fossero disponibili nel loro presente, ma anche quali sarebbero state sviluppate in futuro. E questa necessità produsse gli studi di previsione tecnologica. A tal scopo il Dipartimento della Difesa statunitense costituì la Rand Corporation, una task force che annoverava nomi come Ted Gordon, e che sviluppò un ampio numero di metodologie fra cui il metodo Delphi, e che negli anni ’60 iniziò a divulgare queste metodologie sulla stampa specializzata. Ovviamente gli anni Sessanta furono un’epoca di grandi cambiamenti sociali e di tensioni, e molti rivolsero lo sguardo al futuro. I primi corsi di futurologia furono offerti presso la Yale University e la Virginia Polytechnic University, e fra fine anni ’60 primi anni ’70 si costituirono associazioni come la World Future Society e la World Futures Studies Federation. Negli stessi anni la University of Houston-Clear Lake attivò un corso di Studi del Futuro. Da allora i Future's Studies sono stati un movimento interessante e molto attivo, anche se non si è esteso molto al di là dei suoi confini originari.

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Domanda 4
E’ stato detto che le previsioni sono decisive anche nel momento in cui vengono smentite dai fatti, poiché influenzano le decisioni che verranno prese, e contribuiscono a cambiamenti strategici nella politica di sviluppo. Cosa pensa di questa affermazione?

Risposta
La gente spesso mi chiede quanto spesso abbia avuto ragione, se mi volto le spalle e ripenso alle previsioni che ho prodotto in passato; ma si tratta di una domanda mal posta. Quello che ci chiediamo nei Futures Studies è quanto sia utile una previsione. Una previsione può essere smentita e mantenere la propria utilità, soprattutto se si tratta di una previsione negativa, che delinea problemi o anche catastrofi. Se si prendono seriamente queste previsioni, si lavorerà per prevenire ed evitare questi problemi. La previsione in sé risulterà così "sbagliata", ma utile, perché ha contribuito a creare un futuro migliore. Le previsioni utili per i Futures Studies offrono non tanto immagini accurate e fedeli di ciò che avverrà, ma una comprensione delle dinamiche di cambiamento, di come potrebbero aver luogo certi eventi, stanti determinate circostanze; il loro fine è dunque quello di offrire uno strumento per scegliere il proprio futuro, e per iniziare a crearlo.

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Domanda 5
Cosa risponde a chi sostiene che i Futures Studies non possono essere puramente oggettivi, e che dunque si risolvono in un puro esercizio soggettivo di dubbia utilità?

Risposta
In linea di principio non ci riconosciamo in ciò che è "puramente" oggettivo o soggettivo: lo studio del futuro presuppone entrambi gli elementi. Sul piano oggettivo, in effetti, esistono delle tendenze che possiamo misurare, e da cui possiamo estrapolare dati attraverso tecniche matematiche. Ma ci è ben chiaro che il futuro riserva un ampio spazio di inaspettato, il che è ovviamente una funzione delle nostre aspettative. E’ importante capire cosa sia possibile, cosa funzionerà, cosa è invece impossibile, e spesso saremo sorpresi da avvenimenti che non ritenevamo possibili o probabili. Pertanto lo studio del futuro è costituito da un equilibrio fra studio oggettivo di tendenze, di vettori di cambiamento, e di una forte dose di immaginazione e creatività per cercare di considerare l’elemento di sorpresa, di inatteso, che il futuro ci riserva, e di prepararci a esso.

Le fonti saranno diverse: verranno dalle società telefoniche, dai fornitori, verranno da società di cavi; potrebbero venire da satelliti un'intera gamma di fonti che necessitano dell'integrazione e della distribuzione attraverso la casa. Non conosciamo i tempi di questo progetto, poiché si tratta di qualcosa a cui stiamo ancora lavorando. C'è un bel po' di lavoro da fare, ma crediamo che sia una visione importante di ciò che potrà accadere nelle case durante i prossimi anni.

