INTERVISTA:
Domanda 1
Le parole, al pari delle merci e delle monete, tendono a perdere di valore e di
significato, se un uso indiscriminato le inflaziona. E' il caso del termine
"multimediale". Ce ne può parlare?
Risposta
"Ciò che è noto, proprio in quanto noto, non è conosciuto". Il celebre
aforisma di Hegel può esserci di aiuto nell'impresa di smontare un termine tanto abusato
quanto approssimativo. Il termine "multimedia" è stato per molti anni niente di
più che uno slogan pubblicitario. Parola dai contorni vaghi, che significa troppo e
troppo poco, la multimedialità deve il suo successo più alle suggestioni che evoca che
al suo significato. Vi sono almeno due diverse accezioni di questo termine: una è quella
dell'informatica di consumo, della editoria elettronica e dei produttori di personal
computer; l'altra è quella delle multinazionali delle telecomunicazioni. Io ritengo,
tuttavia, che vi sia una terza via nella multimedialità, non ancora chiaramente
concettualizzata e tanto meno operante, che chiamerei multimedialità allargata, una
multimedialità in senso forte che assimila e supera le altre due e di cui potremo parlare
in seguito.
Domanda 2
Proviamo dunque a riassumere i significati che assume la multimedialità nell'uso comune.
Risposta
L'informatica di consumo ha inteso suggerire con la multimedialità l'idea di un computer
che gestisce contestualmente testi, immagini video, suoni, fotografie e grafica correlati
tra loro e immagazzinati in un unico dischetto sotto forma di "bit" quale che
sia il loro supporto originario e il medium di provenienza (televisore, videoregistratore,
macchina da scrivere, proiettore di diapositive, giradischi eccetera). In realtà motivi
di ordine tecnico, primo tra i quali la difficoltà a comprimere in modo adeguato le
immagini video, e soprattutto di ordine semantico - un libro illustrato, in quanto
mescolanza di testi e immagini, è già multimediale, e ancora più multimediale è una
videocassetta - hanno reso finora questo termine generico e di non immediata comprensione.
Questa multimedialità, paradossalmente coincidente con un solo medium (CD ROM), potremmo
definirla ristretta. E' una multimedialità centripeta in quanto fondata sull'idea di
convergenza su un unico supporto, di prodotti provenienti da molti-media. Scherzosamente
si può dire che questo modo di intendere la multimedialità è da "Guinness dei
primati", paragonabile a quei bizzarri tentativi di far entrare quaranta persone in
una Mini Minor. Un solo fattore, decisamente innovativo, distingue un CD ROM dagli altri
media: la non sequenzialità della consultazione abbinata ad una pluralità di accessi e
di percorsi. L'opera (composizione, racconto, archivio, catalogo, o altro) che presenta la
originale caratteristica di utilizzare contestualmente molti-media consentendo una
navigazione personalizzata, non sequenziale, deve qualificarsi piuttosto come
"ipermediale", un termine più puntuale, rispondente ad una precisa prerogativa,
e in ogni caso meno inflazionato da ridondanze di significati.
Domanda 3
Un altro termine, sufficientemente inflazionato, è quello di "interattività".
Qui l'abuso è ancora più clamoroso. Tutto è interattivo. Tra non molto anche le
scatolette per i cani saranno reclamizzate come interattive.
