Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Marco Villamira

Milano, 26/11/97

"Comunicazione e territorio"

SOMMARIO:

  • Marco Villamira sostiene che le nuove tecnologie hanno sconvolto il rapporto dell'uomo con il territorio poiché esse stesse sono un territorio nuovo (1),
  • inoltre, i giovani sono sicuramente più flessibili nell'approccio con questo nuovo mondo, contrariamente agli adulti che si muovono nel nuovo attraverso strumenti di conoscenza non sufficientemente adeguati (2).
  • La parte emotiva dell'essere umano gioca un ruolo fondamentale nella conoscenza (3).
  • Internet costituisce un territorio nuovo anche per chi lo ha inventato, ed ha dunque bisogno di tempo per essere utilizzato al meglio delle sue potenzialità (4).
  • I videogiochi possono essere negativi per il bambino se diventano sostitutivi di qualsiasi altro divertimento (5).
  • La simulazione di identità in rete può essere, per un individuo, terapeutica da una parte, e sviluppare patologie già esistenti dall'altra (6).
  • Il telelavoro presenta aspetti problematici nel favorire forme di isolamento verso l'esterno (7).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Le nuove tecnologie digitali di comunicazione hanno sconvolto il rapporto con il territorio. Ce ne può parlare?

Risposta
Hanno sconvolto il rapporto dell'uomo con il territorio perché esse sono un territorio nuovo. Le nuove tecnologie digitali hanno creato un altro territorio, nuovo, e noi dobbiamo imparare a muoverci in esso come abbiamo appreso a muoverci sui nostri territori consueti. Dobbiamo imparare a muoverci in questo nuovo ambiente e, quindi, attraverseremo un periodo di difficoltà in cui ci sarà facile commettere errori; poi, di nuovo, cominceremo a muoverci su questo territorio come ci muoviamo su quelli conosciuti. Ogni volta che entra in campo una nuova tecnologia noi dobbiamo compiere questo processo di apprendimento: non è un'operazione nuova in assoluto questa del virtuale, delle reti, di Internet, ma una delle tantissime istanze di rinnovamento che l'umanità ha dovuto affrontare, a cominciare dall'invenzione della ruota, prima ancora dalla scoperta del fuoco. Ogni volta che qualcosa di tecnologico arriva c'è qualcuno che grida al cambiamento, alla fine del mondo, alla mutazione irreversibile: di fatto, si tratta semplicemente di un cambiamento di territorio in cui noi dobbiamo di nuovo imparare a muoverci, ma con le vecchie, praticamente invariate, regole.

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Domanda 2
Lei crede che i ragazzi abbiano una maggiore attitudine ad imparare ad usare le nuove tecnologie rispetto alle persone adulte?

Risposta
Certamente. I giovani sono molto più flessibili, molto più elastici, hanno molta più facilità a rimappare il territorio rispetto agli adulti e in questo territorio nuovo sarà molto più semplice muoversi per un giovane che per un anziano. L'anziano è capace di muoversi bene nel territorio conosciuto, lo conosce da molto tempo, possiede una lunga esperienza; egli è quindi più abile a muoversi sul territorio noto ed è molto meno abile ad apprendere nuovi modi di spostarsi su un territorio sconosciuto.

Lei parla di educazione: attenzione a non guastare la festa ai giovani! Chi ha la responsabilità di educare è giusto che si occupi di nuove tecnologie, ma inviterei a fare molta attenzione a non occuparsi delle nuove tecnologie in un modo vecchio perché, altrimenti, riusciremmo a rendere noiosi persino i video game per i nostri ragazzi, così come siamo riusciti a rendere noiose letture stupende di autori come Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Alessandro Manzoni. Rischiamo di ripercorrere la stessa strada. In questa prospettiva, dobbiamo tenere molto presente i paradigmi di apprendimento che sono quelli della Savana, luogo in cui si muovevano i nostri antenati. Tali paradigmi non sono, praticamente, cambiati: il movimento, la scansione dei tempi, i ritmi.

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Domanda 3
Dunque, ritmi veloci...

