Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Philippe Queau

Roma, 15/12/95

"La rivoluzione del virtuale"

SOMMARIO:

  • L'esplosione del virtuale si è verificata grazie a due fattori: l'enorme sviluppo della potenza di calcolo dei computer e l'interconnessione generalizzata dei calcolatori tra loro, specialmente grazie a Internet (1).
  • La rivoluzione del virtuale poggia su quattro principali tappe tecnologiche: a) l'apparizione del trattamento digitale dell'immagine; b) la possibilità di interagire in tempo reale; c) il sentimento di immersione nell'immagine, grazie alle tecniche di visualizzazione stereoscopica o altre; d) lo sviluppo delle tecniche di telepresenza e di televirtualità (2).
  • Classicamente, i rapporti tra l'immagine e il linguaggio, l'immagine e il modello, l'immagine e il luogo e infine tra l'immagine e la rappresentazione erano caratterizzati dalla distanza. Con l'immagine virtuale assistiamo a una fusione nei quattro ordini (3).
  • Oggi c'è una specie di accresciuta coesione tra virtualizzazione dell'economia, virtualizzazione della sfera speculativa e virtualizzazione dei mezzi di rappresentazione. Queste tre zone di virtualizzazione si stanno unificando sempre più intimamente e creeranno quello che si potrebbe chiamare un "cyber-bang", una nuova era in cui il virtuale diventerà sempre più la realtà ultima, lasciando al suo passaggio interi settori della realtà ai bordi delle autostrade della comunicazione (4).
  • Per riassumere, la rivoluzione del virtuale non riguarda soltanto le nuove tecnologie, ma annuncia un nuovo modello di società che si sta costituendo (5).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Le due facce del virtuale.

Risposta
In questo mio intervento, tenterò di illustrare ciò che vorrei chiamare la rivoluzione del virtuale. Sono tra quelli che pensano che stiamo vivendo un momento eccezionale nella storia della rappresentazione. Viviamo un momento paragonabile a quello della apparizione della stampa. Con Internet, con lo sviluppo delle tecnologie del virtuale, abbiamo al tempo stesso un sistema di distribuzione e di accesso all'informazione di una potenza senza pari, ma anche un nuovo modo di rappresentare il mondo. Nessun sistema di rappresentazione è indipendente da una ideologia implicita. I nuovi sistemi di rappresentazione non sono evidentemente esenti da una nuova ideologia. Ma è sempre meno semplice decifrarla. Quando un grande come Leonardo da Vinci si è misurato con la prospettiva, il suo modo di operare poteva sembrare difficile da capire per i suoi contemporanei, perché era in un certo senso la matematica più complessa del suo tempo che lui metteva in immagini. Nelle nuove tecnologie del visuale e del virtuale, che si stanno sviluppando, c'è anche molta matematica, ma una matematica più sottile, più nascosta. La prospettiva, in un certo senso, si dà a vedere in quanto modello di rappresentazione. Con il virtuale abbiamo a che fare con tecniche che sono essenzialmente linguistiche e criptiche per chi voglia comprenderle. Sicché, ci sono due facce del virtuale: la faccia visibile e quella invisibile, come in un iceberg. La faccia visibile è la più piccola, e si lascia scorgere facilmente, ma nasconde, appunto, quella che non si mostra. E ciò che del virtuale non si vede nel visuale, ciò che si può solo indovinare o intuire è il campo più complesso che lo spirito umano abbia mai inventato. Da una parte c'è l'aumento incredibile della potenza dei calcolatori. Una sola cifra per fissare le idee. E' un luogo comune, ma è opportuno ricordarlo: in trent'anni, dalla fine degli anni Sessanta fino a oggi, la potenza dei calcolatori si è moltiplicata per dieci alla settima, cioè per dieci milioni. Questo vuol dire che calcolatori che occupavano uno spazio pari a quello di Villa Medici, ormai si possono trovare su una semplice scrivania, possono essere regalati ai ragazzi per Natale. Questo è il primo punto. Il secondo è l'interconnessione generalizzata dei calcolatori tra loro, specialmente grazie a Internet. Internet costituisce una rivoluzione incredibile per due ragioni: la prima è che permette una diminuzione dei costi di comunicazione estremamente importante - nell'ordine di mille o diecimila volte meno - in rapporto al telefono, e la seconda è che Internet permette, grazie alla diminuzione dei costi, lo sviluppo di una comunità mondiale. Per usare una metafora forse un po' ampollosa, ma che a mio avviso contiene una parte di verità, vorrei citare il termine di "noosfera", di Teilhard de Chardin. Internet è un modo di concretizzare nella realtà questa intuizione della "noosfera" a cui pensava Teilhard.

