INTERVISTA:
Domanda 1
Prof. Peperzak che cosa pensa della proposta di Popper di istituire un codice
professionale sottoscritto da tutti coloro che lavorano in televisione?
Risposta
Ho letto il testo dell'intervista a Popper sulla televisione in cui egli avanza questa
proposta che, per dirla in breve, definirei perfettamente in linea con analoghe proposte e
considerazioni oggi all'ordine del giorno. Nella nostra società, tutti coloro che, sul
piano educativo, politico e ideologico, svolgono professioni di una certa responsabilità
per il loro rilievo nazionale hanno già sviluppato codici del genere: i medici, ad
esempio, se li sono dati da secoli, come del resto i sociologi, gli antropologi e gli
assistenti sociali. Concordo anch'io con Popper nel ritenere che i professionisti della
televisione abbiano un'enorme responsabilità - e lo dico molto seriamente. La televisione
ha infatti assunto le vesti di quella che oserei chiamare una sorta di mitologia
collettiva. Nella nostra cultura le antiche mitologie, greca e cristiana, hanno ormai
praticamente perso qualsiasi capacità di proporsi come rete di raccordo sociale per le
proiezioni fantastiche e le narrazioni di origine collettiva; al loro posto è subentrata
la televisione che ogni giorno ci presenta a modo suo immagini, storie, relazioni e
opinioni chiave, più o meno generalmente accettate. Essa, nel restituirci quest'immagine
della nostra società, contribuendo così a consolidarne l'ideologia, si assume,
ovviamente, una grossa responsabilità, da molti punti di vista, compreso quello politico.
La televisione può dare, infatti, man forte alla politica, ad esempio, scegliendo di
presentare in un certo modo i principi che ispirano pratiche razzistiche o
discriminatorie, giustificandoli o meno, e così via. Concordo dunque nel ritenere una
buona idea il progetto di un codice etico per tutte le professioni, ma non sono più
d'accordo con Popper quand'egli sembra sostenere che un compito del genere andrebbe
affidato ai soli competenti. Se è vero quel che ho detto, se cioè i programmi televisivi
svolgono una propaganda intesa, in una certa misura, a confermare la nostra ideologia,
allora la cosa riguarda anche gli altri soggetti - politici, artisti, scienziati,
filosofi, educatori - che sono implicati nella produzione di ideologia.
Domanda 2
Come giudica il livello dell'informazione televisiva in generale e in particolare della
comunicazione commerciale, che per antifrasi viene chiamata pubblicità?
Risposta
Non sono un teledipendente, non mi capita di vederla spesso. Una prima ragione è la
mancanza di tempo: ho altre cose da fare, più importanti e per me assolutamente
indispensabili. Un'altra ragione è l'eccessiva lentezza della comunicazione televisiva:
leggendo, riesco a sapere le cose molto più in fretta di quanto non possa fare vedendo la
televisione. Un'ultima ragione, piuttosto contingente, è che, quando guardo la
televisione, finisco molto spesso per tediarmi: un gran numero di programmi, che trovo
particolarmente stupidi e insignificanti, m'ispirano - devo ammetterlo - un senso
d'irritazione e di condanna, perché li trovo kitsch e inautentici. Sul piano
dell'autenticità, ovviamente, la pubblicità tocca il livello più basso. Personalmente
la ritengo bugiarda e acritica al 99%, perché i messaggi pubblicitari vogliono farci
credere di avere a cuore il nostro benessere, mentre tutti ben sappiamo quanto diverse
siano le loro vere motivazioni: la pubblicità non s'interessa a noi, vuole solo vendere -
il che difficilmente va nel nostro interesse. Nella pubblicità c'è talvolta un pizzico
d'umorismo, talvolta un forte richiamo sessuale, che mi spinge a pensar male di chi sembra
credere che la gente possa apprezzare quei messaggi dal lato puramente estetico. In
generale, la pubblicità è cattiva. Può darsi che qui in Italia sia diverso, ma in
America la pubblicità mi sembra decisamente scadente. Forse sarò troppo caustico ed
elitario; fatto sta che spesso mi sento offeso dalla televisione: trattato come un
bambino, come un poveraccio che non ha frequentato le scuole elementari o che, quanto
meno, non è andato molto avanti negli studi - il che mi sembra un atteggiamento offensivo
verso la gente. Ripeto: può darsi che io sia troppo severo, perché in effetti molta
gente non ha terminato le scuole elementari; tuttavia mi riesce difficile credere che ciò
valga per la media della popolazione istruita dell'Europa occidentale, dell'America e di
altri paesi scolarizzati. La mia posizione è dunque piuttosto negativa verso i contenuti
del messaggio televisivo, ma non credo affatto che i cattivi programmi siano davvero
inevitabili.
Domanda 3
Si parla sempre più di televisione interattiva. Ma come è possibile, secondo Lei, una
presa di posizione critica e attiva da parte dello spettatore?
Risposta
Io ne so troppo poco, ma forse potrebbe essere un dogma che la TV si debba orientare sulla
passività. Forse è vero che si può trovare un metodo per criticare le convenzioni
generalmente accettate, le tradizioni e ciò che viene dato per scontato. Io credo infatti
che sia un problema analogo a quello che si pone nell'insegnamento. Quando noi teniamo un
discorso, e semplicemente esponiamo una dottrina senza chiedere agli studenti che cosa ne
pensino, essi restano passivi, noi li rendiamo passivi. Ma io ho fatto un'esperienza
diversa. Bisogna chiedere agli studenti: "Che cosa significa questo per voi?" -
io ho fatto questa esperienza non solo con Platone ma anche con Hegel e con pensatori
mistici come Anselmo o Agostino - e porre loro delle domande anche se non credono alla
religione, non la praticano, non sanno che cosa pensare del Cristianesimo. Allora se io
dò loro questi testi, essi dicono: "Ma sono molto interessanti. Forse anch'io ho una
fede, non so esattamente in che cosa, ma ho una specie di fede." Loro prendono i
testi, si lasciano provocare dai testi e dicono: "Sto cercando le mie soluzioni ai
problemi che sono trattati in questi testi". Dunque, mi sembra che sia possibile
trovare anche nella TV un modo per provocare. Io credo - e ne ho avuto degli esempi - che
sia possibile e augurabile che i giovani si sentano chiamati in causa. Io ho l'esempio di
uno studente che è venuto da me e al quale ho chiesto di prepararmi una relazione su un
testo. Egli mi ha detto: "La ringrazio di avermi obbligato a scrivere questo testo.
Gli altri non me lo chiedono e mi condannano alla passività". Io credo che noi
tutti, uomini e donne in generale, vogliamo essere sollecitati alla creatività. E'
difficile, ma è tuttavia il nostro desiderio. Non so se questo sarà possibile anche con
la TV, sono quelli che lavorano nella televisione che dovrebbero dirlo, ma ho
l'impressione che il tentativo, il programma riuscirà.
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