Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Giulio Andreotti

Roma, 15/02/1999

"Internet e un romanzo sui telefoni sotto controllo"

SOMMARIO:

  • Il senatore Andreotti spiega l’origine del libro “Operazione vi Appia” che parla del delicato passaggio dal fascismo al postfascismo e del ruolo che giocò l’uso controllato dell’informazione (1).
  • La tecnologia porterà progressivamente verso un “seppellimento” della privacy (2).
  • L’intervistato racconta le tecniche di intercettazione dell’informazione ai tempi del fascismo e di come poi questa informazione venne utilizzata (3).
  • Ad un politico arrivano molte informazioni riservate. Gran parte del lavoro di un uomo politico è decidere se e a che scopo utilizzare o no queste informazioni (4) (5).
  • Un tempo l’informazione passava letteralmente per le mani di più persone e per questo era più imprecisa. Oggi ci arriva direttamente in casa tuttavia il risultato non cambia in un certo senso. L’informazione aumenta e, per questo, richiede persone - quindi ancora intermediari - che la selezionino (6).
  • Andreotti scrive tuttora a mano i suoi libri anche se è affascinato dal computer e da Internet (7).
  • Internet dà la possibilità di vedere tutto il mondo da casa. Il rischio è quello di perdere la capacità di stupirsi di fronte alle cose (8).
  • Troppa informazione è come essere colpiti da troppa luce, se ne rimane accecati. Tuttavia l’informazione, in un certo senso, non è mai troppa, l’importante è verificarne le fonti (9).
  • Tutti i progressi della tecnica che pure possono avere un uso civile, come l’energia nucleare, non devono fare perdere di vista “l’orrore delle armi” e della guerra che si è perso anche a causa del filtro televisivo (10).
  • La televisione di oggi offre una scelta di canali vastissima ma, secondo l’intervistato, oltre programmi di intrattenimento, ci dovrebbero essere molte più trasmissione contenutistiche ed educative (11).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Comincerei dal suo recente libro "Operazione Via Appia", un romanzo che ha come argomento le intercettazioni telefoniche. Cosa c'è di vero e cosa c'è di romanzesco in questo libro?

Risposta
Più o meno direi che il libro è vero a metà e nasce in parte dai miei ricordi personali e in parte da qualche appunto di un mio compagno di scuola all'università che trovò poi lavoro facendo l’ascoltatore presso i servizi del Ministero dell'Interno che controllavano le telefonate. Fu un periodo intensissimo, il momento in cui si stava preparando il passaggio dal regime fascista al periodo storico successivo. Attraverso questo singolare punto di osservazione sono riuscito ad avere un numero di informazioni abbastanza attendibile ed originale su cui ho costruito, in modo un po’ romanzato, questo libretto.

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Domanda 2
Il libro suggerisce che le tecnologie di controllo dell'informazione fossero importanti in fondo già all'epoca in cui è ambientato il romanzo e, in un certo senso, probabilmente anche prima. Dal suo punto di vista, cosa pensa che sia cambiato da quel tipo di controllo dell'informazione al controllo che si può effettuare attualmente attraverso strumenti tecnologici molto più sofisticati?

Risposta
Il controllo dei telefoni è stato introdotto prima del regime fascista, naturalmente con il proposito, non so dire se sempre osservato da chi compiva queste operazioni, di servirsene per i casi previsti dalla legge. La censura delle lettere invece ebbe un carattere militare; si voleva cioè evitare che, specialmente dal fronte e per il fronte, filtrassero delle notizie. Era comunque anche uno strumento per vigilare un po’ su tutta la società. Certamente durante il regime fascista la vigilanza era piuttosto intensa, compresa quella di molti portieri che, avendo l’incarico di capifabbricato agli effetti della sicurezza, erano poi quelli che riferivano all’autorità. Poteva così accadere che se magari qualcuno dava una buona mancia di Natale era un gran galantuomo, se invece non elargiva suscitava sospetti. Questo lo dico per alleggerire e sdrammatizzare il ricordo di un periodo che era invece piuttosto duro.

Oggi le possibilità che la tecnologia offre non mettono più al riparo nessuno dal controllo dell’informazione. Credo che l'unico modo per essere certi che nessuno possa venire a conoscenza di quello che si pensa sia quello di non pensare. Oramai, grazie al progresso tecnologico, a distanza di spazi enormi e addirittura attraverso le mura di un edificio, si può intercettare quello che una persona dice. Stiamo andando verso, se non l’annullamento della privacy, certamente verso una possibilità di "impicciarsi" dei fatti altrui, uso un termine che non è prettamente giuridico, che è probabilmente illimitata.