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Domanda 2
Le quattro tappe della rivoluzione virtuale.

Risposta
La maniera in cui l'immagine di sintesi, l'immagine virtuale, l'immagine digitale si sviluppa nello spazio sociale è straordinariamente varia. Immagini virtuali si trovano nei posti di comando dei generali a cinque stelle che dirigono la Guerra del Golfo, ma vengono usate anche dagli psichiatri, dai ragazzi, dagli astrofisici, si trovano praticamente da per tutto. L'immagine di sintesi, in quanto mezzo di rappresentazione del mondo, è ormai da per tutto. Illustrarne le varie applicazioni in maniera esaustiva sarebbe impossibile qui. Ciò che però vorrei sottolineare è che la rivoluzione del virtuale poggia su quattro principali tappe tecnologiche. Prima tappa: l'apparizione del trattamento digitale dell'immagine, la cui parola chiave è linguaggio. L'immagine ormai può essere generata per mezzo di operazioni linguistiche astratte. Con il digitale ormai l'immagine è diventata un linguaggio non in senso metaforico, ma nel senso stretto della parola. E' questa la rottura fondamentale in rapporto con le tecniche del passato. L'immagine digitale è inanzi tutto una scrittura: si scrivono delle immagini battendo su una tastiera. Non è una metafora. Non è tanto la metafora dell'immagine come scrittura nel senso vago dell'espressione, è veramente la possibilità giocare con le immagini come si gioca con gli aggettivi, con i verbi, con le parole. E' proprio questo che si fa, quando si programmano delle scene, quando si creano, a partire da manipolazioni linguistiche, dei mondi virtuali. Finora le immagini, l'immagine del pittore, l'immagine del cineasta, l'immagine del fotografo, l'immagine del "videasta" o, se si preferisce, della televisione, partecipavano della materialità del mondo. Il pittore manipola dei pigmenti. Si stabilisce dunque un contatto tra la volontà del pittore e una materialità che gli oppone resistenza. Il fotografo, come il cineasta o il "videasta" gioca con dei fotoni. Ci sono dei fotoni che vengono a imprimersi su una superficie fotosensibile, che si tratti della gelatina fotochimica, del tubo elettronico della videocamera o della pellicola cinematografica. In tutti i casi l'immagine un tempo era legata alla materialità, alla concretezza del mondo reale. Con l'immagine virtuale, con l'immagine di sintesi, non sono più dei fotoni o dei pigmenti che creano l'immagine, ma delle pure operazioni linguistiche. E in questo modo l'immagine appartiene interamente al regno del linguaggio. Questo è assolutamente fondamentale, in senso buono e in senso cattivo. In senso buono ci offre la libertà del linguaggio, la sovrana libertà dell'espressione, separata da ogni rapporto con il reale; in senso cattivo l'inconveniente è che proprio perché è privata di ogni relazione con il reale ne perde il sostanzioso midollo. Quindi il dibattito che si potrebbe sviluppare eventualmente stasera è: che cosa si guadagna, che cosa si perde a rifugiarsi così nel regno dei linguaggi simbolici astratti, quando si vogliono fare delle immagini. Questo è il primo punto. Seconda tappa: la possibilità di interagire in tempo reale, cioè senza dimensione temporale addizionale. Si può agire sull'immagine nell'immediatezza della volontà di agire. Questo è certamente noto almeno da una trentina d'anni per i simulatori di volo, ma ormai queste tecniche di interazione in tempo reale, sono a disposizione anche dei bambini di cinque anni, e a buon prezzo. Terza tappa: il sentimento di immersione nell'immagine, grazie alle tecniche di visualizzazione stereoscopica o altre, come gli schermi giganti, eccetera. Non insisto. Ci sono almeno una diecina di tecniche, che permettono di simulare questa immersione all'interno dell'immagine. Quarta tappa: lo sviluppo delle tecniche di telepresenza e di televirtualità, che consistono essenzialmente nella congiunzione delle reti come Internet con le tecniche precedenti.