Risposta
Ritmi veloci che tengano conto - come fanno benissimo i nostri pubblicitari- di come è fatto il nostro cervello: il nostro cervello è costituito da una grossa parte razionale, ma chi comanda non è la parte razionale; essa propone, ma chi dispone è la parte emotiva, o motivazionale. Un individuo può sviluppare un ragionamento bellissimo, tuttavia, quando dovrà decidere, un grande peso lo avrà la sua parte emotiva: nella scelta dell'automobile, nella scelta della casa, nella scelta del suo partner di vita, nella scelta degli studi.

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Domanda 4
Forse proprio perché Internet ha dei ritmi molto lenti che rimane ancora un fenomeno di élite?

Risposta
Ha ritmi lenti, è un territorio nuovo un poco per tutti, anche per quelli che lo hanno inventato, anche per chi lo ha creato; una cosa è nuova per chiunque: è più nuova per chi non la conosce, ovviamente, ma è nuova anche per chi l'ha inventata. E' necessario del tempo di maturazione per elaborare un utilizzo vantaggioso della tecnologia. In questo senso, si può riprendere l'analogia con il cinema. Da pochi anni abbiamo festeggiato il centenario del cinema dei fratelli Lumière e tutti hanno detto, giustamente, che solo da pochissimo tempo - quindi, dopo quasi un secolo- si comincia ad utilizzare il cinema nella pienezza delle sue possibilità. Io mi auguro che non sia necessario un altro secolo per utilizzare Internet nella pienezza delle sue possibilità, però, certamente, non sarà breve questo lasso di tempo.

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Domanda 5
In qualità di psicologo, crede che i videogiochi possano produrre effetti negativi sui bambini?

Risposta
Ogni cosa è buona e cattiva, dipende dall'uso che se ne fa: un coltello può servire per affettare il salame oppure per accoltellare il vicino! I video giochi possono essere uno strumento utile, di training per l'accesso alle nuove tecnologie, oppure possono rappresentare qualcosa di estremamente negativo nella misura in cui vengono proposti come sostitutivi di qualunque altro tipo di divertimento.

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Domanda 6
Che effetti può produrre, dal punto di vista psicologico, la simulazione di identità in rete?

Risposta
Anche in rete, l'identità può essere simulata e un individuo può crearsi mille identità diverse, sperimentando l''Uno, Nessuno e Centomila' di Pirandello; Internet può essere, da una parte, qualche cosa di salvifico, terapeutico, nel senso che in virtuale un individuo può trasferire tutta una serie di identità e colmare dei vuoti nella sua vita affettiva o professionale; viceversa, può rappresentare uno strumento che facilita l'emergere di situazioni patologiche; anche in questo caso, dipende dal contesto individuale: non c'è solo l'individuo e la macchina; c'è l'individuo e la macchina ma, soprattutto, c'è il contesto in cui individuo e macchina si incontrano, e ciò è determinante.

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Domanda 7
Si è spesso detto che il telelavoro può isolare il lavoratore che si ritrova per ore a casa, senza vedere nessuno.

Risposta
Questo è un problema serio e molto dibattuto. In effetti, il telelavoro può costituire una forma di lavoro svantaggiosa per un individuo, soprattutto per un genitore, proprio perché lo confina nella propria casa privandolo di una serie di possibilità faticose ma anche salvifiche di rapporti con gli altri. In Inghilterra esistono locali dove i telelavoratori possono incontrarsi e toccarsi, possono socializzare, proprio per limitare questa forma di isolamento dal resto del mondo che il telelavoro stesso produce. Oggi, in Internet, si può svolgere qualsiasi operazione: acquisti, lavoro, vendite e così via. Si può, dunque, rimanere in casa propria vivendo l'esterno in modo virtuale. Il problema nasce sul territorio casa propria: le case che si costruiscono oggi non sono fatte per essere vissute tutta la vita; esse sono dei residence, fondamentalmente, dei luoghi dove si mangia e si dorme, soprattutto si dorme poiché spesso si mangia nella mensa aziendale, nel bar vicino al lavoro. Le case, dunque, non sono più le case di una volta, con il cortile, con il giardino, con tutta una serie di spazi dove si ha la possibilità di esprimersi e le città non sono più come quelle di una volta dove uno scende nella piazza e incontra qualcun altro. Il telelavoro, in questa prospettiva, può davvero rappresentare un fenomeno estremamente negativo, proprio perché non c'è più un ambiente domestico tale per il quale il rimanere a casa sia un fatto positivo.

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