Biblioteca digitale (intervista) RAI Educational

Seymour Papert

New York, 04/04/98

"Come sarà la scuola del prossimo millennio"

SOMMARIO:

  • Papert sostiene che il cambiamento nella scuola che le nuove tecnologie porteranno consisterà in un potenziamento del ruolo dello studente rispetto alla conoscenza che non verrà fornita dall'insegnante, ma, quest'ultimo si offrirà come guida ad un percorso conoscitivo (1).
  • L'intervistato illustra il nuovo progetto di un linguaggio di programmazione Logo adattato ai ragazzi (2).
  • Fornire l'accesso ai ragazzi ad un computer in ambito scolastico significa avere la volontà di eliminare le barriere socio-culturali che l'introduzione delle nuove tecnologie digitali possono creare (3);
  • inoltre, la scuola dovrebbe dare agli insegnanti gli strumenti e la libertà di agire innovando la didattica (4).
  • Un esempio importante di ciò è la città di New York: in alcune scuole, gli insegnanti che vogliono apportare dei cambiamenti nella didattica, possono intervenire direttamente proponendo nuovi metodi e programmi (5);
  • tali cambiamenti, dunque, possono verificarsi soltanto offrendo libertà d'intervento agli stessi insegnanti, e anche osservando il lavoro che in alcune scuole è stato svolto (6).

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INTERVISTA:

Domanda 1
Quale è la Sua opinione sull'uso delle nuove tecnologie nella didattica?

Risposta
Quando parliamo di nuove tecnologie nella scuola è importante chiarire se si parla di una prospettiva a lungo termine - cosa succederà tra dieci o venti anni- o se si parla di cosa accadrà domani. Usiamo questa metafora: immaginiamo delle persone dell'Ottocento che abbiano viaggiato nel tempo per vedere come si fanno le cose al giorno d'oggi . Tra loro c'è un chirurgo, e immaginiamo il chirurgo dell'Ottocento in una moderna sala operatoria: egli sarebbe del tutto disorientato, non avrebbe la più pallida idea di che cosa stia succedendo, con tutti quegli strumenti elettronici che suonano. Penserebbe che il paziente è morto, non saprebbe nulla dell'anestesia. Questo è quello che io chiamo un ‘mega-cambiamento': noi assisteremo ad un mega-cambiamento nell'educazione; e cambierà tanto quanto sono cambiati i trasporti o le telecomunicazioni. Ci inganniamo se crediamo che ci saranno solo pochi, piccoli, cambiamenti. Quali sono i grandi cambiamenti? Io penso che la scuola si fondi sul modello di una linea di produzione in cui si mettono delle conoscenze nella testa delle persone. Si comincia con la prima fase e poi si passa alla seconda fase e si distribuisce un poco di conoscenza alla volta. Si passa dalla prima alla seconda alla terza, e tutto questo è necessario perché si pensa che gli insegnanti debbano insegnare un po' per volta. Adesso i ragazzi non hanno più bisogno di acquisire nozioni in questo modo, e con la moderna tecnologia dell'informazione possono imparare molto di più facendo, possono imparare facendo ricerca da soli, scoprendo da soli. Il ruolo dell'insegnante non è quello di fornire tutte le parti della conoscenza ma di fare da guida, di gestire le situazioni molto difficili, di stimolare il ragazzo, forse, di dare consigli. Ma questa è un'immagine della scuola del tutto diversa. Io penso che il vero problema sia come agiamo oggi avendo in mente questa prospettiva a lungo termine, perché non possiamo cambiare la scuola dall'oggi al domani, non si può realizzare un mega-cambiamento dall'oggi al domani; si possono solo fare piccoli cambiamenti. Ma dobbiamo smettere di pensare che questi piccoli cambiamenti facciano fare pochi progressi al sistema così come lo conosciamo. Bisogna pensare ai piccoli cambiamenti come passi verso il grande cambiamento che avverrà. Dobbiamo sapere in che direzione sta andando, e poi come prepararlo. E io penso che il miglior modo per farlo è quello di creare, all'interno delle scuole, delle situazioni in cui i ragazzi seguono le loro passioni col cuore, portano avanti progetti a cui sono veramente interessati, fanno scoperte prendendo da Internet le informazioni di cui hanno bisogno, lavorano insieme, realizzano cose difficili. L'insegnante li consiglia, li guida. E, quindi, l'insegnante deve abituarsi all'idea di rispettare gli alunni in quanto persone che imparano, di riconoscere che essi producono le loro stesse conoscenze, che la vecchia aspirazione che molti pedagoghi avevano avuto che i ragazzi possano imparare sperimentalmente facendo cose che per loro sono veramente importanti, alla fine, possiamo immaginare di realizzarla in questo modo. Questo discorso riguarda le vecchie concezioni ben radicate su come vorremmo che i ragazzi imparassero, e la tecnologia rende possibile la realizzazione dei sogni dei vecchi pedagoghi.