Risposta
L'interattività è un termine di pertinenza della fisica e indica, tra l'altro, l'azione
reciproca fra particelle elementari di materia. Per analogia, nell'universo informatico,
l'interattività è divenuta sinonimo di scambio, di dialogo tra uomo e macchina. Un
libro, una videocassetta o un film sono opere sequenziali, esse hanno un significato solo
se consultate dalla prima pagina fino all'ultima, dal primo all'ultimo fotogramma. Se si
leggessero a casaccio le pagine di un romanzo, oppure secondo un ordine diverso da quello
stabilito dall'autore, ci troveremmo di fronte a qualcosa di insensato. Al contrario, un
prodotto ipermediale è, in genere, anche "interattivo", flessibile, poiché
consente all'utente di definire, a suo piacimento la sequenza dei brani e l'articolazione
del racconto. E nonostante la consultazione sia accidentale, lo svolgimento, quale che
sia, ha sempre una sua logica, un significato preciso. L'opera interattiva è
apparentemente sottratta alla tirannia dell'autore che le imponeva un unico senso, essa ha
le stesse caratteristiche del nostro universo: è finita ma indefinita. Il fruitore ha il
potere di definirla, in un certo senso partecipa al suo compimento. L'interattività,
nella sua versione pubblicitaria, è sinonimo di partecipazione attiva, di dialogo, di
scambio e ciò viene presentato come una novità assoluta anche se purtroppo dietro questa
enfasi si nasconde spesso una turlupinatura, una partecipazione solo apparentemente
spontanea, una libertà di movimento non più grande di quella che può darci un viaggio
organizzato. Questa interattività povera, con opzioni già tutte preordinate da uno
sceneggiatore multimediale che ragiona come un animatore di agenzie di viaggio, è quella
che io amo definire "interpassività".
Domanda 4
Lei sottopone a una critica radicale ciò che comunemente si definisce
"interattività", e la considera una falsificazione, una specie di raggiro che
sfrutta il bisogno, sempre più diffuso, di partecipazione. Possiamo tentare invece di
definirla nei suoi aspetti positivi?
Risposta
In via preliminare vale la pena di precisare che il dialogo con un'opera è innanzi tutto
un atto mentale che prescinde da pulsanti e menù di opzioni. Le riflessioni e gli stati
d'animo che suscita in noi la lettura di una poesia o di un testo di filosofia sono già
l'espressione di un incontro, di un dialogo intenso che si è stabilito tra l'autore e il
lettore. Solo apparentemente i libri sono muti, in realtà i loro autori, se i libri sono
di valore, dialogano con i lettori anche dopo la loro morte attraverso le loro opere. Il
processo di interpretazione del testo è perennemente rinnovato e, in questo senso,
l'ermeneutica è interattività per eccellenza. In secondo luogo è bene ricordare che la
forma più pregnante di interattività è quella che si stabilisce fra esseri umani, una
interattività, in linea di principio, più interessante, ricca e imprevedibile di quella
che si stabilisce tra l'uomo e una macchina, magari anche solo per il fatto che gli uomini
hanno una capacità di mentire superiore a quella di un calcolatore. In questo senso
l'offerta di interattività dei nuovi media rappresenta forse il surrogato di una
intersoggettività evidentemente in crisi. Ma l'interattività che ha maggior valore è
quella che ciascuno di noi intrattiene con se stesso, ciò che chiamiamo riflessione. Il
dialogo, la lettura, la visione di un film o un programma di computer sono pertanto
davvero interattivi se ci inducono a riflettere, a ripensare i nostri convincimenti, i
nostri luoghi comuni, in altre parole a dialogare con noi stessi. Quindi la cesura tra
passività e interattività, piuttosto che all'interno dei mezzi di comunicazione, risiede
nella qualità dei contenuti, nell'attitudine speculativa che i contenuti sono capaci di
indurre nella nostra mente.
Domanda 5
In definitiva che giudizio dobbiamo dare di quei prodotti che comunemente vengono
considerati "interattivi" come, ad esempio, i CD ROM?
