INTERVISTA:
Domanda 1
Professore, buongiorno! Vorremmo parlare con Lei del grande dilemma della libertà di
espressione su rete ; le giurisdizioni statunitensi più avanzate hanno stabilito,
con l'abrogazione del "Communication decency act" del '96, che un controllo
preventivo sulla comunicazione in Internet è illegale e viola il primo emendamento. Quale
è la situazione in Italia della tutela della libertà di espressione?
Risposta
Intanto, dobbiamo tener presente che in Italia non abbiamo un corpus legislativo come il
"Communications act", e che tardiamo a pensare che la libertà di espressione si
applichi al di fuori del campo tradizionale della stampa e della televisione; dunque, non
abbiamo norme specifiche di cui disporre. Abbiamo, però, l'articolo 21 della
Costituzione, l'esatta controparte del primo emendamento degli Stati Uniti, che protegge
la libertà di espressione in tutte le sue forme, e, quindi, ritengo anche sulle reti ed
Internet ; questa libertà di espressione ha fondamento assoluto e quindi interviene
tutte le volte che non si sia commesso un reato, tutte le volte che venga espressa
un'opinione che non sia lesiva per la norma penale o che non sia produttiva di danni
civili.
Domanda 2
Il diritto all'anonimato che la Corte Suprema degli Stati Uniti, in diverse occasioni, ha
ribadito essere parte integrante del diritto e della libertà di espressione, Lei crede
che vada tutelato in maniera così assoluta?
Risposta
Ritengo che, quando si parla di libertà di espressione su Internet o su mezzi di
comunicazione in rete, si voglia dire che non è ammissibile che ci sia un service
provider che assume il ruolo di "editor", svolgendo una funzione editoriale di
controllo. La nostra legge costituzionale impedisce la censura preventiva, non la
responsabilità penale una volta che l'opinione è stata espressa. Il presupposto perché
questo meccanismo funzioni è che sia riconoscibile il soggetto che ha violato la legge
penale o ha violato i diritti altrui. Questa esigenza di riconoscibilità vuole dire
identificabilità, ed è in contrasto con l'anonimato. Ritengo, quindi, che l'anonimato
sia incompatibile con il contemperamento tra la libertà di espressione e la
responsabilità del soggetto che viola la legge. L'anonimato, d'altro canto, è dentro una
sfera di protezione che si deve arrestare ad un certo punto; io posso comprendere che il
soggetto non voglia essere identificabile da tutti sulla rete, mentre è online; non
capisco, viceversa, che resti non identificabile di fronte ad un ordine della corte per
far valere le sue responsabilità. Anonimato vuol, quindi, dire, che il soggetto può
scegliere di non comparire nel momento in cui viene ad essere presente ed esprimere la sua
opinione online; ma nel momento in cui si innesca un procedimento giudiziario è
indispensabile che, quanto meno, il service provider lo sappia identificare. Questo vuol
dire che non è possibile essere clienti di un service provider se non si è identificati
in un modo credibile e corretto al momento in cui si è stipulato il contratto con il
service provider stesso.
Domanda 3
In caso di illecito nella comunicazione via Internet, è stato ventilato nel dibattito in
atto una possibile responsabilità vicaria dell'operatore di sistema, del provider.
Risposta
La escluderei assolutamente sotto il profilo della responsabilità penale. Il problema si
pone piuttosto dal punto di vista delle responsabilità per violazioni di diritti d'autore
o altri diritti di proprietà industriale. In questo contesto, effettivamente, ci si può
domandare se nel caso in cui il service provider sia consapevole di quello che avviene non
si abbia una responsabilità vicaria. E' d'esempio un caso che si sta discutendo negli
Stati Uniti, il bulletin board, attraverso il quale avviene un uploading-downloading di
musica in violazione dei diritti dei produttori di fonogrammi. Dal momento che il bulletin
board è stato aperto con questo specifico scopo, non si può dire che il service provider
ignorasse questa situazione; anzi, si può dire che ha messo a disposizione gli strumenti
specifici per realizzare una violazione del copyright. Probabilmente, in questo caso, si
deve ritenere che si abbia una responsabilità vicaria del service provider, e direi anche
che non ci sono dei problemi di libertà di opinione che in questo modo vengono guardati;
il diritto d'autore è una cosa, la libertà di espressione è un'altra.
