La diffusione del lavoro immateriale, coniugata alla disponibilità di efficienti sistemi telematici, ha favorito lo sviluppo e la sperimentazione di una innovativa modalità di erogare la prestazione lavorativa: il telelavoro.
"Il telelavoro è ogni forma di sostituzione degli spostamenti del lavoro con le tecnologie dell'informazione, come i computer e le telecomunicazioni". Questa definizione, oltre ad essere molto chiara, è anche molto autorevole. Infatti è stata data da Jack Nilles, colui che per primo ha concepito e sperimentato il telelavoro. L'idea che sta alla base del telelavoro è insomma assai semplice: invece di spostare il lavoratore verso un luogo di lavoro centrale, dove egli presta la sua opera, è conveniente spostare direttamente il lavoro, o meglio il suo prodotto, e lasciare il lavoratore a casa sua, o dove meglio crede.
Si tratta di una innovazione che non investirà il tradizionale lavoro in fabbrica, almeno non principalmente, ma proprio quelle nuove forme di lavoro intellettuale di cui abbiamo parlato prima. La maggior parte di queste attività consistono nella manipolazione e nel trasferimento di informazioni. Pensate a quello che succede in un ufficio: un impiegato produce dei rapporti e delle relazioni, probabilmente al computer, che poi passano ad un dirigente sotto forma di carta. Questi legge e rielabora le informazioni ricevute, e le trasferisce di nuovo ad altri impiegati che hanno il compito di mettere in pratica le istruzioni del dirigente. Oggi i computer e le reti telematiche permettono di effettuare le medesime operazioni da qualsiasi luogo. Il telelavoratore dunque può svolgere le sue varie occupazioni non più in un ufficio ma ad esempio da casa, in treno o direttamente presso i clienti.
Come avviene per ogni innovazione, il telelavoro ha generato un dibattito che vede confrontarsi diverse posizioni. Da una parte ci sono i fautori. Essi sostengono che il telelavoro offre molti vantaggi all'azienda, al lavoratore ed alla società nel suo complesso. L'azienda può avere notevoli risparmi dalla riduzione degli uffici, e disporre con maggiore efficienza di addetti e risorse. I telelavoratori hanno la possibilità di lavorare in casa e di gestire in modo autonomo il tempo lavorativo e il tempo libero. Infine, la diminuzione degli spostamenti fisici dei lavoratori nelle città può contribuire sostanzialmente alla soluzione dei problemi che affliggono le grandi metropoli, come il traffico e l'inquinamento, migliorando così la qualità della vita collettiva.
Ma c'è anche chi fa notare come il telelavoro potrebbe avere effetti positivi solo per alcune fasce privilegiate, mentre finirebbe per peggiorare le condizioni di vita del lavoratore dipendente. Esso infatti determina complessi problemi relativi alla tutela del salario, della salute e del tempo libero del lavoratore. Chi lavora in casa, o in viaggio, è sottoposto ad orari flessibili che escono certamente al di fuori degli schemi di tempi e turni che caratterizzano il lavoro fabbrica o in ufficio.
Come valutare e tutelare legalmente il salario di un telelavoratore? Quali soluzioni contrattuali possono evitare un eccessivo carico di lavoro, magari nascosto da autosfruttamento come avviene in molta parte del piccolo lavoro autonomo? E si deve inoltre rilevare che il telelavoratore corre fortemente il rischio dell'isolamento sociale. È chiaro che gli strumenti di tutela del lavoro sviluppati nel corso di questo secolo, e le relative strutture organizzative, come i sindacati o i consigli di azienda, verranno inesorabilmente messe in crisi da una organizzazione del lavoro completamente decentralizzata e difficilmente controllabile. Né si può dimenticare il fatto la frammentazione territoriale delle attività produttive creerà diverse figure sociali di telelavoratori, con opportunità e problemi del tutto diversi (su questi temi rimandiamo alle interviste che abbiamo inserito in appendice nella videocassetta e nel CDRom [CD VC 9]).