Risposta
Per quanto un'opera venga concepita in termini multimediali-interattivi, tra tutte le
configurazioni possibili del suo svolgimento, nessuna sarà mai così pregnante di senso,
così organica, come quella sequenziale, creata dall'autore tradizionale (scrittore,
regista e via di seguito). L'utente interattivo è un dilettante, non ha riflettuto sui
contenuti, sulle correlazioni concettuali, narrative e logiche dell'opera quanto farebbe,
con cognizione di causa, un autore tradizionale. Il gioco delle combinazioni ipertestuali
e ipermediali, le continue opzioni previste nei menù, la perdita della sequenzialità,
l'accesso casuale (quando veramente è tale, e non piuttosto predeterminato dagli autori)
favoriscono quindi l'approssimazione e la frammentazione delle conoscenze anche perché,
avendo in mano uno strumento (mouse) che consente di stabilire lo svolgimento del percorso
narrativo, l'utente cade vittima della stessa sindrome da telecomando che colpisce i
telespettatori. E' un fatto che la profondità dei contenuti, il rigore nella esposizione
e l'armonia della forma, prerogative di un libro o di un film d'autore non sono, per il
momento, riscontrabili in opere aperte di tipo interattivo. Gli intrecci narrativi sono
generalmente banali, la brevità delle sequenze non consente approfondimenti, per non
parlare dell'estetica di questi prodotti, ancora, per molti aspetti, legata alla
tradizione editoriale che si limita a giustapporre testi a immagini, e al gusto,
generalmente scadente, degli ingegneri informatici che ne progettano la struttura.
Domanda 6
Ritorniamo al tema della multimedialità. Un altro modo di intenderla è quello delle
aziende che operano nel campo delle telecomunicazioni. Con il termine multimediale esse
designano l'intreccio sinergico di più mezzi di comunicazione disposti su un'autostrada
dell'informazione o su un'unica, immensa rete simile ad una "ragnatela che avvolge
tutto il mondo".
Risposta
In questo contesto il termine multimediale appare più calzante. Infatti le comunicazioni
interpersonali a distanza sono state, almeno fino alla televisione, sostanzialmente
monomediali : la voce con il telefono e la radio, la scrittura con il telegramma, la posta
e il telefax. Invece questo intreccio di tecnologie digitali consente all'utente non solo
di ricevere su un medesimo schermo programmi radiofonici e televisivi, posta elettronica,
videotelefonate, agenzie di stampa e quotidiani aggiornati in tempo reale, conti bancari e
lezioni universitarie, ma anche di interagire in maniera più spinta con i propri
interlocutori secondo modalità più volte immaginate nei libri di fantascienza. Da questo
punto di vista il futuro, e l'inevitabile successo di questa multimedialità è abbastanza
delineato, come pure delineati sono i risvolti sociologici e comportamentali già da tempo
auspicati e temuti. Qui siamo di fronte ad una radicale trasformazione. Tutti i media
finora conosciuti, dal giornale alla radio alla televisione, per il modo in cui si sono
strutturati, sono stati, e sono, unidirezionali e accentrati: poche persone che parlano o
scrivono, e centinaia di milioni che ascoltano e leggono. L'unico vero mezzo di
comunicazione è il telefono che tuttavia consente solo una comunicazione uno-a-uno e non
uno-a-molti. Da questo punto di vista Internet è il primo vero mezzo di comunicazione - e
non solo di informazione - di massa in quanto, almeno in potenza, tutti possono dialogare
con tutti (salvo accorgersi di non avere nulla di interessante da dirsi).
Domanda 7
Abbiamo analizzato sinora la multimedialità da un punto di vista sostanzialmente tecnico:
il CD ROM, le macchine e gli strumenti della comunicazione multimediale. Ma è possibile
intendere la multimedialità anche da un'altra prospettiva?
Risposta
Certamente! Anzi lo ritengo indispensabile. La mia idea, corroborata da un risultato
tangibile, l'"Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche", iniziata nel
1987, è che la multimedialità debba essere intesa come progettazione di un'opera
realizzata contemporaneamente in più versioni ciascuna delle quali rispondenti alle
caratteristiche formali ed espressive dei singoli media. Questa multimedialità è, per
così dire, letterale, vuol dire, cioè, produrre un'opera per molti-media. Mentre
l'informatica di consumo intende la multimedialità in modo centripeto (tanti media
tradizionali che confluiscono su un unico supporto digitale), la produzione multimediale,
come la intendo io, è invece centrifuga: da una sola materia prima si irradiano tanti
differenti prodotti ciascuno destinato ad un medium diverso e complementari l'uno
all'altro. Secondo questa definizione l'interattività è innanzi tutto quella che si
stabilisce fra le differenti versioni dell'opera che interagiscono tra loro grazie alla
struttura modulare dell'opera stessa.