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Domanda 3
L'abolizione della distanza.

Risposta
Si tratta quindi di una rivoluzione assolutamente radicale dell'immagine. Per quale ragione? Non certo essenzialmente per una ragione tecnologica, ma piuttosto per una ragione d'ordine epistemologico o filosofico. Classicamente, i rapporti tra l'immagine e il linguaggio, l'immagine e il modello, l'immagine e il luogo e infine tra l'immagine e la rappresentazione, e più precisamente tra la rappresentazione e la presenza, erano caratterizzati dalla distanza. Ormai assistiamo a una specie di fusione, nei quattro ordini di cui ho parlato: l'immagine e il linguaggio si fondono, l'immagine e il modello dell'immagine si fondono. Il modello del pittore, ontologicamente parlando, non ha la stessa natura dell'immagine che il pittore ne trae. Ora invece, nel quadro del virtuale, il modello è altrettanto virtuale dell'immagine generata per mezzo di quel modello. Dunque sul piano ontologico l'immagine virtuale, così come il modello che le dà origine, sono costituiti della stessa sostanza immateriale. Di fatto c'è una specie di confusione intrinseca, di ibridazione del livello dell'immagine con il livello del modello e questo fatto si traduce in proprietà del tutto nuove come per esempio la possibilità di ottenere una retroazione del livello di rappresentazione delle immagini sul livello di rappresentazione del modello, cosa che si può osservare tipicamente nell'intelligenza artificiale, nel riconoscimento di forme, eccetera. Ho parlato dell'immagine e del luogo. Se classicamente eravamo posizionati davanti alle immagini, eravamo situati in un rapporto frontale con le immagini, ormai si può entrare "nell'immagine" e anche qui si sviluppa una forma di confusione tra l'immagine come luogo e l'immagine come superficie, tra l'immagine come schermo e l'immagine come spazio. La quarta forma di confusione - e uso di proposito la parola "confusione - è quella tra presenza e rappresentazione. Si può dire che classicamente l'immagine si dà come una rappresentazione dell'assenza, della distanza, dell'oblio, della memoria. L'immagine è un modo per introdurre una pseudopresenza, non è altro che una ri-presentazione. Con l'immagine di telepresenza, con l'immagine di televirtualità noi abbiamo a che fare con pure rappresentazioni che sono al tempo stesso delle presenze. E, a differenza del presentatore della televisione, che non è mai presente, che non è presente allo spettatore, ma che dà soltanto l'illusione della presenza, voi avete a che fare con dei cloni che vi parlano, che sono ben presenti, come la voce telefonica, che è là nel vostro orecchio ed esprime una presenza, un ascolto, una realtà ontologica dell'ascolto. In realtà nel campo della televirtualità abbiamo ormai una specie di spazio intermedio di presenza, che è al tempo stesso virtuale e reale. E sempre più il rischio che correremo nella civiltà del virtuale è il rischio della confusione. Ho usato parecchie volte questo termine di "confusione" tra immagine e linguaggio, tra immagine e luogo, tra immagine e presenza, tra immagine e modello. Nel movimento generale della rivoluzione del virtuale, questo movimento indebolirà, cancellerà, annienterà i confini troppo netti, che la nostra cultura aveva l'abitudine di tracciare tra i poli, i diversi poli che ho menzionato. Con le tecnologie del virtuale - e lo si può vedere fin d'ora, per esempio, con la pratica multimediale della manipolazione di immagini - la barriera tra il reale e il virtuale tende a crollare. Quando a Antenne 2 o a France 2 semplicemente perché mancano le immagini per illustrare un servizio e manca il tempo di procurarsele nel giro di qualche minuto si dotano di barbe islamiche degli uomini della Francia settentrionale per far credere che si sono intervistati degli Islamici, e si illustra così un servizio sull'Islam, come si è fatto qualche tempo fa, si vede bene fino a che punto la frontiera tra verità e finzione sfumi del tutto. Le stesse tecniche che permettono di realizzare gli effetti speciali per i film di "fiction" sono usate ordinariamente per illustrare dei servizi dal vero. Questa tecnica estremamente potente del digitale e del virtuale sta diventando un linguaggio talmente generalizzato che viene meno ogni concezione etica della natura dell'immagine, che si presenta e si propone allo sguardo, viene meno ogni referente in rapporto a cui ci si possa situare. Ormai tutti i canali stanno per essere digitalizzati, sempre più le immagini di "réportage" sono archiviate fin dal primo momento con un sistema digitale. Fin dal momento delle riprese si può iniettare del virtuale nell'immagine, sia in forma innocua, semplicemente cambiando la regolazione della luce o la regolazione calorimetrica, eccetera, sia in forma più sottile, semplicemente per accontentare il regista o perché questo aggiunge un po' di mordente al servizio. Questo tipo di pratica si sta generalizzando.