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Domanda 3
Il protagonista del suo libro è Tonino l'intercettatore. Nel romanzo però compare la figura del dottor Laconi che è il personaggio che decide effettivamente in che modo trasmettere le informazioni ed anche in che modo queste informazioni vengono poi utilizzate. Parliamo del livello dell'utilizzazione dell'informazione. Questa informazione che Tonino raccoglie nel romanzo come e da chi viene utilizzata?

Risposta
La tecnica di allora consentiva un filtro maggiore perché l'ascolto era in cuffia e, con la stenografia, l’intercettazione veniva registrata e poi riscritta. Questo procedimento dava una certa discrezionalità al materiale raccolto. Poi vi era la figura del coordinatore, quello che doveva smistare le notizie, sapere quello che era importante e quello che andava tralasciato. Nel libro emerge, particolare che poi corrisponde a verità, che questo coordinatore era collegato con il Quirinale e che, attraverso il Ministro della Real Casa, Acquarone stava creando le reti per catturare il pesce Mussolini e per arrivare a un dopofascismo con un doppio gioco o triplo gioco, lasciando credere a Grandi che sarebbe stato lui il successore di Mussolini e lasciando credere allo stesso tempo a Vittorio Emanuele Orlando la stessa cosa. Quando poi usci fuori il nome di Badoglio suscitò molte reazioni, in modo particolare negli inglesi, perché era difficile vedere Badoglio come un ‘afascista’, il duca di Addis Abeba, quello che aveva conquistato l'Abissinia. In Inghilterra in modo particolare, dove era stato ospite il Negus durante il periodo della guerra d'Africa, vi era un certo tipo di mondo che rimase sconcertato nel vedere quello che accadeva in Italia.

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Domanda 4
Dal punto di vista di un uomo politico, l'informazione raccolta attraverso i servizi di sicurezza quanto è importante per lo Stato?

Risposta
La cosa importante per svolgere correttamente la propria missione politica è avere un grande rispetto delle leggi. La legge stabilisce che per controllare occorre un atto del magistrato con precise motivazioni, con tempi predeterminati. È necessario filtrare bene questo materiale e non servirsene mai nella lotta politica. Abbiamo avuto una serie di casi eclatanti in cui è stata infranta la legge, l'ultimo dei quali che è venuto fuori dal libro del magistrato Francesco Misiani che si chiama “La toga rossa”. Misiani è stato interrogato per tre giorni su una trascrizione di un nastro che poi è risultato inesistente. Ci sono veramente da rivedere molte regole e non è questione tanto di scrivere diversamente le leggi, quanto di ripristinare un costume di correttezza che altrimenti, di deperimento in deperimento, porta la politica ad essere una giungla.

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Domanda 5
Come cambia invece il comportamento dell'uomo politico contemporaneo che probabilmente sa di poter essere, almeno potenzialmente, sempre controllato?

Risposta
Questo aspetto tutto sommato è un vantaggio per il politico poiché è consapevole di non potersi permettere certe "libere uscite" che altrimenti sarebbero immediatamente scoperte. C'è stato un momento drammatico nella storia di questo secolo e cioè quello vissuto da Churchill quando ebbe l'informazione che Coventry sarebbe stata distrutta. Churchill era preso tra due fuochi: da un lato, se avesse preso delle misure per salvare la città avrebbe scoperto le sue fonti. Gli inglesi infatti avevano degli infiltrati presso il comando tedesco. Dall'altro, non facendo niente, Coventry sarebbe stata distrutta. Prese la decisione di stare zitto e avvenne una "coventrizzazione", termine che è entrato addirittura nel vocabolario per identificare la distruzione massiccia di una città, proprio perché riteneva che fosse importante mantenere le sue fonti. Ecco, questo fu forse il momento storicamente più difficile per decidere sull'utilizzo di un’informazione.

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Domanda 6
Lasciando da parte per un momento il problema del controllo e affrontando invece il problema delle tecnologie della comunicazione, lei ha ricoperto per molti anni la carica di Presidente del Consiglio e comunque sempre ruoli di primissimo piano. Come sono cambiate nel corso degli anni le tecnologie della comunicazione utilizzate per scambiare informazioni o per avere notizie in modo rapido?