Domanda 8
Ma quello che lei sta dicendo non appartiene affatto al modo comune di intendere la
multimedialità, addirittura sembra un rovesciamento di quella che è considerata la sua
caratteristica peculiare .
Risposta
In effetti questo modo di intendere la multimedialità è criticato in vario modo. Alcuni
lo respingono in quanto rovescia il luogo comune della convergenza di tanti media su un
dischetto; mentre altri lo giudicano una ovvietà senza peraltro rendersi conto che quasi
mai finora erano state concepite e realizzate opere per molti-media. In realtà i prodotti
culturali sono sempre stati monomediali. Accadeva talvolta che da un libro si ricavasse un
film, che di un'opera teatrale si facesse una riduzione radiofonica o televisiva, che
un'opera lirica diventasse un disco, ma tutto ciò non nasceva dall'intenzionalità
dell'autore. Da alcuni anni, soprattutto per esigenze di economicità e di mercato, si è
andata affermando una produzione che potremmo definire oligomediale, che sfrutta le
sinergie fra i diversi media sia in termini di prodotto che di mercato. Un film viene
realizzato contemporaneamente nella versione per il cinema e per la televisione, la
sceneggiatura viene pubblicata come libro, una versione di quest'opera potrebbe diventare
un videogioco. Ma fino ad ora nessuno ha concepito una multimedialità allargata che operi
a 360 gradi su tutto l'universo dei media e produca opere a carattere modulare in cui
ciascuna versione interagisca con le altre. Questa multimedialità è una modalità
organica di progettazione ancor prima che di produzione, una sorta di motore in cui
ciascun medium fa da volano per gli altri accumulando e restituendo energia. La
multimedialità centrifuga si distingue dunque per due aspetti fondamentali. Essa pone al
centro i contenuti piuttosto che le tecnologie (CD ROM eccetera.) e inoltre considera
l'intero sistema planetario dei mezzi di comunicazione come un'unica grande rete
integrata, una rete globale in cui saperi, conoscenze e comunicazioni si dispiegano come
in una sinfonia: ogni medium di questa grande rete è simile a uno strumento
dell'orchestra. L'opera multimediale deve essere quindi concepita come un componimento
musicale in cui l'autore assegna a ciascuno strumento una partitura in base ai suoi
requisiti specifici.
Domanda 9
Per evitare che tutto si risolva in un fatto meramente nominalistico, quali sono, secondo
lei, le conseguenze, sul piano pratico, di questa distinzione tra multimedialità
centripeta e multimedialità allargata?
Risposta
Tutti i media hanno una connaturata tendenza alla totalità, che li induce a voler
inglobare i media precedenti. Così è stato per la televisione nei confronti della radio,
del cinema e del teatro; così sta avvenendo per Internet e i media informatici off-line.
La multimedialità ristretta è figlia di questa inclinazione totalitaria che tuttavia è
destinata alla disfatta come spesso accade a coloro che ambiscono concentrare tutto il
potere nelle loro mani. Oltre tutto questa inclinazione totalitaria è autocontraddittoria
in quanto la pretesa multimediale si annulla in una monomedialità di fatto. Qual è
infatti la differenza fra un libro, una videocassetta, un programma televisivo e un CD
ROM, se si esclude la non sequenzialità dei contenuti? Chi più chi meno, ciascuno di
questi media è un'articolazione di mezzi espressivi diversi (testi, fotografie, suoni,
parole, immagini in movimento) racchiusi su un unico supporto monomediale. Chi progetta un
CD ROM, ragiona esattamente con gli stessi criteri di fondo di un autore televisivo, di
uno scrittore o di un regista cinematografico, adattando cioè alla peculiarità
espressiva del mezzo contenuti e forme della sua opera. E poiché ogni medium ha le sue
leggi riguardo alle modalità di produzione e di distribuzione, riguardo ai costi e ai
ricavi, riguardo alla fascia di pubblico, l'opera monomediale è sottoposta ad un
ulteriore vincolo, determinato dalla "natura" stessa del mezzo, un vincolo così
forte da aver indotto Mc Luhan ad affermare che "il medium è il messaggio".