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Domanda 4
Verso la "cyber-economia.

Risposta
Vorrei infine dedicare quest'ultima parte del mio intervento ai problemi legati all'esplosione delle famose autostrade dell'informazione. Bisogna rendersi conto, infatti, che questi mezzi di rappresentazione sono assai più potenti nel loro impatto sociale ed economico di quanto non si potrebbe credere. Le autostrade informatiche - che sono chiamate così a torto, perché in realtà ci sono autostrade, sentieri, strade ad alta velocità: c'è una grandissima varietà di reti per inoltrare l'informazione - le autostrade informatiche hanno già causato una specie di cortocircuito generalizzato sul nostro pianeta. Per fare un esempio il "Conseil supérieur des Notariats francais" fa tutte le sue operazioni di raccolta dei dati giuridici in Costa d'Avorio, con donne di quel Paese, che a malapena parlano il francese, ma che sono pagate da trenta a sessanta volte meno delle operatrici francesi. Sono impiegate tre donne della Costa d'Avorio. Esse acquisiscono indipendentemente l'una dall'altra gli stessi testi. La probabilità che quelle tre persone facciano gli stessi errori è praticamente nulla, sicché oggi costa meno raccogliere dati in Costa d'Avorio che raccoglierli in Francia. Una azienda tedesca come Siemens fa tutta la sua manutenzione teleinformatica nelle Filippine. La Swissair fa la raccolta dei dati contabili e la gestione delle prenotazioni di volo, nelle Filippine. Il governo canadese ha firmato un contratto con una grande azienda indiana di consulenze a Bombay, affinché si occupi delle pratiche di previdenza sociale. Tutti questi esempi ci servono solo di riferimento per una realtà più generalizzata di telelavoro, di telepresenza, di televirtualità del lavoro di gruppo, attraverso reti estremamente potenti, per la loro capacità di rappresentazione e anche estremamente economiche per i costi di funzionamento. Caso tipico: un collegamento con Internet costa circa 50 F. al mese. Oggi vi potete abbonare a Internet con 50 F. al mese in Paesi come la Francia, l'Italia e evidentemente gli Stati Uniti. Con un collegamento che costa 50 F. al mese potete telefonare in tutto il mondo, potete recuperare immagini video in tempo reale CNN su Internet o potete anche fare della televirtualità, cioè delle teleconferenze. Tutto per 50 F. al mese. Se voi traete la logica conclusione da questo uso generalizzato di immagini, sempre più convincenti dal punto di vista del realismo, dal punto di vista delle prestazioni interattive, ebbene vi trovate davanti - uso ancora questo termine - a un corto circuito planetario che sta per verificarsi e che si propagherà a interi settori delle nostre economie europee. Penso alle banche, alle assicurazioni, penso al settore di tutti coloro che si occupano di manipolazione dell'informazione, a quei manipolatori di simboli che il Segretario di stato americano ha indicato come il settore più attivo, più dinamico dell'economia d'oggi, l'economia dell'immateriale. Il settore dell'immateriale è appunto quello che genera una maggior quantità di nuove ricchezze nell'era del virtuale che si annuncia, ma è anche il settore più facilmente virtualizzabile sulle reti mondiali. Noi andiamo verso forme avanzate di economia virtuale, di cyber-economia, che accompagnano la tendenza correlativa alla gestione planetaria dei movimenti di capitale. Saprete forse che ogni giorno tremila miliardi di dollari di scambi finanziari avvengono sulle reti internazionali di cambio bancario. Di questi tremila miliardi di dollari, in media solo l'1% viene investito in operazioni che possiamo chiamare reali, cioè corrispondenti a operazioni commerciali reali, come la compravendita di prodotti. Il rimanente 99% corrisponde unicamente a manovre speculative, basate spesso su modelli matematici, su modelli essi stessi virtuali. Cioè sono rappresentazioni astratte di una modellizzazione astratta del valore che i capitali rappresentano. Si può dire che oggi c'è una specie di accresciuta coesione tra virtualizzazione dell'economia, virtualizzazione della sfera speculativa e virtualizzazione dei mezzi di rappresentazione. Queste tre zone di virtualizzazione si stanno unificando sempre più intimamente e creeranno quello che si potrebbe chiamare un "cyber-bang", una nuova era in cui il virtuale diventerà sempre più la realtà ultima, lasciando al suo passaggio interi settori della realtà ai bordi delle autostrade della comunicazione. Noi ci troviamo oggi davanti a un rischio più grande che si sta delineando, quello di una frattura più profonda, tra quelli che hanno e coloro che non hanno, tra i possidenti, gli info-ricchi e gli esclusi dal virtuale. Questa immagine dello iato sempre più profondo tra gli eletti e gli esclusi si sta disgraziatamente rafforzando a tal punto che è diventato il problema politico principale nelle economie avanzate.