Risposta
E’ cambiato tutto. Basti pensare alla leggenda che è venuta fuori sui brogli nel referendum monarchia-repubblica. Che cosa è accaduto? Non c’è stato nessun broglio, io ero presente. L’equivoco si è creato a causa di un sistema telefonico obsoleto. Era talmente scassato che le telefonate avvenivano con un disordine assoluto. Accadde allora che se arrivava prima la telefonata di Siracusa che non quella di Milano, si creava nell'immediato la sensazione che ci fosse un ritmo pro monarchia o pro repubblica che poi cambiava e si rovesciava ogni ora in base agli effetti di questa comunicazione che sarebbe dovuta rimanere interna ma che poi divenne pubblica a causa del numero elevato di gente intenta a fare questi controlli. Cito questo episodio perché tutto poi è cambiato, compreso il modo di far politica. La televisione, ad esempio, ha creato un contatto diretto ma freddo con gli elettori. Personalmente ho una nostalgia formidabile dei comizi che si facevano nei comuni, anche delle grandi città, in cui si poteva vedere la gente in faccia, osservarne la reazione e cambiare tono in base alle sensazioni che trasmettevano gli astanti. Però, detto questo, oggi abbiamo certamente delle possibilità maggiori di esercitare in modo corretto la politica. Anche per lavorare, per scrivere, per prepararsi i discorsi, per assistere ad un congresso, si possono avere a disposizione una quantità di informazioni, da cui si può rimanere anche affogati, ma che consentono di vincere veramente la superficialità. Occorre avere un metodo e anche avere molti collaboratori perché nessuno può fare da solo tutto.

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Domanda 7
Lei utilizza strumenti informatici e telematici?

Risposta
Personalmente sono legato alla scrittura manuale. Anche perché avevo sessant’anni quando fecero la loro apparizione quelle formidabili macchine con cui si poteva scrivere e impaginare contemporaneamente. Io ero ancora reduce da macchine da scrivere in cui bisognava mettere la carta carbone per cancellare e ci si sporcava tutti. Ho preso talmente poco gusto a questo tipo di scrittura che ho cominciato a scrivere a mano e continuo tuttora a scrivere a mano. Anche i miei libri sono tutti scritti a mano. Però ho avuto la possibilità di un aggiornamento. Proprio qui in Senato il presidente Scognamiglio organizzò delle serate di aggiornamento in cui venne un professore del M.I.T. dal Massachusetts a spiegarci Internet che poi ci domandò se era stato chiaro. Io dissi: "Non si offenda ma sa perché ho capito? Perché un mio nipote di 14 anni mi ha spiegato bene come funziona la Rete. Un mio nipote con cui gioco a carte con il computer". Il professore non si offese, anzi mi disse che è molto più semplice per un giovanetto padroneggiare le nuove tecnologie perché per lui è tutto nuovo mentre per noi adulti bisogna sostituire tutta una serie di norme di linguaggio precedenti che abbiamo acquisito nel corso degli anni. Certamente Internet possiede un fascino straordinario. Vi si può attingere una quantità illimitata di informazioni. È vero che si può anche usare male. Però, di tutte le cose, se per il rischio di usarle male non fossero state inventate o fossero state messe in soffitta, noi saremmo all’età della pietra o giù di lì.

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Domanda 8
Da questa utilizzazione di Internet, del computer, in compagnia dei suoi nipoti, che impressione si è fatto delle nuove tecnologie?

Risposta
Si ha veramente la sensazione di entrare in un mondo diverso. Del resto, già con qualche cosa che adesso può sembrare obsoleto, ovvero quei piccolissimi calcolatori da due soldi che hanno sostituito anche la tavola pitagorica, la mia generazione si è accorta di appartenere a un periodo tecnologicamente archeologico. C’è anche un aspetto negativo in tutto questo: oggi siamo talmente abituati a questo continuo accavallarsi e susseguirsi di novità che forse non ci commuoviamo più, non sentiamo più stupore. Da bambino prendevo il tram e dal centro di Roma andavo in periferia da una mia zia solo perché aveva una piccola radio a galena. Nel mettermi quella cuffia e sentire della musica mi sembrava di aver fatto una specie di traversata transoceanica. Adesso, se raccontassi questo a mio nipote, mi considererebbe ancora più mummificato di quanto non mi considera.