Quindi, un'opera progettata per essere soltanto un CD ROM rinuncia in partenza alla
formidabile sinergia che si verrebbe a stabilire tra media diversi i quali, integrandosi
in modo complementare, le consentirebbero di dispiegarsi ad un tempo sia nella sua
totalità che in una pluralità di moduli in sé compiuti. In tal modo non solo si
offrirebbe un orizzonte sconfinato ai contenuti ma si realizzerebbe anche una economia di
scala con relativo abbattimento dei costi di produzione. Quindi anche da un punto di vista
merceologico risulta paradossale il big crunch di una multimedialità che si dispiega su
un unico medium. Da queste considerazioni mi auguro che si possa finalmente comprendere
quanto sia solo in apparenza peregrina e ovvia l'idea di una multimedialità intesa in
senso letterale, anche perché, vale la pena di ripeterlo, la progettazione sistematica di
un'opera per molti-media è tuttora estranea al panorama ideativo-produttivo
dell'industria culturale. Talvolta appaiono sul mercato "cofanetti" multimediali
nei quali vengono abbinati videocassette e dispense, floppy disk e riviste, enciclopedia
su carta e integrazioni su CD ROM. Ma questi timidi tentativi, che spesso sono il frutto
di operazioni di marketing piuttosto che di un progetto organico, fanno venire alla mente
le svendite dei coordinati di biancheria o, peggio ancora, le vendite a blocchi nelle
fiere di paese.
Domanda10
Lei prima ha fatto cenno alla realizzazione della "Enciclopedia Multimediale delle
Scienze Filosofiche" come banco di prova della sua idea di multimedialità. Ci può
dire come si è articolato questo progetto?
Risposta
L'"Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche" è stata progettata con
l'intento di creare un'osmosi permanente fra media diversi. Si tratta di una esperienza di
frontiera, senza precedenti e tuttora in corso, che ha dato alla RAI, con la speranza che
sappia sfruttarlo, un vantaggio, in termini di know how, di almeno cinque anni nei
confronti di altre aziende editoriali o televisive. La materia prima di questa
Enciclopedia, il mattone dell'intero edificio multimediale è costituito da
interviste-lezioni, di filosofi e scienziati di tutto il mondo. Ciascuna intervista, della
durata media di un'ora, è realizzata nella lingua di origine del filosofo intervistato e
ciò conferisce a questa impresa un carattere internazionale. Da questo patrimonio di
contenuti, ordinato in un archivio multimediale, si attinge per realizzare programmi
televisivi e radiofonici, videocassette e audiocassette, libri e videolibri, dispense e
pagine di giornale, programmi multilingue per la TV satellite e via cavo, home page su
Internet e, naturalmente, anche software multimediale (floppy disk, CD ROM). Quindi la
versione per computer è solo una delle tante versioni e non la "versione delle
versioni". Programmi online e prodotti off-line si integrano, rinviano l'uno
all'altro, si promuovono a vicenda, e infine si incastrano come i tasselli di un mosaico.
Domanda 11
Lei ha fatto cenno ad una diversa modalità di progettazione in conseguenza di un diverso
modo di intendere la multimedialità. Ce ne può parlare?