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Domanda 2
Può parlarci del linguaggio Logo e del nuovo progetto di un linguaggio di programmazione Logo adattato ai ragazzi?

Risposta
L'idea di Logo è che i ragazzi dovrebbero avere delle responsabilità. Molto spesso penso che i computer siano usati come se il ragazzo venisse programmato dalla macchina. Il computer programma il ragazzo in modo che dia lui la risposta esatta sulle tabelline e tutto il resto. Per 30 anni ho provato a invertire questo processo: dovrebbe essere il ragazzo a programmare il computer, e programmando il computer il ragazzo impara attraverso l'insegnamento e l'azione. Inoltre, penso che succeda la stessa cosa che accade quando si legge o si scrive. Non ci aspettiamo che i bambini imparino a leggere le storie scritte dagli altri senza mai scrivere, ma si deve saper scrivere per poter imparare a leggere bene, si deve disegnare per poter apprezzare l'arte. Quindi penso che si debba programmare il computer e sapere come si programma se se ne vuole veramente apprezzare la potenza. Si tratta di mettere la potenza del computer nelle mani dei ragazzi, in modo che possano capire il potere di questo amplificatore dell'intelletto. Dando ai ragazzi il senso del potere delle idee, della capacità di realizzare progetti molto più difficili di prima, facciamo per i ragazzi la cosa più importante per il loro sviluppo di una coscienza di sé, di ciò che si può fare, di ciò che si può intraprendere nella vita.

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Domanda 3
Quali sono le nuove possibilità dell'insegnamento e chi ne trarrà vantaggio? I poveri, che non possono accedere ai computer e ad Internet, saranno più svantaggiati degli altri?

Risposta
Certo, se ci guardiamo intorno vediamo che alcuni ragazzi hanno accesso ad Internet, ai computer e il loro apprendimento è più veloce; altri ragazzi che non vi hanno accesso rimarranno indietro e il dislivello aumenterà. E l'unico modo per evitare che ciò si verifichi è prendersi la briga di assicurarsi che ogni ragazzo abbia veramente accesso al computer. Mettere un computer in un'aula non significa dare ai ragazzi accesso ai computer. Io penso che l'Italia, come gli Stati Uniti, può permettersi di dare un computer a ogni ragazzo; e, di nuovo, se qualcuno dice che non ce lo possiamo permettere, non dobbiamo credergli. Ce lo possiamo permettere; basta fare un po' di conti e si vede che il costo dell'insegnamento salirebbe solo del 3% o del 4% fornendo l'accesso a un computer per ogni ragazzo. Questa è la mia risposta. Non incolpiamo il computer se siamo troppo avidi per dare ai nostri ragazzi gli strumenti di cui hanno bisogno per imparare nel miglior modo possibile.

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Domanda 4
E gli insegnanti? Dobbiamo istruire una nuova generazione di insegnanti? Cosa ne pensa?