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Domanda 6
Lei sostiene dunque la necessità di un equilibrio fra immaginazione e conoscenza scientifica. Ritiene che all’interno dei Futures Studies alcuni ricercatori possano privilegiare il primo termine, assumendo un carattere profetico nel proprio lavoro?

Risposta
Ritengo che ci sia un forte pericolo nel privilegiare le caratteristiche oggettive oppure soggettive dello studio del futuro. Se ci si limita a pure condizioni di oggettività, si ottiene una estrapolazione delle forze del presente che per definizione non contiene l’inaspettato, la novità. Se si privilegia unicamente l’aspetto immaginativo e speculativo, comunque, senza dare attenzione a ciò che emerge dai dati oggettivi e dalle tendenze, si ottengono futuri altamente speculativi che non considereremmo necessariamente impossibili, ma senz’altro privi di plausibilità. In tutte le diverse previsioni, è importante focalizzare quelle che sono non necessariamente probabili, ma senz’altro plausibili. Senza la giusta commistione di analisi scientifica e esercizio creativo di immaginazione non si ottengono esempi particolarmente utili di Futures Studies.

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Domanda 7
Ritiene che i Futures Studies, se non altro per come sono praticati da alcuni ricercatori, possano soffrire di determinismo tecnologico?

Risposta
Ogni qual volta abbiamo un margine di determinismo abbiamo un problema, dato che non riteniamo che il futuro sia completamente determinato; esso è solo in parte condizionato da forze e vincoli. Per fare un esempio, attualmente non è credibile che si possa superare la velocità della luce. Forse in futuro ciò sarà possibile, ma al momento questo è un limite reale. Analogamente ci sono molti altri vincoli, economici, politici e culturali. Ma al contempo, questi limiti non ci determinano completamente: abbiamo un margine di scelta, sebbene non si tratti di una scelta incondizionata. Pertanto, se si parla di determinismo, si abolisce la possibilità di scelta, e i Futures Studies contestano ciò. Gli eventi sono determinati da varie condizioni, come ho detto, economiche, politiche e culturali, e la tecnologia è uno degli elementi che vincola il futuro e che allo stesso tempo offre delle opportunità. Ma la tecnologia, così come ogni altro singolo elemento, non determina il futuro perché è un semplice strumento. Ha i suoi effetti, ma la gente a lungo termine è in grado di scegliere se adottare una tecnologia o meno, se e come usarla, a in una certa misura può avere un controllo sugli effetti della tecnologia stessa.

Ci sono varie forze cui i Futures Studies rivolgono la propria attenzione, e la tecnologia è solo una di queste. In genere la visione occidentale privilegia le forze tecnologiche sulle altre; altre culture privilegiano fattori politici, culturali o sociali, e ritengono che l’attenzione occidentale alle tecnologie sia mal riposta, poiché privilegiando un singolo fattore ne fa l’unico elemento che produce l’esito di una società. Qualora un futurologo, o chi si arroghi l’etichetta di futurologo, enfatizzasse solamente gli effetti della tecnologia, produrrebbe uno studio di poco valore.

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Domanda 8
Quale impatto ritiene possano avere i Futures Studies sulla formazione?

Risposta
La costituzione dei Futures Studies come disciplina accademica ha una portata rivoluzionaria se questa disciplina viene resa fruibile a persone di tutte le età. Offriamo lo studio del passato, con corsi di storia, in ogni scuola, in ogni università americana ed europea. Dovremmo fare altrettanto con lo studio del futuro. Quali siano gli esiti possibili, quelli probabili, cosa si preferisca, come gestire il cambiamento, sono tutte domande con le quali bisognerebbe confrontarsi direttamente nel nostro sistema educativo, piuttosto che incrociare le dita nella speranza che tutto si risolverà benone.

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Domanda 9
Lei afferma che si ha un margine di scelta nella costruzione del proprio futuro. Qual è il ruolo della “scelta” nei Futures Studies, e quanto essa è a disposizione di tutti?

