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Computer a scuola: dite la vostra

Il computer a scuola fa veramente bene agli studenti? E qual è il modo migliore di usarlo? Dibattito aperto nel Learning Center di MediaMente

di Eleonora Giordani

Il computer a scuola fa veramente bene agli studenti? E qual è il modo migliore di usarlo?

L’argomento è di forte attualità e il Learning Center di MediaMente vuole farne un punto di partenza per una discussione ed uno scambio di esperienze tra i suoi utenti.

Vi proponiamo quindi alcuni spunti di riflessione, la recensione di Scuol@.it, l’ultimo libro di Domenico Parisi, e una serie di navigazioni in Rete dedicate a come imparare ed insegnare usando Internet.Aspettiamo per tutto il mese di gennaio le  vostre opinioni e testimonianze di insegnanti, studenti, genitori ed esperti del settore.

Nel Duemila, l’anno scolastico americano si è aperto all’insegna del dibattito sull’uso delle nuove tecnologie nella scuola elementare. A settembre, uno studio pubblicato online dall'associazione Alliance for Childhood intitolato "Uno sguardo critico sul computer nell'età infantile" considerava che c'è bisogno di una maggiore ricerca prima di adottare senza riserve l’informatica in classe. "Il semplice fatto che i bambini siano interessati dall'uso del computer non è una ragione sufficiente per farne il centro dell'attività didattica", ha dichiarato uno dei relatori, Edward Miller, ricercatore a Cambridge, Massachusetts.

Dalle colonne del New York Times, alcuni insegnanti elementari che si servono del computer a scuola sono insorti. L'uso del Pc stimola l'apprendimento, affermano, e viene usato come un libro: fa parte delle azioni quotidiane. Il punto essenziale resta comunque la preparazione degli insegnanti e il loro modo di proporre ai più piccoli le nuove tecnologie, mettendoli anche in guardia da eventuali pericoli. Forse è proprio su questo tema che il dibattito deve proseguire.

L’invito ad approfondire la questione è stato accolto recentemente dall’Accademia americana di pediatria, che si è associata all’organizzazione no profit “Learning in the Real World”, per dare il via ad un ampio monitoraggio di come i computer e i software agiscono sullo sviluppo dei bambini dalla nascita fino agli undici anni. Verranno assegnate borse di studio per un ammontare di 50 mila dollari per condurre la ricerca, i cui risultati saranno resi noti tra un anno.

In Italia, la Mediateca regionale toscana è impegnata in prima linea nel campo dei nuovi linguaggi. Consegnando alla fine dell’anno scolastico 1999-2000 i premi “Abc Media” per i migliori multimedia realizzati nelle scuole, ha rilevato che sono soprattutto le scuole elementari a coniugare al meglio creatività e sperimentazione multimediale. Viceversa, a mano a mano che si risale verso le superiori, si trovano siti Web o Cd-Rom meglio realizzati da un punto di vista informatico, ma il rapporto fra elaborazione dei contenuti e uso specifico del linguaggio multimediale è a volte pretestuoso: quello che conta è acquisire competenze software, come valore assoluto e non relativamente a un obiettivo comunicativo. I più piccoli invece hanno stupito per la loro capacità essenziale, concreta di scrivere con le immagini, di usare la musica, dicendo cose che altri linguaggi, non multimediali, non avrebbero potuto esprimere altrettanto bene.

“Affidare il 90 per cento dell’insegnamento al linguaggio non tiene conto che oggi la società che sta fuori dalle aule scolastiche è piena di tecnologia che si basa sulle immagini piuttosto che sul linguaggio” afferma nel suo ultimo libro “Scuol@.it” Domenico Parisi, che da anni si occupa di modelli di simulazione di comportamenti individuali e sociali e nell'applicazione di questi modelli all'educazione.

Come deve reagire allora la scuola alla perdita del primato del linguaggio verbale a favore della visualità? Certo non richiudendosi su se stessa, prosegue Parisi, ma esplorando il senso di questa novità ed imparando ad utilizzarla nel modo migliore: “la scuola deve rendersi conto che l’emergere della nuova visualità basata sul computer non è solo riduzione dello spazio del linguaggio ma è anche apertura di nuovi spazi per la mente e per la cultura”.

Tornando oltreoceano, pare che la tecnologia sia spesso additata come il “mostro cattivo”, nonostante si riscontrino notevoli risultati positivi sui bambini che la utilizzano. “Come sempre, non si può vedere tutto bianco o tutto nero”, dice Dara Feldman, presidente della sezione Tecnologia dell’Associazione nazionale americana per l’educazione dei bambini (Naeyc), “nuove ricerche sono quindi assolutamente necessarie.  Genitori, insegnati e operatori dell’infanzia hanno bisogno di una formazione più approfondita, per poter capire meglio come integrare la tecnologia nel processo d’apprendimento dei ragazzi”. Ma cosa ne pensano i diretti interessati?

Per mandare i vostri contributi alla discussione, scrivete alla redazione di MediaMente mediamente@rai.it , mettendo nell’intestazione del messaggio “contributo Learning Center”.
Oppure mandate un fax: 06.86894199

- New York Times “Cybertimes Education”
- Alliance for Childood
- American Academy of Pediatrics
- Learning in the Real World
- Mediateca regionale toscana