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Domanda 5
Un nuovo modello di società.

Risposta
Riassumo e vengo alla conclusione. La rivoluzione del virtuale, di cui ho tentato di delineare alcuni aspetti, si riassume in fondo in due caratteristiche essenziali. La prima è che si tratta veramente dell'apparizione di una nuova scrittura, di una nuova maniera di rappresentare il mondo, che vale per fare la guerra, per speculare, per fare dei film, per la creazione artistica. E' un nuovo modo di rappresentare il mondo, altrettanto nuovo, in rapporto all'economia del XX secolo, all'economia dell'era industriale, quanto lo è stato l'apparizione della stampa alla fine del XV secolo. Come l'apparizione della stampa si è sviluppata parallelamente alla scoperta dell'America, alla Riforma e alla Controriforma, e più in generale alla nascita del capitalismo mercantile, così oggi l'apparizione del virtuale come tecnica di rappresentazione estremamente potente, economica, generalizzata a tutto il pianeta, sta dando vita non soltanto a un nuovo rapporto con il sapere e con la rappresentazione, ma anche - fatto più importante - a un rapporto nuovo con il politico. La "deregulation" che l'Europa e gli Stati Uniti si propongono in materia di telecomunicazioni, non è che una forma di remissione della sfera del politico in rapporto a una rivoluzione che non è solo di ordine tecnologico, ma che è dell'ordine della rappresentazione. Una rivoluzione la cui essenza non è tecnologica, ma riguarda il nostro modo di considerare il mondo, il nostro modo di rappresentarlo. Un solo esempio, per visualizzare il problema: quando, durante la Guerra del Golfo, ricevevamo informazioni su quello che accadeva sul terreno, vedevamo sul piccolo schermo delle videoimmagini, cosiddette reali, che non rappresentavano nulla, che erano solo il segno, l'immagine della mancanza di intelligibilità di quello che stava effettivamente accadendo sul terreno. Quindi avevamo delle immagini reali totalmente prive di intelligibilità. Viceversa i generali che conducevano quella guerra erano circondati da immagini virtuali: quelle degli Hawks, quelle dei radar, quelle degli infrarossi, quelle dei cacciabombardieri, quelle delle carte elettroniche multidimensionali che tappezzavano i quartieri generali. Tutte quelle immagini erano sintetiche, virtuali, astratte, ma veicolavano intelligibilità. Oggi possiamo dirlo: nessuna immagine è più vera, nel senso in cui poteva essere vera un tempo. Tutte le immagini, e sempre più quelle che presto ci raggiungeranno come telespettatori medi, saranno interamente composte per mezzo di manipolazioni linguistiche di simboli astratti e sarà sempre più difficile distinguere il loro grado di realtà. Il problema oggi non è più se un'immagine è vera o no, perché non ha più senso parlare di immagine vera. Ormai la sola questione che varrà la pena di