Risposta
La mia esperienza è che molti insegnanti vorrebbero veramente cambiare le cose; essi sanno che è possibile fare le cose meglio di quanto non si faccia seguendo questo percorso e questo programma. Ma ci sono dei programmi e tutte le strutture scolastiche sono rivolte ad essi. Questi professori sarebbero entusiasti della possibilità di fare le cose diversamente. Certo, per farlo devono avere il tempo di imparare e la libertà di provare diversi modi di incoraggiare l'apprendimento da parte dei loro alunni. Ho visto diversi insegnanti investire il loro tempo libero e i loro sforzi per imparare ad usare le nuove tecnologie e poi tornare a scuola per vedere che la scuola non avrebbe permesso loro di realizzare cose nuove, e così si sono disillusi. Questo si è visto ripetutamente, ed è scioccante verificare che insegnanti che vogliono cambiare e insegnare in un modo più umano ed efficiente non lo possono fare per via di un sistema burocratico che si rifiuta di dar loro abbastanza fiducia da lasciare che seguano il loro istinto. Ci sono anche insegnanti che non vogliono cambiamenti, alcuni sono pigri, conservatori. Alcuni pensano in buona fede che il nostro modo di organizzazione della scuola, che abbiamo ereditato dal diciottesimo e dal diciannovesimo secolo, siano validi per il ventunesimo. Non credo che dovremmo metterli in galera o altro, ma sono una minoranza. E se questi insegnanti ritengono che il vecchio metodo sia quello migliore, dovrebbero essere in grado di continuare, e i genitori e i ragazzi dovrebbero avere la libertà di scegliere dove preferiscono andare. Penso che il guaio peggiore sia l'idea che si possa prendere una grossa scuola dove ci sono cinquanta insegnanti e decidere: voglio che tutti questi insegnanti facciano una determinata cosa. Questo, certo, è impossibile perché ogni insegnante ha un'ottica diversa dagli altri. L'unico modo per riuscire a farli andare in una stessa direzione è far fare loro un piccolo passettino. Se si vuole che facciano passi grandi, si deve lasciare che ognuno vada per conto proprio. La questione fondamentale, credo, è permettere agli insegnanti che fondino delle piccole scuole, scuole all'interno delle scuole, permettendo che metà della scuola vada in una direzione e l'altra metà in un'altra.

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Domanda 5
Cosa succederà nel futuro più prossimo?

Risposta
A New York c'è già una politica che consente che in molte scuole, quando ci sono dieci insegnanti che vogliono fare qualcosa di diverso, questi ultimi possono indire una riunione con i genitori e se i genitori sono d'accordo possono stabilire il loro programma, che dev'essere approvato dal consiglio dei professori ma non deve essere per forza quello standard. Non si tratta del futuro lontano!

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Domanda 6
Quindi la scuola del futuro è la scuola di oggi?

Risposta
Prima ci accorgiamo che in futuro la scuola sarà completamente diversa meglio sarà, e prima abbiamo il coraggio di fare grandi passi meglio sarà. Ma non credo che potremo sapere come sarà veramente tra venti o trent'anni. Sarà un'evoluzione della società, non è possibile sapere cosa farà la storia. Persone creative faranno sempre cose che ci sorprenderanno. Il nostro grande ruolo è - se vogliamo pensare al futuro- far sì che l'umanità abbia la libertà e la fiducia di esplorare in nuove direzioni. Quello che è veramente grave del sistema scolastico è che non permette al singolo insegnante o al singolo studente di esplorare liberamente in nuove direzioni l'insegnamento e l'apprendimento. Il miglior modello per vedere cosa possiamo fare con la tecnologia sono le scuole. Quanto a me, uno dei modelli che mi ispira a realizzare cose diverse nelle scuole è quello delle scuole materne nel comune di Reggio Emilia, dove sono riusciti a fare qualcosa di completamente diverso da qualsiasi altra scuola materna ovunque. E penso che questo dimostri quanto la diversità può far identificare una comunità con una nuova direzione, e cresce e si arricchisce perché le persone ci credono, e credono che gli appartiene. Credo che questo sia il modello. Non che sia da seguire alla lettera, naturalmente, non voglio che nessuno segua alla lettera quello che faccio. Dovremmo considerare il sistema di quelle scuole come un esempio di ciò che può succedere se consentiamo la diversità, se consentiamo che certe scuole seguano un loro cammino.

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