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Domanda 9
Si dice spesso che l'informazione è potere, che il controllo dell'informazione, la possibilità di acquisire informazione si traduca immediatamente nella possibilità di agire, di operare e quindi in una vera e propria forma di potere. Nell’attuale situazione in cui a volte il flusso d’informazione diventa quasi incontrollabile, l'informazione continua ad essere potere?

Risposta
Il concetto di troppa informazione è paragonabile a quello che si può dire della luce. Se la luce è eccessiva, non illumina ma accieca. Io credo che le informazioni non siano mai troppe; il discrimine sta nel saper fare una selezione. La cosa importante è che le fonti siano delle fonti che diano delle garanzie. Perché si possono inquinare, anche tecnicamente, e si rischia di mettere in circolo un’informazione sbagliata che può essere causa di un depistaggio. Basti pensare alla guerra con i narcotrafficanti. E’ una guerra forse più complicata della guerra dei Cent'anni con cui ci seccavano durante le lezioni di storia al liceo.

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Domanda 10
Nei decenni passati una delle immagini più ricorrenti, anche nell'immaginario collettivo, della tecnologia era forse quella della bomba atomica. Adesso nell'immaginario collettivo la bomba, la tecnologia, usata dal punto di vista delle armi, è un po' passata in secondo piano rispetto al calcolatore, al computer, alla tecnologia usata per la circolazione dell'informazione. C'è un rischio nel dimenticare gli usi militari della tecnologia?

Risposta
Credo che perdere il senso dell'orrore delle armi e anche del potere di deterrenza delle armi sia molto negativo. Abbiamo avuto una stagione, più o meno negli ultimi dodici anni, nella quale si sono raggiunti dei risultati enormi in direzione del disarmo nucleare. Ma poi l’opinione pubblica ha perduto un po' di interesse sull’argomento. Forse recentemente c'è una ripresa ma se da un lato sembra che la gente torni ad occuparsi del problema delle armi nucleari, dall'altro temo che ci si possa adagiare come se questi problemi non esistessero. Molte armi nucleari esistono ancora e se non si arriva ad un accordo di distruzione, come per le armi chimiche, chi è che avrà in futuro il diritto di impedire ad alcuni paesi di armarsi nuclearmente? Il nostro è un sistema mondiale che può provvisoriamente reggere ma che è un sistema di diseguaglianze sul piano internazionale. Non si deve perdere di vista quello che chiamo ‘l’orrore delle armi’ perché, altrimenti, si potrebbe tornare verso una frequenza bellica che per fortuna è scomparsa. Nella seconda metà di questo secolo almeno di guerre mondiali non ne abbiamo più avute. Forse perché siamo più buoni dei nostri bisnonni o trisnonni? Io non lo credo. Le circostanze hanno voluto che la bomba atomica servisse anche, con il suo potere distruttivo, a far sì che nessuno scatenasse poi una guerra nucleare. Esistono due possibilità di progresso parallele: una è quella delle tecnologie, che devono camminare e che nessuno può fermare. E l'altra è quella della ‘educazione civico-morale’ che indica una capacità di far politica sul piano internazionale capace di impedire che si creino condizioni di pericolo per il genere umano.

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Domanda 11
Il mondo della televisione in questi anni è cambiato molto. Da una situazione in cui c'erano pochi canali e un certo tipo di comunicazione televisiva si è passati a una situazione in cui ci è stata una moltiplicazione del numero dei canali e anche un cambiamento abbastanza radicale dei modi della comunicazione televisiva. Come valuta questo cambiamento? Qual è l'immagine che lei ha adesso della televisione?

Risposta
La possibilità oggi di avere il collegamento con il satellite con una scelta, non dico illimitata, ma enorme di programmi, consente veramente di poter impostare le proprie giornate e particolarmente le proprie serate in una maniera suggestiva, anche perché crea un po’ più di problemi domestici per la scelta della trasmissione da vedere. A parte gli scherzi c'è oggi la possibilità di una televisione migliore, basti pensare all’educazione sanitaria o alla conoscenza delle lingue. Per quello che riguarda invece la vita pubblica, dobbiamo abituarci a pensare che oggi il linguaggio televisivo è un linguaggio diverso. Purtroppo, invece, molti politici hanno paura di essere semplici e di esser considerati poco colti e allora hanno creato quel linguaggio che, detto in bruttissima parola, si chiama ‘politichese’.

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