Domanda 4
Infatti, le sezioni previste in materia di responsabilità civile per il provider
vengono stabilite da una legge federale ben precisa che è l'"Electronic
communication privacy act" dell'86. Proseguendo, nel caso di diffamazione cosa
accade?
Risposta
Nel caso di diffamazione io credo che si tratti di vedere nuovamente che cosa fa
concretamente il service provider; credo sia molto diversa la funzione dell'editore di una
rivista o di un giornale. L'editore di una rivista o di un giornale è un creatore che ha
controllo sulla scelte dei collaboratori, sul contenuto delle parti e sul montaggio di una
parte con l'altra. Viceversa, quando parliamo di un service operator, dobbiamo pensare che
tutto avviene "online" attraverso delle partecipazioni di soggetti che non sono
richiesti di iniziativa del service provider, ma che si rivolgono al service provider per
trovare uno spazio aperto di discussione. Quindi, nel primo caso, l'editore svolge
istituzionalmente una funzione di controllo e di partecipazione; nel secondo caso è
soltanto un soggetto che fornisce uno spazio nel quale altri individui, interattivamente,
creano qualcosa a cui il service provider è estraneo. Ora, questo non vuol dire che il
service provider sia assolutamente fuori da qualsiasi forma di responsabilità; se viene
creato un bulletin board per lo scambio di musica, evidentemente il service provider è
consapevole, anzi, ha dato strumento per un illecito; ma se lo stesso sito non è stato
creato con la finalità di calunniare delle persone, bensì con il fine di discutere, ad
esempio, della politica sanitaria di un certo paese, e nel corso del dibattito qualcuno
dei soggetti che interagiscono tra di loro istantaneamente, "online", si lascia
ad andare a giudizi pesanti che sono, consapevolmente, diffamatori, diventa responsabile
quel soggetto; questo è il motivo per cui non ci può essere l'anonimato; il service
provider non ha la possibilità di prevedere un momento prima, cosa verrà detto un
momento dopo.
Domanda 5
Mi sembra di capire che lei stabilirebbe un controllo preventivo sul fine del singolo
board o del singolo sito su Internet. Chi può stabilire questo controllo preventivo?
Risposta
Semplifichiamo molto il problema: quando il service provider svolge delle funzioni che
sono paragonabili a quelle dell'editore, perché preannuncia un fine e crea degli
strumenti per realizzare quel fine -dei momenti da lui controllati in cui si svolge
l'attività-, ha la stessa responsabilità dell'editore. Se invece ci trovassimo fronte ad
una situazione nella quale il service provider mettesse a disposizione degli spazi che
sono riempiti di contenuto da soggetti che interagiscono al di fuori della sua
partecipazione, egli non è più un editore. Quindi, direi che la regola può essere:
l'editore risponde, il service provider editore non risponde.
Domanda 6
Cosa può dirci a proposito dei problemi legati alla decenza e alla moralità?
Risposta
C'è ancora un altro problema che possiamo voler esaminare, ed è quello collegato alla
globalità di Internet, delle reti. Alcune norme penali presuppongono degli standard di
morale comune, come nel caso dell'oltraggio al pudore o la violazione alla decenza. In
questi casi, la grossa difficoltà si pone anche a prescindere dalla posizione del service
provider. Per alcuni soggetti, certi tipi di espressione o di immagini non sono
pornografiche, non sono indecenti; ma questo è uno standard che può benissimo aver
valore a New York, a Londra piuttosto che a Milano, ma che può essere, comunque,
gravissimamente offensiva dei costumi, della mentalità dei paesi arabi, in cui, ad
esempio, le donne sono coperte da un velo. Questo è un problema che -veramente- non si sa
come si possa risolvere; anche perché, evidentemente, non è possibile un oscuramento di
Internet in alcuni paesi. Rispetto a questo vorrei ricordare un dato di fatto
fondamentale: quando io accendo la radio o la televisione non so che programma mi
comparrà davanti; quando, però, io mi inserisco su di un bulletin board di Internet, so
esattamente quello che faccio. In altre parole, mentre c'è il rischio, per bambino che
accende il canale televisivo, di vedere una scena di violenza o di pornografia, lo stesso
rischio non si corre su Inernet, proprio perché si tratta di un accesso volontario e
consapevole, che richiede una serie di manovre estremamente mirate prima di accedervi.
Riterrei, dunque, che anche questo problema non vada sopravvalutato.
Domanda 7
Lei, dunque, che cosa pensa dell'impostazione pro-libertà d'espressione?