Risposta
La scelta è un fenomeno interessante nei futures studies. Innanzitutto, è fra le condizioni per cui il futuro non è prevedibile. Se in effetti c’è una scelta, se c’è una libera scelta, non è possibile prevedere le scelte che si faranno. Se si è determinati nelle proprie scelte, queste scelte non sono realmente tali. La scelta dell’uomo rende il futuro imprevedibile. Ovviamente le possibilità di scelta dipendono dalla situazione in cui ci si trova: la scelta a disposizione di una persona in un campo di concentramento è limitatissima, pressoché nulla, mentre quella a disposizione di un politico potente e ricco è abbastanza ampia. Ma oltre che dalla contingenza, le possibilità di scelta dipendono dall’orizzonte temporale, vale a dire dall’arco di tempo futuro cui rivolgiamo lo sguardo – possiamo pensare al futuro in termini di un mese, un anno, 3-5 anni, dai venti ai cinquant’anni. La nostra maggior possibilità di scelta non risiede nel breve periodo, nel decidere per oggi, domani o per il prossimo anno, dato che ciò è complessivamente già abbastanza determinato. Il nostro vero potere di scelta scatta se noi ci orientiamo sui vent’anni, e facciamo una scelta su quest’arco di tempo, e rimaniamo fedeli a essa continuando a lavorarla per concretizzarla. Anche la gente comune può avere un effetto sul futuro a lungo termine, se opera delle scelte strategiche cui lavorerà per i successivi 15-20 anni. E questo è il modo in cui avvengono cose straordinarie: non immediatamente, e non per magia, ma attraverso una scelta tempestiva corroborata da un costante investimento di energie su quella scelta iniziale mano a mano che il futuro si sviluppa.

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Domanda 10
Un piccolo esercizio di previsione. Ritiene che i Futures Studies otterranno nei prossimi anni un maggior spazio fra le discipline accademiche?

Risposta
Un futurologo deve sempre astenersi dal prospettare uno scenario unico sul futuro. Da un lato, potremmo trovarci nel corso di una rivoluzione intellettuale, in cui si valuta positivamente il fatto che le previsioni sono solo una delle possibili affermazioni utili sul futuro. Ci sono altre due possibili affermazioni. In primo luogo, ciò che plausibile, anche se non necessariamente probabile: se descriviamo il futuro secondo prospettive sorprendenti, e ci prepariamo a queste ipotesi, per definizione saremo più preparati ad affrontare un futuro anche improbabile. E un terzo tipo di affermazione è quella dettata dalle nostre preferenze, che è a volte chiamata la nostra "visione": quali sono le scelte che facciamo a lungo termine, e quali conseguenze esse avranno, e quale il nostro atteggiamento.

Ora, mi si chiede una previsione, e i futurologi non dovrebbero offrire previsioni bensì scenari di futuri alternativi; potremmo dunque trovarci su un vettore di tendenza nella quale la rapidità del cambiamento e la complessità delle decisioni necessarie richiedono una maggior lungimiranza e una più profonda comprensione delle dinamiche di cambiamento perché si possano ottenere dei buoni risultati. Oppure i Futures Studies potrebbero essere un fenomeno in declino, che ha esaurito il suo corso e la sua funzione storica. Dopo il 2000, può darsi che la gente sia stanca di parlare del futuro e dica di non voler più saperne nulla per almeno un centinaio d’anni. E’ possibile che ci sia un decremento d’attenzione, ma solo per un breve periodo, e io sono tanto convinto che il valore di uno studio sistematico del futuro sia vitale, quanto fiducioso nel fatto che chi ha maggior potere, maggior possibilità di decisione e di scelta, avrà bisogno di avere queste informazioni e prospettive a portata di mano. Credo insomma che nel prossimo secolo la pratica dei Futures Studies si diffonderà notevolmente rispetto allo stato attuale.

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