Risposta
Ragionare in maniera multimediale in un mondo che fino a ieri è stato monomediale è come
imparare a sciare a cinquant'anni. Lo sceneggiatore, il regista tradizionale immaginano
una storia, ne prefigurano lo svolgimento e la conclusione, infine la realizzano
inquadratura dopo inquadratura, capitolo dopo capitolo, scena dopo scena, a seconda che si
tratti di un film, di un romanzo o di una pièce teatrale. L'opera monomediale è
predeterminata nel suo svolgimento e nella sua conclusione; è un'opera
"chiusa". Anzi quanto più stringente è la trama delle sequenze, degli
argomenti, degli eventi, quanto più l'opera si realizza in maniera conforme all'idea
originaria, tanto più essa è compiuta. In altre parole l'opera monomediale è simile ad
un teorema di matematica, ogni sua parte è concatenata alle altre in modo univoco ed
esclusivo. E questo anche nel caso di un'opera su CD ROM la quale, pur presentando la
variante della non sequenzialità, è concepita comunque secondo rigidi criteri logici e
narrativi. Al contrario, l'opera per molti-media è "aperta", non è possibile
pensare a priori tutte le modalità del suo svolgimento e le forme della sua
realizzazione. E' poliedrica, modulare; l'interconnessione tra le versioni è stellare,
come sinapsi nelle reti neuronali. Ciascuna versione dell'opera multimediale ha una sua
determinazione convenzionale ma l'opera nella sua globalità, è indeterminata. Ma questa
indeterminatezza, insostenibile nell'opera monomediale (possono un regista o uno scrittore
non sapere come andrà a finire la loro storia?), è invece la peculiarità e la forza
della multimedialità allargata, in quanto si possono prevedere solo gli svolgimenti di
alcune versioni dell'opera ma di altre non si può neanche immaginarne, a priori,
l'esistenza per il semplice fatto che il medium che le ospiterà non è stato ancora
inventato.
Domanda 12
Qual è la differenza, nella fase di progettazione, tra un'opera monomediale e la materia
prima multimediale di cui lei parla?
Risposta
La differenza consiste nel fatto che i contenuti di un'opera pensata per un solo medium,
devono essere rigorosamente selezionati e finalizzati ad uno scopo preciso e unico, mentre
la materia prima di un'opera da cui nasceranno, non una, ma svariate versioni dell'opera
stessa, deve avere la caratteristica dell'adattabilità a scopi diversi, deve potersi
combinare con altri ingredienti. Per farmi capire, può essere d'aiuto, per quanto
prosaico, un esempio culinario: l'impasto di acqua e farina dal quale, con l'aggiunta di
ingredienti diversi, si ricavano, indistintamente, pane, biscotti, grissini, pizze, pasta
sfoglia, fettuccine e così via. Non è possibile pensare a priori tutte le modalità del
suo svolgimento e le forme della sua realizzazione. Questo impasto è sostanzialmente
"indefinito", non ha una fisionomia delineata, è malleabile. Al contrario la
materia prima di un'opera monomediale - che sia la scaletta di un programma televisivo, la
sceneggiatura di un film, il piano dell'opera di un trattato o di un'enciclopedia - deve
essere ben definita, strutturata, coerente. Il tradizionale concetto di "piano
dell'opera" non è adeguato ad 'un'opera multimediale nel suo complesso ma soltanto a
ciascuna delle sue versioni monomediali. Dell'opera in generale, è possibile solo
tracciare una "mappa dei temi", cioè l'universo degli argomenti che verranno
trattati. Prerogativa di questa materia prima multimediale è, dunque, la fungibilità. Ma
a differenza dell'impasto di acqua e farina, che si esaurisce se suddiviso per tanti
prodotti, l'impasto di immagini e suoni, registrato su un nastro magnetico, può essere
clonato all'infinito. Si potrà attingere da questa singolare "materia prima"
per produrre innumerevoli prodotti senza che la sua composizione originaria ne sia mai
scalfita. Nel caso della "Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche",
la materia prima è costituita da più di mille interviste-lezioni di filosofi e
scienziati di oltre trenta paesi dei cinque continenti. Queste interviste - doppiate in
più lingue e corredate di volta in volta da brani di film d'autore, brevi sceneggiati con
attori, antologie di testi, immagini di opere d'arte, film documentari, computer grafica,
musiche - costituiscono la "mappa dei temi" e vengono, di volta in volta,
adattate alle caratteristiche di ciascun medium. Ne nascono programmi televisivi e
radiofonici diversi nella durata e nell'impianto, varie collane di videocassette,
programmi per la TV satellite e per il video on demand, libri e dispense, CD ROM, floppy
disk, home page e così via. Per meglio comprendere la sostanziale, e non meramente
nominalistica, differenza tra il piano dell'opera e la materia prima, si pensi al fatto
che nel 1987, anno in cui è iniziata la produzione della "Enciclopedia della
Filosofia", non esistevano ancora, perlomeno di fatto, né i CD ROM né Internet. Se
questa Enciclopedia fosse stata progettata in modo convenzionale, a partire da un rigoroso
piano dell'opera, non sarebbe stato possibile realizzare, successivamente, le versioni per
i nuovi media digitali per il semplice fatto che non erano state pensate affatto. Invece,
grazie alla "fungibilità" della materia prima multimediale, le versioni su
Internet, su floppy disk e su CD ROM, sono state ideate e realizzate senza problemi, in
quanto non si è dovuto "decostruire" un impianto predeterminato ma
semplicemente scegliere dal mucchio le tessere del mosaico (le interviste-lezioni) adatte
ai nuovi disegni.