Risposta
Dobbiamo sempre distinguere i mezzi. Ci sono dei mezzi che entrano nella propria vita
all'improvviso e non ci si può difendere da essi; nei confronti di questi ultimi lo
standard è rigoroso, e deve essere rigoroso. Ci sono altri mezzi che, invece, noi
controlliamo: Internet è tra questi. Ripeto: quando metto in funzione la radio, non posso
essere investito da una frase pornografica o indecente; non posso, quando accendo la
televisione, subire una frase di violenza non voluta, una scena di violenza; ma nel
momento in cui io manovro Internet vuol dire che cerco l'accesso al sito che mi interessa
e non posso chiedere lo stesso standard di protezione.
Domanda 8
Quindi: massima libertà di espressione.
Risposta
Sulle reti, si. Mentre ritengo doveroso il massimo standard di protezione sulla radio e
sulla televisione. Sotto questo profilo, credo che l'idea del "Violence Chip",
che è stata introdotta dal "Federal communications act" dell'anno passato,
rappresenti un grossissimo passo in avanti, con un unico rischio: chi farà i rating, chi
farà le valutazioni di tasso di pornografia e di violenza? Credo che nelle società
complesse come la nostra ci sia una soluzione: che i rating siano dei rating di
associazioni volontari a cui i genitori-utenti delegano la propria fiducia nella
valutazione. Questo è importante perché non si abbia un unico standard di
inaccettabilità nel momento in cui si avesse lo standard nella comunità cattolica
eventualmente diversa da quella protestante, e ancora diversa da quella ispanica. Credo
che saremmo di fronte ad una non-omologazione e, nello stesso tempo, ad una protezione di
ciascuno secondo il livello di tutela che si è prescelto.
Domanda 9
Non crede che l'introduzione di questo chip, di questo criptaggio del messaggio,
rappresenti, in definitiva, un'intrusione eccessiva dello Stato e che, di conseguenza, si
riproponga il problema della regolamentazione statuale?
Risposta
Si tratta di due cose diverse. Un conto è il Violence Chip, che è inserito
volontariamente negli apparecchi di ricezione televisiva. Questo è un atto volontario e
consente di inserire un meccanismo di scollegamento dei programmi che superino una soglia
ritenuta accettabile di violenza verbale, pornografia, e così via. Non vedo nessun
problema sotto questo profilo. Un altro conto, invece, è il clipper chip, che consente
una doppia chiave di accesso a tutte le comunicazioni, e di cui una chiave verrebbe tenuta
dal governo; in questo caso, effettivamente, il problema si pone. A mio avviso, però, non
si tratta di un problema che va distinto da quello delle intercettazioni telefoniche. Noi
sappiamo che se io e lei ci parliamo oggi al telefono, se esiste un ordine del giudice,
chiunque faccia parte dell'apparato della polizia e della magistratura, potrà sentire la
nostra conversazione. Da questo mi sento sufficientemente protetto. Nel caso in cui io
fossi imputato di reato, e venisse registrata una mia conversazione rispetto a fatti di
reato a cui lei è estraneo, con le conseguenze di pubblicazioni sui giornali di quanto ci
siamo detti, in questo caso, il problema esiste. E si tratta di un problema che sorge non
nella disposizione di un meccanismo di intercettazione al telefono di clipper chip per le
reti, ma nella divulgazione indebita di fatti non attinenti al procedimento penale, ad
opera di una stampa troppo spesso non scrupolosa nel rispettare il segreto delle indagini.
Domanda 10
Dovremmo anche aggiungere che esiste il problema della figura pubblica: la stampa fa il
suo mestiere, a meno che non ci sia una chiara violazione del segreto istruttorio che
molto spesso proviene dagli uffici giudiziari medesimi. Nel momento in cui c'è una
validità di notizia il diritto alla privacy deve un po' cedere le armi.
Risposta
Le sono grato di questa precisazione: il problema non nasce nella stampa, il problema
nasce dal magistrato o dell'avvocato difensore che divulgano le notizie alla stampa; la
quale, sotto questo profilo, svolge solo un ruolo di controllo dell'attendibilità e
neppure della verità della notizia. Ritorno, dunque, sopra il problema della divulgazione
di eventuali comunicazioni in rete o su telefono che sia stata prodotta con colpa, non
dell'organo di stampa, che sotto questo profilo ha una facoltà costituzionalmente
protetta, ma di altri soggetti che hanno doveri di ufficio contrari alla divulgazione.
Quindi, ha ragione lei!
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