essere posta è: le immagini che ci vengono proposte sono intelligibili o no? Soltanto nella misura in cui come cittadini, come artisti, come creatori, come lavoratori della nuova era che si sta annunciando saremo capaci di rispondere a questa domanda: "Qual è il grado di intelligibilità di una certa immagine?", ci troveremo o nel campo degli eletti del virtuale o, sfortunatamente, e sottolineo con forza "sfortunatamente", nel campo dei futuri esclusi, dei proletari del virtuale. Per riassumere, non si tratta soltanto di nuove tecnologie, ma di un nuovo modello di società, che si sta costituendo, e alla quale non siamo per niente preparati, tenuto conto della velocità incredibile degli sviluppi che hanno avuto luogo sotto i nostri occhi. Soltanto un anno fa nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stato possibile mettere su Internet delle trasmissioni televisive, come oggi è possibile. Nessuno immaginava, solo un anno fa, che sarebbe stato così facile usare la realtà virtuale, il mondo tridimensionale "online", sulle reti tipo Internet. Solo due anni fa nessuno in Francia, a parte qualche specialista, un ristretto numero di esperti, conosceva Internet. Nessuno conosceva Internet. Certamente non i politici e nemmeno il grande pubblico. In due anni Internet è diventato un fenomeno assolutamente irresistibile. Concludo semplicemente con queste due idee. In primo luogo i movimenti a cui assistiamo sono di una rapidità e di una potenza senza confronto con quelli a cui eravamo finora abituati. In secondo luogo c'è purtroppo una forma di dimissione del politico di fronte a questi fenomeni che sfuggono al controllo delle nazioni. Lo Stato-nazione si trova oggi senza risorse davanti a un cyber-spazio, che è, per essenza, delocalizzato, transnazionale, al di là di tutte le frontiere e di tutti i regolamenti. E' assai facile immaginare oggi che il cyber-spazio, con la rapidità della telepresenza e della teledistribuzione, può completamente evadere le leggi locali. Potrei fare numerosi esempi, nel caso degli Stati Uniti, in cui dei "server" di immagini attaccati dal Congresso, semplicemmente digitando su una tastiera, sono stati spediti virtualmente alle Bahamas o in Finlandia. Non insisto. L'idea giusta è che ormai gli Stati-nazione sono diventati tutti troppo piccoli, anche gli Stati Uniti sono troppo piccoli, per gestire questo spazio virtuale, che è di moda chiamare cyber-spazio e che sta diventando il "luogo" con molte virgolette in cui il pianeta intero si ritroverà, luogo vuoto e al tempo stesso attraversato da tutti i giochi di potere, di finanza, eccetera.

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NOTA - Questo intervento è stato raccolto a Villa Medici, Roma, il 15 dicembre 1995, nell'ambito di una conferenza organizzata dal Centro culturale francese.

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