Domanda 13
Il professor. Remo Bodei, ha voluto elogiare il lavoro svolto con questa
"Enciclopedia Multimediale", con una frase presa a prestito da Cicerone:
"Gli autori di questa Enciclopedia Multimediale hanno fatto scendere la filosofia dal
cielo e l'hanno fatta entrare nelle case degli uomini". Perché questa esperienza,
che ha ottenuto finora riconoscimenti straordinari e successi commerciali, non è stata
ancora copiata, come avviene generalmente con tutti i format televisivi e i generi
cinematografici?
Risposta
Se cinquant'anni fa, sfruttando le potenzialità, peraltro già tecnicamente mature, del
cinema, si fossero consegnate alle generazioni future interviste-lezioni filmate, di
Einstein e Freud, di Husserl e Heidegger, di Croce e Wittgenstein, si sarebbe reso un
grande servizio all'umanità. C'è da chiedersi perché nessuno, pur potendolo fare, abbia
pensato di raccogliere in modo sistematico queste preziose testimonianze della nostra
civiltà. Tra le tante ipotesi c'è anche quella che nessuno credeva che si potesse
diffondere il sapere, quello vero, al di fuori dei libri, dimenticando che
duemilacinquecento anni fa, una polemica analoga, e inversa, era scoppiata nell'antica
Grecia quando Platone e Aristotele, soppiantarono la comunicazione orale, dominante da
Omero fino a Socrate, e imposero la scrittura, strumento considerato a quei tempi,
autoritario, sordo e negazione del dialogo maieutico. La "Enciclopedia Multimediale
delle Scienze Filosofiche" è un laboratorio di sperimentazione di nuovi linguaggi,
nuove tecnologie e modelli organizzativi. Questa ricerca non è fine a se stessa ma è
finalizzata ad uno scopo preciso: diffondere la filosofia nel mondo costituendo
un'alleanza, che ha pochi precedenti, fra alta cultura e universo dei mass media.
Un'impresa ardua ma confortata da un paradosso: la cultura infatti è l'unico bene
dell'umanità che se diviso fra tutti, piuttosto che diminuire, poiché ciascuno ne
riceverebbe solo una parte, diventa più grande se molti partecipano ad essa. Questa
peculiarità della cultura, che spiazza le rigide leggi del mercato, può forse spiegare
perché quest'opera sia nata all'interno della RAI piuttosto che in una televisione
commerciale. La RAI, in modo accorto, senza trascurare gli esiti commerciali peraltro già
tangibili e prima ancora di qualunque altro ente televisivo europeo, americano o
giapponese, ha dimostrato ancora una volta di saper svolgere una insostituibile funzione
etico-civile legata alla sua vocazione di pubblico servizio. Noi abbiamo avuto il tempo di
sperimentare, di commettere errori e di porvi rimedio. Soprattutto abbiamo avuto il tempo
di riflettere criticamente su ciò che stavamo facendo fino a delineare un nuovo paradigma
ideativo-produttivo che coniugasse la natura della RAI-Azienda che opera sul mercato, con
quella della RAI-Servizio-pubblico che deve promuovere la crescita culturale dei
cittadini.
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